Cass. pen., sez. III, sentenza 23/12/2020, n. 37178

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 23/12/2020, n. 37178
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 37178
Data del deposito : 23 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da P C, nato a Agropoli il 06/05/1944 avverso l'ordinanza del 15/06/2020 del Tribunale di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere G F R;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P F, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 15 giugno 2020, il Tribunale di Salerno ha rigettato la richiesta di riesame proposta da C P avverso il decreto con cui il g.i.p. del Tribunale di Vallo della Lucania aveva nei suoi confronti disposto il sequestro preventivo di liquidità, disponibilità economico-finanziarie (in subordine di beni immobili e mobili) finalizzato alla confisca, diretta e per equivalente, sino alla concorrenza di Euro 121.453,11 in relazione al profitto del reato di cui all'art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, al medesimo provvisoriamente contestato per aver donato alle figlie la propria quota di proprietà di beni immobili, così sottraendola alla procedura di riscossione coattiva di debiti erariali.

2. Avverso detta ordinanza, a mezzo del difensore fiduciario l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con il primo motivo, violazione della legge penale e vizio di motivazione per essere stato riconosciuto il fumus commissi delicti senza accertare - come richiesto nei motivi di riesame - se il trasferimento fosse stato simulato o fraudolento, dovendosi escludere l'elemento oggettivo del reato laddove, come nella specie, si tratti di reale atto dispositivo. Apodittica, poi, era l'affermazione secondo cui il valore dei beni dichiarato in atto sarebbe stato sottostimato, ciò che era stato ritenuto indice della condotta fraudolenta. Non si era inoltre dato rilievo, erroneamente, al fatto che contro l'atto di donazione l'Agenzia delle Entrate aveva già esercitato l'azione revocatoria.

3. Con il secondo motivo di ricorso si lamentano violazione della legge penale e vizio di motivazione per mancato superamento della soglia di punibilità di C. 50.000 fissata dalla norma incriminatrice. Benché il capo di incolpazione faccia riferimento ad un debito erariale, comprensivo di sanzioni, calcolato al 2017 e portato anche da cartelle esattoriali notificate successivamente alla data dell'atto di donazione (26 febbraio 2014), la soglia di punibilità (ed il conseguente profitto di reato) andava calcolata tenendo conto soltanto delle cartelle esattoriali notificate sino a tale data e note all'imputato con le somme accessorie sino ad allora maturate, e tale importo, al più, superava di poco C. 43.000,00. L'ordinanza non recava motivazione su tali doglianze, proposte con il riesame, avendo il tribunale confuso i concetti di debito erariale e profitto del reato, limitandosi ad osservare che quest'ultimo era pari al valore dei beni sottratti alla garanzia e superiore alla soglia di punibilità.

4. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 11 d.lgs. 74/2000, 240, primo comma, cod. pen. e 321, comma 1, cod. proc. pen. con riguardo al difetto di proporzionalità tra il profitto del reato (individuato dal tribunale in €. 74.000, pari al valore della quota di proprietà del ricorrente sui beni oggetto di donazione) ed il maggior importo del valore dei beni da sottoporre a sequestro quale indicato nel decreto, ciò che avrebbe comportato la necessità di disporre il dissequestro dei beni in eccedenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Contrariamente a quanto allega il ricorrente, l'ordinanza impugnata ha vagliato, e correttamente disatteso, la doglianza sulla sussistenza del fumus commissi delicti qui nuovamente riproposta, osservando che l'atto di donazione alle figlie della quota di comproprietà dei beni immobili intestati al ricorrente (compiuto unitamente alla donazione della quota di comproprietà di cui era titolare la moglie) era bensì effettivo, e quindi non simulato, ma doveva ritenersi fraudolentemente compiuto.

1.1. Ad avviso del Collegio, si è fatto buon governo, del consolidato orientamento di questa Corte giusta il quale il delitto previsto dall'art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti, volti a occultare i propri o altrui beni, idonei - secondo un giudizio "ex ente" che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell'Erario - a pregiudicare l'attività recuperatoria dell'amministrazione finanziaria (Sez. 3, n. 46975 del 24/05/2018, F., Rv. 274066;
Sez. 3, n. 13233 del 24/02/2016, Pass., Rv. 266771). Integra il reato una diminuzione, anche non totale, della garanzia patrimoniale generica offerta dal patrimonio del debitore fiscale (Sez. 3, n. 6798 del 16/12/2015, dep. 2016, Arosio, Rv. 266134). Contrariamente a quanto opina il ricorrente, gli atti dispositivi compiuti dall'obbligato, oggettivamente idonei ad eludere l'esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta, ai sensi dell'art. 11 del d.lgs. n. 4 del 2000, allorquando, pur determinando un trasferimento effettivo del bene, siano connotati da elementi di inganno o di artificio, cioè da uno stratagemma
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