Cass. civ., sez. II, sentenza 24/05/2022, n. 16831
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L'istanza di ricusazione del giudice deve essere depositata non oltre il secondo giorno prima della udienza, in applicazione dell'art. 52, comma 2, c.p.c., atteso che la fattispecie contemplata da tale norma - quella cioè in cui "al ricusante è noto il nome dei giudici che sono chiamati a decidere la causa" - resta realizzata dalla conoscibilità dei membri del collegio che il ricusante medesimo ha acquisito con la pregressa ricezione dell'avviso d'udienza, in correlazione alla sua facoltà di consultare il ruolo messo a disposizione in cancelleria. Peraltro, non essendovi mezzi diversi per far valere il difetto di capacità del giudice, la parte, che non abbia esercitato l'onere di ricusazione, non può far valere, in sede di impugnazione, la violazione dell'obbligo di astensione del giudice come motivo di nullità della sentenza.(Nella specie, la S.C. ha confermato tale principio in un'ipotesi in cui l'istanza di ricusazione era fondata sull'omessa pronuncia dell'ordinanza di estinzione del giudizio, ritenuta, peraltro, non rientrante tra le ipotesi tipiche).
Sul provvedimento
Testo completo
16831 /22 SND 1 673 3/22) REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: PROFESSIONI Compensi professionali Dott. Pasquale D'ASCOLA criteri di liquidazione - Presidente rilevanza giudizio di ricusazione Dott. L O - Consigliere Ud. 05/10/2021 - 580116831 Dott.ssa M F Rel. Consigliere PU R.G.N. 27955/2016 Dott. A S - Consigliere RECUPERO: A 58055 D ICE MON Rep. VERSATE Dott.ssa C B M - Consigliere SEGNALAZIONE PER RECUPERO C.U. ok t. 13 co. 1 quater DPR 115/02 ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 27955-2016 proposto da: DE A S, elettivamente domiciliato, unitamente al suo difensore, avvocato A V, in Roma, largo Argentina n. 11;
- ricorrente -
contro
ZAMPI LUCIANA e T G, elettivamente domiciliate, unitamente al loro difensore, avvocato C V, in Roma, via Monte delle Gioie n. 13, presso lo studio della stessa;
209/21 му
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 2695/2016 della Corte di appello di Roma depositata il 28 aprile 2016;
udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 5 ottobre 2021 dal Consigliere relatore Dott.ssa M F;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. A P, visto l'art. 23, comma 8 bis del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176, ha depositato conclusioni scritte nel senso del rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 10 gennaio 2007 Genoeffa T evocava, dinanzi al Tribunale di Viterbo, l'avv. S D A al fine di ottenere la restituzione dell'assegno di euro 211.620,00 emesso in favore dell'attrice da parte della Fondiaria SAI a titolo di risarcimento dei danni per la morte del figlio Samir in un sinistro stradale, nonché la determinazione del giusto compenso dovuto al professionista per le prestazioni rese in favore dell'attrice sia in sede civile sia in sede penale, tenuto conto delle somme già liquidategli come antistatario nella sentenza n. 433/2006, emessa dal medesimo Tribunale adito. Si costituiva in giudizio S D A formulando domanda riconvenzionale per il pagamento dei compensi per l'attività professionale svolta in favore della T e chiedendo, altresì, l'autorizzazione a chiamare in causa l'avv. Luciana Z, al fine di ottenere la condanna di quest'ultima - in solido con l'attrice al risarcimento del danno per le -- frasi ingiuriose ed oltraggiose contenute nell'atto di citazione, la quale costituitasi in giudizio formulava a sua volta domanda di risarcimento del danno per lite temeraria. Il Tribunale di Viterbo, con sentenza n. 313/2013, accertava che il compenso professionale dovuto all'avv. S D A per il patrocinio civile nella causa di risarcimento dei danni da sinistro stradale era pari ad 2 My euro 5.518,00 per onorari, euro 1.960,00 per diritti ed euro 350 per rimborso spese e che il compenso per il patrocinio penale era pari ad euro 420;
dichiarava inammissibile la domanda di risarcimento ex art. 89 c.p.c. nei confronti dell'avv. Luciana Z e la rigettava nei confronti della T;
condannava il D A al rimborso delle spese in favore della Z oltre che al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata. Sul gravame interposto da S D A e sull'appello incidentale della T, la Corte di appello di Roma, nella resistenza della Z, con sentenza n. 2695/2016, rigettava le impugnazioni, principale e incidentale, confermando integralmente la sentenza di primo grado. Più precisamente, per quanto di rilievo in questa sede, la Corte distrettuale dichiarava l'infondatezza del primo motivo di appello - con cui il D A deduceva la nullità e l'inesistenza della sentenza gravata per essere stata emessa prima della pronuncia sull'istanza di ricusazione proposta nei confronti del dott. C in data 18/03/2013 - affermando che l'istanza di ricusazione ex art. 52 c.p.c. doveva essere proposta con ricorso motivato, depositato in cancelleria due giorni prima dell'udienza e, in ogni caso, prima dell'inizio della trattazione o discussione. Aggiungeva il Giudice di secondo grado che dagli atti risultava che all'udienza del 9/12/2012, fissata per la precisazione delle conclusioni, l'appellante non aveva proposto alcuna istanza di ricusazione ma si limitava a precisare le conclusioni, con conseguente tardività dell'istanza di ricusazione intervenuta, nella comparsa di replica, in data successiva al provvedimento del Giudice che alla predetta udienza tratteneva la causa in decisione. Quanto alla competenza territoriale, la Corte di appello riconosceva la competenza del giudice del luogo di residenza o domicilio del convenuto, nella specie Viterbo, luogo in cui il D A era domiciliato, come risultava dalle notifiche degli atti di riassunzione, stante la sospensione dell'appellante dall'esercizio della professione nelle more del giudizio di primo grado. 3 Ancora, in ordine alla censura fatta valere dall'appellante sulla mancata ammissione della querela di falso relativa alle notifiche degli atti di riassunzione, la Corte distrettuale ne dichiarava l'inammissibilità perché non proposta, contrariamente al disposto di cui all'art. 221 c.p.c., personalmente dalla parte ovvero da un procurato speciale. La Corte di appello di Roma affermava, poi, la tempestività della riassunzione della causa per essere stato depositato l'atto in riassunzione entro e non oltre sei mesi dalla data della conoscenza legale della causa di interruzione del procedimento, nella specie consistente nella sospensione dalla professione di avvocato disposta dal GIP di Viterbo nei confronti del D A. Quanto alle prove testimoniali richieste dall'appellante anche in primo grado, la Corte di merito le riteneva inammissibili, essendo relative a circostanze da provare documentalmente e non essendo capitolate nelle forme di cui all'art. 244 c.p.c. Inoltre, dichiarava l'infondatezza della censura con cui il D A lamentava che il giudice di prime cure aveva errato nella liquidazione degli onorari professionali. Avverso la sentenza della Corte di appello di Roma il D A propone ricorso per cassazione sulla base di venticinque motivi, cui resistono con separati controricorsi la T e la Zampi. In prossimità della pubblica udienza è stata depositata dal sostituto procuratore generale, dott. A P, memoria con la quale ha rassegnato le conclusioni nel senso del rigetto del ricorso, mentre nessuna delle parti nei giorni seguenti ha depositato memorie ex art. art. 378 c.p.c. CONSIDERATO IN DIRITTO Con il primo motivo di cui al paragrafo 28 - il ricorrente deduce, ex art. - 360 comma 1 n. 4 c.p.c., la nullità delle sentenze di primo e secondo grado per violazione dell'art. 52 comma 2 c.p.c. per aver il giudice di appello affermato la tardività della ricusazione. Ad avviso del ricorrente il motivo di ricusazione sarebbe sorto proprio all'udienza del 9 febbraio 2012, ossia allorchè la causa di primo grado era in decisione, stante 4 my l'omessa pronuncia sull'eccezione di estinzione da parte del giudice. A tal proposito il ricorrente eccepisce l'incostituzionalità dell'art. 52 comma 2 c.p.c., per violazione degli artt. 24, comma 2 e 111, comma 1 e 2 Cost., nella parte in cui non prevede il diritto di proporre la ricusazione nel caso di mancata fissazione di udienza e/o trattenimento della causa in riserva o in decisione, come nel caso di specie. La doglianze è manifestamente infondata. Va premesso che la ricusazione può essere disposta solo nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi, ossia nelle ipotesi tassativamente previste dall'art. 51 c.p.c.;
sicchè la parte nel formulare istanza di ricusazione deve indicare specificatamente i motivi. In ogni caso, in applicazione dell'art. 52 comma 2 c.p.c., è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che l'istanza di ricusazione del giudice deve essere depositata non oltre il secondo giorno prima dell'udienza, atteso che la fattispecie contemplata da tale norma - quella cioè in cui al ricusante è noto il nome dei giudici che sono chiamati a decidere la causa - resta realizzata dalla conoscibilità dei membri del collegio che il ricusante medesimo ha acquisito con la pregressa ricezione dell'avviso dell'udienza, in correlazione alla sua facoltà di consultare il ruolo messo a disposizione in cancelleria (cfr. Cass. n. 55 del 1984). Per di più, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il potere di ricusazione costituisce un onere per la parte la quale, se non lo esercita entro il termine fissato dall'art. 52 c.p.c., non ha mezzi processuali per far valere il difetto di capacità del giudice, sicchè in mancanza di ricusazione, la violazione da parte del giudice dell'obbligo di astenersi non può essere fatta valere in sede di impugnazione come motivo di nullità della sentenza (Cass. n. 22854 del 2014). Tanto premesso, nella specie la Corte distrettuale, nel dichiarare l'infondatezza del primo motivo di appello, ha accertato oltre alla genericità dell'istanza di ricusazione la tardività della stessa, essendo- stata presentata solo con la comparsa di replica, ossia in data successiva al provvedimento del giudice che, all'udienza del 09/02/2012, tratteneva 5 myl la causa in decisione e non due giorni prima dell'udienza o anche prima dell'inizio della trattazione o discussione. A tale riguardo va osservato che, ove riferita la causa della ricusazione all'omessa pronuncia di ordinanza di estinzione del giudizio in primo grado, la stessa non rientra nelle fattispecie tipiche e tassative di astensione, non rilevando alcun interesse del giudice ma esclusivamente il doveroso esercizio del potere giurisdizionale, il cui rimedio è rappresentato dall'impugnazione. Dalle considerazioni sopra svolte discende, altresì, la irrilevanza dell'eccezione di legittimità costituzionale sollevata dal D A con riferimento all'art. 52 comma 2 c.p.c. nella parte in cui non prevede la Y possibilità di proporre istanza di ricusazione dopo l'inizio della trattazione o della discussione (allorquando la causa di ricusazione