Cass. civ., sez. I, sentenza 06/06/2003, n. 9101
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In tema di contratto di mutuo fondiario, stipulato ai sensi del testo unico approvato con il regio decreto 16 luglio 1905, n. 646, una volta iscritta l'ipoteca di primo grado sorge il pieno diritto dello stipulante a fruire del mutuo, che ben può dirsi gli sia stato "concesso" (nel senso dell'esistenza di un vincolo giuridico del mutuante alla relativa erogazione) con la prima stipulazione, onde l'istituto di credito non può più sottrarsi alla stipulazione dell'atto definitivo e alla concreta erogazione della somma; ne consegue che l'eventuale rifiuto ingiustificato di far luogo alla consegna al mutuatario della somma mutuata contro il rilascio di quietanza da redigersi per atto pubblico (fase negoziale che il citato testo unico definisce come di stipulazione del contratto definitivo) si configura come vero e proprio inadempimento contrattuale e dà al mutuatario diritto di ottenere il risarcimento del danno ai sensi degli artt. 1218 e 1223 cod. civ..
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L G - Presidente -
Dott. C G - Consigliere -
Dott. P D - Consigliere -
Dott. C W - rel. Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CRE EVIO, ESPOSITO LETIZIA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA ANAPO 46, presso l'avvocato S C, che li rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
BNL SPA SEZIONE CREDITO FONDIARIO;
- intimata -
e sul 2^ ricorso n. 21198/00 proposto da:
BNL SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA LARGO DE TEATRO VALLE 6, presso l'avvocato STEFANO D'ERCOLE, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Licuori Mario di Roma, rep. 122180 del 25.10.00;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
CRE EVIO, ESPOSITO LETIZIA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 2065/99 della Corte d'Appello di MILANO, depositata il 27/07/99;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/02/2003 dal Consigliere Dott. Walter CEENTANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Libertino Alberto RUSSO che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale e per l'assorbimento oppure per il rigetto del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DE PROCESSO
In forza della scrittura privata del 13.07.1992 stipulata con la Banca Nazionale del Lavoro (di seguito: Banca) e avente ad oggetto l'erogazione di un mutuo fondiario in loro favore, L E e E C richiesero ed ottennero un decreto ingiuntivo di pagamento della somma di lire 150.000.000, pari all'importo del mutuo.
Accogliendo l'opposizione della Banca, il tribunale di Milano, con sentenza del 1.02.1996, revocò il decreto ingiuntivo. Proposero appello il Cavaliere e la Esposito.
La Corte territoriale (sentenza del 27.07.1999), confermata la pronuncia del tribunale nella parte in cui questa aveva escluso che la stipulazione del 13.07.1992 desse titolo agli istanti per l'ottenimento di una ingiunzione di pagamento e rigettato il motivo di gravame che sosteneva l'applicabilità al caso di specie della norma dell'art. 1822 c.c. in tema di promessa di mutuo, accolse l'appello limitatamente alla condanna generica della banca al risarcimento del danno con riferimento alla norma dell'art. 1337 c.c., nei limiti dell'interesse negativo, avendo ritenuto non
giustificato il rifiuto di erogazione del mutuo che la Banca aveva opposto richiamandosi alla clausola dell'art. 1 del capitolato di patti e condizioni facente parte del contratto.
A giudizio della Corte, i fatti addotti dalla Banca, relativi ai rapporti tra la S.r.l. Cooperativa Nettuno e la Sezione o Divisione per il Credito Cooperativo della stessa BNL, non giustificavano il comportamento della Banca perché a) oggettivamente non rilevanti, b) non imputabili al Cavaliere ed alla Esposito, ai quali non poteva pacificamente ricondursi la gestione di diritto e di fatto della Cooperativa per il solo fatto che di questa l'uno e l'altra erano, rispettivamente, presidente e garante per fideiussione in favore della stessa Coopercredito, e c) non riferibili alla BNL Credito Fondiario bensì al diverso soggetto giuridico costituito appunto dalla S.p.a. Coopercredito della Bnl. Avverso la sentenza, entrambe le parti hanno proposto impugnazione per cassazione: il Cavaliere e la Esposito in via principale e la Banca Nazionale del Lavoro S.p.a. in via incidentale con il controricorso.
MOTIVI DELA DECISIONE
Va disposta, preliminarmente, la riunione dei ricorsi, ai sensi dell'art. 335 c.p.c. Con due motivi i ricorrenti in via principale hanno denunciato:
1^ - "l'erronea qualificazione del contratto intercorso tra le parti ex art. 1822 cod. civ.". Sono svolte argomentazioni ad illustrare la figura contrattuale del mutuo fondiario, nella sua evoluzione normativa, dottrinale e giurisprudenziale (con richiamo di alcune pronunce di questa Corte in tema di mutuo) nonché le clausole del contratto intervenuto inter partes, e la censura è rivolta alla configurazione come "precontrattuale ex art. 1337 c.c.", anziché per inadempimento ex art. 1218 c.c., della responsabilità della banca, ritenuta dalla Corte di appello, per la mancata erogazione delle somme. 2^ - "la violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. nonché degli artt. 112 e 115 c.p.c. per la mancata valutazione delle risultanze documentali, nonché l'omessa, insufficiente e tautologica motivazione".
Ai giudici dell'appello si addebita, in relazione ai fatti che si assumono dedotti nel ricorso per ingiunzione e alle contestazioni mosse dalla banca, "di aver ignorato tutte le difese di essi ricorrenti, delle risultanze istruttorie e documentali di causa", che, se disaminate, avrebbero dovuto necessariamente condurre i giudici di merito a respingere l'opposizione della Banca. A sua volta la Banca ricorrente incidentale denuncia con unico motivo:
"la violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. e dell'art. 1 del capitolato di patti e condizioni formanti parte integrante del contratto di mutuo, nonché l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo".
La censura investe il presupposto della responsabilità ex art. 1337 c.c. di essa Banca, affermata dalla Corte di Appello e segnatamente
il punto in cui la mancata erogazione della somma oggetto del mutuo è stata ritenuta "priva di valida giustificazione" sul rilievo che i comportamenti addebitati alla S.r.l. Cooperativa Nettuno nei confronti della BNL Coopercredito S.p.a. erano "irrilevanti" considerata la sostanziale estraneità del Cavalieri e della Esposito "alla gestione di diritto e di fatto della Cooperativa Nettuno e al rapporto bancario corrente tra questa e la BNL Coopercredito", la rispondenza ad una prassi bancaria consolidata dei comportamenti in questione, ritenuti dalla banca come irregolari, e la diversa soggettività giuridica della Bnl Credito Fondiario rispetto alla Bnl Coopercredito.
Tutti i rilievi della Corte su tali punti sono espressamente censurati dalla ricorrente e posti in correlazione con la clausola dell'art. 1 del capitolato disciplinante il contratto di mutuo che, secondo l'assunto, legittimava essa banca a non erogare la somma "quando, prima della stipulazione definitiva dell'atto pubblico di quietanza, emergessero circostanze di fattocene, se si fossero conosciute o verificate prima, avrebbero impedito la concessione del mutuo" ed altresì con le norme della legge n. 218 del 1990 che legava il Credito Fondiario di essa BNL alla Coopercredito ad un unico Gruppo Creditizio.
Tutto ciò premesso circa l'ambito delle impugnazioni, sembra opportuno disegnare il quadro normativo che disciplina il c.d. "mutuo fondiario" dal t.u. del 1905 al d.p.r. n.7 del 21.01.1976, alla legge n. 175 del 1991, al D.Lgs. n. 385 del 1993 (legge bancaria).
Dall'evoluzione legislativa si ricava immediatamente il mutamento della terminologia identificativa della figura contrattuale: a) il t.u. del 1905 definisce il primo atto negoziale come "contratto condizionato" destinato ad avere effetto dopo che, presa l'iscrizione ipotecaria in favore dell'Istituto erogante il mutuo, dal certificato del Conservatore non risulti la preesistenza di altra iscrizione o trascrizione, e per il secondo, all'art. 16, di "contratto definitivo" n;b) il d.p.r. n. 7 del 1976 definisce il primo atto negoziale come "contratto destinato ad avere effetto dopo che, avvenuta l'iscrizione dell'ipoteca, dal certificato del conservatore non risulti che....". E per il secondo stabilisce che "accertata la condizione di cui al primo comma, l'ente consegnerà al mutuatario la somma mutuata contro il rilascio di quietanza da redigersi per atto pubblico" in quanto destinata ad essere annotata a margine dell'iscrizione ipotecaria;c) l'art. 38 del D.Lgs. n. 385 del 1993 elimina ogni riferimento ai mutui presente nella disciplina
previdente e all'art. 39 comma 2^ prevede come eventuale che "la stipulazione del contratto e l'erogazione del danaro formino oggetto di atti separati" e rende possibile che il mutuo di che trattasi consista di un'unica stipulazione.
Nel caso di specie, non è controverso che sia stata seguita la configurazione tradizionale conforme allo schema delineato dal t.u. del 1905, con la previsione della duplicità dei contratti, intervallati, appunto secondo detta previsione normativa, dall'iscrizione ipotecaria. E dunque, il rogito per notar Pica del 13.07.1992 può ben essere ricondotto a quella figura negoziale che nella formulazione del t.u. del 1905 corrisponde al contratto condizionato e dopo tale stipulazione, il 21.07.1992, fu iscritta l'ipoteca di primo grado a favore della Bnl per la somma di lire 450.000.000.
È ora opportuno ricordare, in sintesi, che a) la Corte di merito ha ritenuto "privo di valida giustificazione il mancato perfezionamento del mutuo da parte della banca appellata e quindi fondata la domanda di risarcimento del danno svolta dagli appellanti" e che la stessa Corte, proprio per aver collocato tale comportamento della Bnl in tempo anteriore al perfezionamento del mutuo, ha qualificato la responsabilità della stessa banca nei termini di cui all'art. 1337 c.c. limitando il risarcimento al c.d. interesse negativo;b) che i
ricorrenti, con la censure svolte nel motivo ora in esame, deducono che, comunque qualificato, il negozio di cui al rogito produceva effetti giuridici immediatamente vincolanti in relazione alle pattuizioni intercorse, così che l'ingiustificato diniego di erogazione delle somme oggetto del mutuo, malgrado il verificarsi di tutte le condizioni previste, concretava un vero e proprio inadempimento, secondo la norma di cui all'art. 1218 c.c. piuttosto che una semplice violazione dei principi della buona fede e della correttezza nella formazione del contratto sulla quale è fondata la responsabilità precontrattuale.
A riguardo del mutuo regolato dalle leggi speciali sul credito fondiario, contenute nel t.u. approvato con r.d.l. n. 646 del 1905 e successive modificazioni, l'osservazione preliminare che, come già indicava la sentenza n. 3424 del 1969 di questa Corte, "esso non è un ordinario contratto di mutuo e non è disciplinato dalle norme a tal proposito previste dal codice civile" non esclude in radice che il c.d. "contratto condizionato" produca quegli stessi (limitati) effetti che la sentenza n. 3980 del 1981, richiamata dai ricorrenti, individua come derivanti dalla promessa di mutuo, prevista e disciplinata dall'art. 1822 cod. civ. - stipulazione questa che se anche non da titolo al promissario del mutuo ad ottenere la sentenza prevista dall'art. 2932 c.c. (in quanto l'obbligo assunto dal promettente non è suscettibile di esecuzione forzata), ne' - può aggiungersi - da titolo al promissario stesso per richiedere la condanna del promettente al pagamento della somma oggetto della promessa, è pur sempre produttivo di un rapporto giuridico e quindi generatore di diritti ed obblighi tra le parti.
Il tema d'indagine posto dal primo motivo del ricorso è dunque riassumibile come segue: quale natura giuridica debba riconoscersi alla stipulazione per notar Pica del 13.07.1992 (il contratto condizionato) e quali effetti si siano prodotti tra le parti in conseguenza della stipulazione stessa, seguita dall'avveramento della condizione per effetto dell'avvenuta iscrizione ipotecaria di primo grado, e ciò allo scopo di verificare a) se abbia fondamento la tesi dei ricorrenti secondo i quali detta stipulazione produsse il sorgere di un vincolo giuridico tra le parti all'osservanza di ciò che in essa era previsto e contenuto, onde l'ingiustificato diniego di erogazione della somma si configurava come inadempimento vero e proprio ex art. 1218 c.c. con le conseguenze, in punto di risarcimento del danno, di cui all'art. 1223 c.c., ovvero se b) abbia ben giudicato la Corte di merito che, muovendo dalla natura reale del contratto di mutuo e individuando di conseguenza nell'erogazione della somma il momento perfezionativo del contratto, e, qualificando l'atto negoziale del 13.07.1992 come atto prodromico al mutuo (v. pag. 8 della sentenza) ha collocato l'ingiustificato rifiuto (tale ritenuto) della banca all'erogazione della somma all'interno del procedimento di formazione del contratto, facendo derivare il limite al risarcimento ex art. 1337 c.c.. Ciò che può essere immediatamente escluso, rendendosi così evidente la correttezza giuridica in parte qua della sentenza ora impugnata è che sulla base della stipulazione suddetta il Cavaliere e la Esposito potessero proporsi come creditori della somma che sarebbe stata erogata dalla Bnl a titolo di mutuo e farsi a richiedere, in tale asserita qualità, il decreto ingiuntivo di pagamento nei confronti della stessa Bnl. Sul punto la Corte di merito ha ben giudicato nel rilevare (pag. 8 ult. cpv. della sentenza) che il tribunale aveva correttamente revocato il decreto ingiuntivo.
Ora, in parallelo con la figura contrattuale di cui all'art. 1822 c.c. (promessa di mutuo, il pactum de mutuo dando et de mutuo
accipiendo della tradizione romanistica), stipulata la quale il promettente non può sottrarsi al mantenimento della promessa di dare a mutuo se non in presenza di quella particolare situazione indicata dalla stessa norma (che le condizioni patrimoniali del promissorio siano divenute, dopo la stipulazione della promessa, tali da rendere notevolmente difficile la restituzione del mutuo e non siano offerte al promettente idonee garanzie), il carattere vincolante del c.d.
contratto condizionato nel caso di specie, della stipulazione intervenuta con il rogito Pica del 13.07.1992 - non può essere revocato in dubbio, tanto più dopo il verificarsi della condizione relativa alla iscrizione ipotecaria di primo grado. A sostegno di tale conclusione, milita non soltanto il parallelismo con la promessa di mutuo di cui all'art. 1822 c.c. ma anche la considerazione ulteriore che sulla base della stipulazione stessa viene costituita una garanzia ipotecaria la quale trova il suo titolo giustificativo proprio nella stipulazione medesima come rapporto giuridico dal quale nascerà il futuro credito di restituzione dell'istituto mutuante (art. 2852 c.c.). Deve dunque riconoscersi che una volta presa l'iscrizione dell'ipoteca di primo grado (non è controverso che nel caso di specie ciò sia avvenuto: lo affermano i ricorrenti con espresso richiamo del documento prodotto in causa;gli stessi ricorrenti richiamano ancora l'invito a stipulare l'atto definitivo loro inviato dalla Bnl alla fine di settembre del 1992 per il giorno 02.10.1992, senza ricevere smentita dalla resistente la quale, anzi, implicitamente conferma la circostanza: v. pagg. 2 e 3 del controricorso) sorge il pieno diritto dello stipulante a fruire del mutuo, che può ben dirsi gli sia stato "concesso" (nel senso dell'esistenza di un vincolo giuridico del mutuante alla relativa erogazione) con la prima stipulazione - onde l'istituto mutuante più non può sottrarsi alla stipulazione dell'atto c.d. definitivo e alla concreta erogazione della somma.
Le affermazioni in tal senso contenute nella sentenza n. 4470 del 1983 di questa Corte, secondo la quale "qualunque sia la natura la configurazione giuridica che possano attribuirsi al cosiddetto contratto condizionato di mutuo di cui alla legge sul credito fondiario (se contratto preliminare, o contratto sospensivamente condizionato, ovvero elemento di fattispecie negoziale a formazione progressiva).... non può dubitarsi che esso abbia già dato vita tra le parti ad un rapporto giuridico di finanziamento, poiché, con l'avvenuta iscrizione della prima ipoteca, il mutuatario ha pieno diritto di usufruire del finanziamento concessogli, e non è più in facoltà dell'istituto di stipulare o non il contratto di definitivo e di erogare o non il muto e d'altra parte non sarebbe nemmeno concepibile l'iscrizione di un'ipoteca senza un rapporto obbligatorio da garantire", superano, infatti, la specificità della materia e delle questioni giuridiche che formarono oggetto della controversia nella quale la sentenza stessa intervenne (decisa nel senso che tutti gli atti della serie negoziale costituente il contratto condizionato di mutuo di cui al t.u. del 1905 sono parte dell'operazione di finanziamento fruente del trattamento tributario agevolato di cui all'art. 15 del d.p.r. n. 601 del 1973) e possono essere qui richiamate come conclusioni di carattere generale sulla natura giuridica e sugli effetti che tra le parti produce la stipulazione del c.d. contratto condizionato, tanto più dopo l'avvenuta iscrizione dell'ipoteca di primo grado. La conclusione è che l'eventuale rifiuto ingiustificato di far luogo alla consegna al mutuatario della somma mutuata contro il rilascio di quietanza da redigersi per atto pubblico (fase negoziale che il t.u. del 1905 definiva come di stipulazione del contratto definitivo) si configura come vero e proprio inadempimento contrattuale e da diritto ai mutuatari ad ottenere il risarcimento del danno nel senso di cui agli artt. 1218 e 1223 c.c.. Emerge in tutta evidenza la diversità della situazione giuridica in cui il promissario viene a trovarsi in conseguenza del rifiuto ingiustificato dell'istituto promettente di erogare la somma mutuata da quella ipotizzata dalla norma dell'art. 1337 c.c.. La responsabilità di tipo "precontrattuale" (culpa in contraendo) e il conseguente limite al risarcimento del danno, trovano infatti fondamento proprio sulla inesistenza del vincolo contrattuale ossia di un vincolo giuridico che nell'ambito di un accordo negoziale leghi le parti ad un determinato comportamento e interviene (nell'ipotesi considerata dall'art. 1337 c.c.) come limite di buona fede e correttezza alla libertà contrattuale nella fase delle trattative e nel corso della formazione del contratto. L'errore della Corte di merito, fondatamente censurato dai ricorrenti, è riconducibile alla fuorviante considerazione della natura reale del contratto di mutuo (anche del mutuo fondiario di cui alla disciplina normativa speciale) e sulla conseguente esclusione di un vincolo contrattuale tra le parti fino al perfezionamento del contratto stesso con la consegna della somma.
Il primo motivo del ricorso principale, sin qui disaminato, va dunque accolto.
Dev'essere ora esaminato il ricorso incidentale, che, come si è detto, verte sul carattere "ingiustificato" - tale ritenuto dalla Corte di merito -, alla stregua della clausola n. 1 comma secondo della stipulazione del 13.07.1992, del diniego di erogazione della somma opposto da essa Bnl ai mutuatari.
La Banca invoca richiama detta clausola, secondo la quale, nel testo trascritto nel controricorso, "La Sezione potrà inoltre considerare risolto il contratto quando, prima della stipulazione dell'atto pubblico di quietanza, emergessero circostanze di fatto o si scoprissero vizi nei documenti di tale natura che, se si fossero conosciuti o verificati prima, avrebbero impedito la concessione del mutuo", per censurare la sentenza impugnata, in relazione al suddetto giudizio, sotto il profilo della adeguatezza e logicità della motivazione.
Il motivo non merita accoglimento. Le censure formulate, le quali nella parte in cui (vedi la rubrica del motivo) addebitano alla Corte la violazione e falsa applicazione della clausola contrattuale in questione (che ha il tenore e la natura di condizione risolutiva potestativa) non specificano i canoni di ermeneutica contrattuale che si intendono violati, mostrano di non aver colto la ratio decidendi sulla quale si fonda la statuizione della Corte sul punto, nel senso che non ne individuano il fondamento razionale e giuridico. Tale fondamento è ben individuabile nel significato ultimo che nella motivazione della sentenza assumeva l'indicata diversità dell'ambito (i rapporti bancari intrattenuti dalla Cooperativa Nettuno, cui il Cavaliere e l'Esposito erano legati in virtù delle indicate loro qualifiche di presidente e di impiegata incaricata della gestione dei rapporti stessi, oltre che di garanti della medesima Cooperativa) nel quale si collocavano quei comportamenti "scorretti" che la Bnl aveva addotto a motivo del rifiuto di erogazione del mutuo rispetto alla stipulazione concernente il mutuo stesso, non meno che nella, implicita ma del tutto evidente (tant'è che è fatta oggetto di specifica censura), valutazione di irrilevanza dei comportamenti medesimi, in quanto non riconducibili alla concessione del mutuo nel cui ambito, al quale la Corte di merito si è riferita, le generiche enunciazioni della clausola sono state correttamente considerate.
Ebbene tale valutazione della Corte di merito, sebbene sia stata espressa nella motivazione della sentenza con talune improprietà (quali l'affermazione che al Cavaliere non era pacificamente riconducibile "la gestione di diritto e di fatto della Cooperativa Nettuno") appare del tutto immune dai vizi di carattere logico- giuridico che la ricorrente ha denunciato.
Il ricorso incidentale va dunque rigettato.
Va rigettato anche il secondo motivo del ricorso principale sia per l'assoluta genericità delle censure proposte, sia per essere queste - nella loro enunciazione - in parte riconducibili alla già disaminata questione della revoca del decreto ingiuntivo e in altra parte riferibili ai rapporti tra la Cooperativa Nettuno e la Bnl - e per questa parte assorbite e superate dal rigetto del ricorso incidentale.
In relazione all'accoglimento del primo motivo del ricorso principale, sul punto del risarcimento del danno, la sentenza impugnata va pertanto cassata nel riferimento all'art. 1337 c.c. ed ai conseguenti limiti del risarcimento stesso, senza necessità che sia disposto il rinvio. Può dunque decidersi nel merito ex art. 384 c.p.c. atteso in considerazione anche del carattere generico della
pronuncia di condanna richiesta dagli opponenti e pronunciata dalla Corte di merito, non risultano necessari altri accertamenti di fatto.
Appare equo che le spese dei due gradi del giudizio di merito e del giudizio di Cassazione restino compensate tra le parti.