Cass. civ., sez. III, sentenza 31/10/2019, n. 28025
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o la seguente SENTENZA sul ricorso 10409-2018 proposto da: D I, SALUMIFICIO SILA ILCA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore C M, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA PRATI DEGLI STROZZI, 26, presso lo studio dell'avvocato S L, rappresentati e difesi dall'avvocato R P;- ricorrenti -contro G E, ARNONE VITO PASQUALE, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ALBERICO II 4, presso lo studio dell'avvocato U S, che li rappresenta e difende;- controricorrenti - avverso la sentenza n. 1908/2017 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 06/11/2017;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/09/2019 dal Consigliere Dott. C G;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. I P che ha concluso per il rigetto;udito l'Avvocato S L M per delega;10409/2018 FATTI DI CAUSA 1. La Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza del 21 gennaio 2014, rigettava appello proposto da S S I.L.C.A. s.r.l. e da I D avverso sentenza del Tribunale di Cosenza emessa il 20 luglio 2007, la quale, decidendo in ordine a due cause riunite - una delle quali consistente in opposizione a decreto ingiuntivo da parte della società appellante, in cui la stessa società aveva proposto pure querela di falso relativa ad un riconoscimento di debito per attività professionale sottoscritto dalla legale rappresentante della società, C M, a favore dell'ingiungente P V A -, aveva rigettato l'opposizione a decreto ingiuntivo e altresì una domanda di restituzione di denaro, oggetto dell'ulteriore causa promossa da I D (coniuge della Mungo) nei confronti dell'Arnone e di sua moglie Eleonora Grandinetti. Avverso la sentenza d'appello (contro la quale i soccombenti avevano proposto frattanto ricorso per cassazione) la società e il Dodaro, con atto di citazione notificato il 5-6 febbraio 2016, proponevano istanza di revocazione ai sensi dell'articolo 395 n.3 c.p.c., per avere la legale rappresentante della società ricevuto I'll gennaio 2016 un piego raccomandato contenente una dichiarazione autografa di tale avvocato Leopoldo C, di sostanziale ritrattazione della testimonianza da lui resa nel giudizio di primo grado, e con allegata la fotocopia di un foglio in bianco con data e sottoscrizione della Mungo sempre quale legale rappresentante della società, foglio che sarebbe stato "riempito" così da trasformarlo nel riconoscimento di debito da parte della società all'Arnone. La società e il Dodaro assumevano trattarsi di prova nuova e decisiva. L'Arnone e la Grandinetti si costituivano resistendo. La Corte d'appello di Catanzaro rigettava l'impugnazione con sentenza del 6 novembre 2017. 2. Hanno presentato ricorso la società e il Dodaro. Si sono difesi con controricorso l'Arnone e la Grandinetti. I riorrenti hanno depoitato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 3. Il ricorso è fondato sulla base di otto motivi. 3.1 D primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli articoli 71, 101, 102 e 221 c.p.c. Quale doglianza "assorbente", si adduce che nel processo di revocazione non avrebbe partecipato né potuto partecipare il pubblico ministero, pur trattandosi di sentenza riguardante anche querela di falso. Il pubblico ministero era intervenuto in primo grado, e nel secondo il giudice d'appello lo aveva avvisato del gravame. Nella vicenda processuale in esame invece non vi sarebbero stati né partecipazione né avviso, discendendone la nullità. Si tratta di una censura priva di consistenza in quanto, a tacer d'altro, rigettando l'istanza di revocazione, la corte territoriale non ha leso il diritto del pretermesso, che, anche se pubblico ministero, non aveva alcun concreto interesse - considerato l'esito - a partecipare. Invero non è configurabile un concreto interesse in capo ad ogni litisconsorte pretermesso, onde nel caso in cui un suo interesse non sussista l'estendergli il contraddittorio, qualora appunto non sia stato chiamato a parteciparvi, costituisce una diseconomia processuale, in contrasto con il valore costituzionale della ragionevole durata del processo (cfr. Cass. sez. 3, 20 gennaio 2016 n. 895;Cass. sez. 6-3, ord. 24 gennaio 2014 n. 1466;S.U. 14 maggio 2013 n. 11523). 3.2 II secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., omessa pronuncia in ordine a domanda d'accoglimento della querela di falso, con violazione dell'articolo 112 c.p.c. E tale domanda "alla luce dei documenti nuovi" avrebbe dovuto essere accolta. Anche questo motivo è privo di consistenza, non essendovi stata alcuna omessa pronuncia, se non altro perché, se a revocazione rigettata si potesse rivedere l'esito della querela di falso, è più che evidente che si violerebbe il giudicato. 3.3.1 II terzo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'articolo 395 n.3 c.p.c. in relazione agli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., erronea valutazione delle risultanze probatorie ed errore "in procedendo et in iudicando". Sussisterebbe violazione e falsa applicazione dell'articolo 395 n.3 rispetto agli articoli 112, 115 e 116 "per aver pronunciato oltre i limiti della domanda, per erronea valutazione delle prove". Infatti la corte territoriale avrebbe valutato disgiuntamente i due documenti posti a base della revocazione, in realtà inscindibili, così snaturando l'oggetto del giudizio, cioè appunto la revocazione ai sensi dell'articolo 395 n.3 c.p.c. La considerazione scissa "non poteva che condurre al rigetto". E infatti la corte avrebbe qualificato la fotocopia del foglio "elemento di per sé assolutamente inidoneo in quanto tale a dimostrare alcunché". Si argomenta in ordine alla decisività che le prove assumerebbero se fossero valutate congiuntamente, adducendo che "entrambi i documenti costituiscono la prova del fatto decisivo dell'abusivo riempimento del foglio sul quale era stata redatta la scrittura di riconoscimento del debito", non trattandosi "semplicemente di un mezzo di conoscenza";e la corte, ritenendo neutra e non decisiva la copia del foglio in bianco, non avrebbe appunto considerato che /\ 4 t ivi \ "avrebbe dovuto essere combinata con la ritrattazione del testimone", di cui poi avrebbe ignorato l'efficacia probatoria, pur non essendo stata contestata l'autenticità di essa da parte dei convenuti. 3.3.2 Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'articolo 395 n.3 c.p.c. in relazione all'articolo 115 c.p.c. La corte territoriale fonderebbe il suo convincimento "su prove immaginarie": avrebbe dovuto invece basarsi su un "esame serio e minuzioso del documento originale depositato nella cassaforte della cancelleria", e non "sulla fotocopia depositata dai convenuti", come invece dimostrerebbe essersi fondata laddove afferma: "un documento siffatto può essere agevolmente predisposto da chiunque, siccome fatto dai convenuti medesimi rivolgendosi ad una copisteria che, cancellando il contenuto dell'atto di ricognizione del debito, ha creato un nuovo documento in bianco e con la sola identica firma di quello variato". I giudici della corte "evidentemente non hanno neanche preso in mano il documento prodotto dagli istanti ... per metterlo a confronto con quello "sperimentato" da controparte", per cui sarebbero incorsi in un "errore di percezione";e la percezione sarebbe stata compromessa dall'aver analizzato il documento contraffatto da controparte e la fotocopia prodotta nel fascicolo della parte istante, e dal non avere, invece, posto a confronto il documento custodito nella cassaforte della cancelleria con quello utilizzato dall'Amane per il riconoscimento del debito. Si argomenta quindi in ordine al contenuto del documento dichiarato dalla corte "neutro" in rapporto alla ricognizione del debito, per dimostrare l'assenza di neutralità.
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