Cass. civ., sez. I, sentenza 07/12/2007, n. 25618

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La durata del matrimonio ed il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell'altro coniuge sono elementi valutabili al fine di stabilire l'importo dell'assegno di mantenimento.

In tema di separazione tra coniugi, l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.

In tema di separazione tra i coniugi, al fine della determinazione del "quantum" dell'assegno di mantenimento, la valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiede necessariamente l'accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente una attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi.

Nel giudizio di separazione personale dei coniugi, la domanda di addebito è autonoma e l'iniziativa di un coniuge di richiedere la dichiarazione di addebitabilità della separazione all'altro coniuge, anche sotto l'aspetto procedimentale, non è mera deduzione difensiva o semplice sviluppo logico della contesa instaurata con la domanda di separazione, tanto che, se presa dalla parte attrice, deve essere inserita nell'atto introduttivo del giudizio, esorbitando dalla semplice "emendatio libelli" consentita in corso di causa, e, se presa dalla parte convenuta, è soggetta ai tempi ed ai modi della riconvenzionale, con la conseguenza che non è configurabile la "reconventio reconventionis".

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 07/12/2007, n. 25618
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 25618
Data del deposito : 7 dicembre 2007
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente -
Dott. MORELLI Mario Rosario - Consigliere -
Dott. FELICETTI Francesco - Consigliere -
Dott. SALMÈ Giuseppe - Consigliere -
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DE EI UG, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 58, presso l'avvocato Del Bufalo Maria Luisa, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
OR LL, elettivamente domiciliata in ROMA VIA PANAMA 110, presso l'avvocato MERLA GIOVANNI, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 598/03 della Corte d'Appello di ROMA, depositata il 07/02/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/05/2007 dal Consigliere Dott. Maria Rosaria SAN GIORGIO;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato DEL BUFALO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito, per la resistente, l'avvocato MERLA che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CALIENDO Giacomo, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - Con ricorso in data 28 ottobre 1996, il prof. DE EI GO chiese al Tribunale di Roma di dichiarare la sua separazione personale dalla moglie, LA RI, con la quale aveva contratto matrimonio in data 9 giugno 1972. Si costituì in giudizio la resistente, chiedendo l'assegnazione della casa coniugale e l'attribuzione di un assegno di mantenimento ed inoltre, dinanzi al giudice istruttore, l'addebito della separazione al coniuge. Il ricorrente, in via riconvenzionale, chiese a sua volta l'addebito della separazione alla moglie.
Il Tribunale, con sentenza del 3 marzo 1999, pronunciò la separazione personale tra i coniugi, dichiarando inammissibili le reciproche domande di addebito, quella della RI per non essere stata introdotta al momento della costituzione dinanzi al Presidente, e quella del DE EI in conseguenza della inammissibilità della prima, ed assegnò la casa familiare al motivo, disponendo che egli provvedesse integralmente al mantenimento dei due figli, con lui conviventi, e che corrispondesse alla moglie per il suo mantenimento un assegno mensile di L. 4.000.000.
2. - Avverso la predetta sentenza propose appello la RI, deducendo la erroneità della dichiarazione di inammissibilità della domanda di addebito dalla stessa ritualmente avanzata in via riconvenzionale, e sulla quale la controparte aveva accettato il contraddittorio, e chiedendo, quindi, l'addebito della separazione al coniuge e l'attribuzione in suo favore della somma di L. 16.000.000 mensili. L'appellato, costituitosi in giudizio, chiese di respingere in toto l'appello, e, in via subordinata, di decidere "secondo giustizia" in merito alla inammissibilità, dichiarata dal Tribunale, della domanda di addebito proposta dalla moglie, e, in caso di ritenuta ammissibilità della stessa, di respingerla e di addebitare la separazione alla RI, respingendo la sua domanda di aumento dell'assegno da lui dovutole;
propose, inoltre, appello incidentale chiedendo che detto assegno venisse ridotto a L.

2.000.000 mensili, o alla diversa somma ritenuta di giustizia.
Nel corso del giudizio di secondo grado, il DE presentò un ricorso ex art. 700 cod. proc. civ. - che venne rigettato per carenza di fumus boni iuris e periculum in mora - per ottenere, in via d'urgenza, l'azzeramento o la riduzione dell'assegno, deducendo circostanze sopravvenute, e, in particolare, da un lato, la sopravvenienza di una patologia, dall'altro, la nascita di una figlia dalla unione con la nuova compagna, che avevano radicalmente modificato la sua condizione economica, e, nel contempo, il miglioramento delle condizioni della moglie, la quale aveva intrapreso un'attività lavorativa.
La Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata il 7 febbraio 2003, in parziale accoglimento dell'appello principale, dichiarò la separazione addebitabile al DE EI, ed elevò la misura dell'assegno dallo stesso dovuto alla RI ad Euro 4.500,00 mensili. Rilevato che la domanda riconvenzionale di addebito è tempestivamente introdotta con la comparsa di risposta in sede di costituzione davanti al giudice istruttore, anche se non formulata nella fase preliminare innanzi al Presidente del tribunale, sicché la domanda della RI doveva essere esaminata nel merito, ritenne il giudice di seconde cure accertata la violazione grave dei doveri coniugali da parte del DE EI, che aveva ammesso nella comparsa di risposta in sede di appello, ribadendo la dichiarazione resa all'udienza presidenziale del 13 febbraio 1997, di avere dal marzo del 1995, e, quindi, da data anteriore all'inizio del giudizio di separazione, una relazione extraconiugale di dominio pubblico con una donna dalla quale il 7 aprile 2000 era nata una bambina. La relazione, che, sottolineò la Corte, era stata intrattenuta con modalità potenzialmente pregiudizievoli alla dignità e al decoro della RI, era da considerare causa prevalente della crisi coniugale, tenuto anche conto della mancata emersione di significativi elementi di prova in ordine ad eventuali comportamenti antidoverosi della moglie. Peraltro, osservò la Corte, la domanda di addebito proposta dal coniuge, reiterata in sede di giudizio di appello, sia pure in via subordinata, non poteva essere esaminata, in quanto quest'ultimo non aveva proposto impugnazione avverso la declaratoria di inammissibilità della sua reconventio reconventionis.
Quanto all'importo dell'assegno di mantenimento dovuto alla RI, la Corte pervenne alla decisione di elevarne la misura alla luce dell'esame comparativo della situazione reddituale dei coniugi, rilevando un forte divario a favore del marito. Quest'ultimo, professore universitario di chimica analitica,, ed esperto di informatica con studio professionale dotato di sette/otto dipendenti (si trattava di una società le cui quote di controllo erano intestate per il 35% ad altra società di cui il figlio possedeva l'80%, e per il resto a terzi), proprietario in via esclusiva della casa coniugale, nella quale viveva con i figli, maggiorenni ma non ancora autonomi, al cui mantenimento provvedeva, aveva ammesso la disponibilità nel 1988 di un capitale di circa L. mezzo miliardo, ed inoltre percepiva i canoni di affitto corrisposti dalla società Help s.p.a. ai figli (per circa L. 100.0000.000 annui). Lo stesso risultava aver avuto un notevole movimento di danaro sui propri conti bancari, laddove dai modelli fiscali risultava aver dichiarato per l'anno 1998 redditi complessivi annui lordi pari a L. 216.603.000, per l'anno 1999 redditi pari a L. 225.630.000, per l'anno

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