Cass. civ., SS.UU., sentenza 04/07/2018, n. 17534

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Sia nel codice deontologico relativo alla professione forense previgente, che in quello attualmente in vigore, l'elencazione delle eccezioni al divieto di inviare direttamente corrispondenza alla controparte ha una portata meramente esemplificativa, rientrandovi anche le ipotesi, non specificamente previste, nelle quali il collega della controparte sia stato informato o la corrispondenza sia stata inviata anche a lui e non siano rilevabili elementi idonei a denotare una mancanza di lealtà e correttezza nell'operato del mittente o nel contenuto della corrispondenza. Tra dette eccezioni va, pertanto, ricondotto l'invio di una lettera raccomandata alla controparte, nella quale - senza richiedersi alla stessa il compimento di determinati comportamenti - siano fornite informazioni di fatti significativi nell'ambito dei rapporti intercorsi tra le parti, come l'avvenuto pagamento del debito da parte dei propri assistiti, posto che una simile corrispondenza ha contenuto di natura sostanziale e risulta diretta ad evitare l'inizio di procedure esecutive od altre iniziative pregiudizievoli, rivelando una finalità di prevenzione non dissimile da quella di molte delle eccezioni annoverate nella predetta elencazione non tassativa. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva sanzionato con l'ammonimento un avvocato per aver inviato, non solo direttamente al legale della parte antagonista, ma anche per conoscenza a quest'ultima, insieme con l'assegno circolare ad essa intestato ad estinzione del debito dei propri assistiti, una lettera raccomandata, contenente alcune contestazioni ad un conteggio asseritamente non corrispondente al tariffario forense effettuato dal collega avversario).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 04/07/2018, n. 17534
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17534
Data del deposito : 4 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

1 7534-1 8 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: - Primo Presidente f.f. - Disciplinare VINCENZO DI CERBO avvocati - Invio di corrispondenza alla controparte · Presidente Sezione - FRANCESCO TELLI assistita da altro legale Ud. 22/05/2018 - - Presidente Sezione - ANTONIO MANNA PU - Presidente Sezione - CARLO DE CHIARA R.G.N. 29727/2017 - Rel. Consigliere - L T Rep. Ca 17534 - Consigliere - ANDREA SCALDAFERRI FN LUIGI GIOVANNI LOMBARDO - Consigliere - ERNESTINO LUIGI BRUSCHETTA - Consigliere - -· Consigliere - L A S ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 29727-2017 proposto da: G D VALTER, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRATELLI RUSPOLI 2, presso lo studio dell'avvocato FRANCO GLANDARELLI, rappresentato e difeso dal sé medesimo;

- ricorrente -

contro

CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MONZA, PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
255 18

- intimati -

avverso la sentenza n. 159/2017 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 6/11/2017. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/05/2018 dal Consigliere L T;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale RENATO FINOCCHI GHERSI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato D V G. ESPOSIZIONE DEL FATTO 1. Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Monza, con decisione n. 30/2014, sanzionò con l'ammonimento l'avvocato Domenico Valter G, per violazione degli artt. 6 e 27 del Codice deontologico forense applicabile ratione temporis consistita nell'avere inviato una lettera raccomandata contenente alcune contestazioni ad un - conteggio asseritamente non corrispondente al tariffario forense effettuato dal collega della controparte insieme con l'assegno circolare intestato alla stessa controparte ad estinzione del debito dei propri clienti non solo direttamente all'avvocato della controparte ma anche "per conoscenza" a quest'ultima, senza che ricorresse alcuna delle ipotesi previste dal canone I del citato art. 27. 2. Il Consiglio nazionale forense, con decisione depositata 1'8 novembre 2017, ha respinto l'impugnazione proposta dall'avvocato G avverso la suindicata decisione del COA di Monza, precisando, per quel che qui interessa, quanto segue: a) va ribadito il consolidato principio secondo cui il divieto di inviare direttamente corrispondenza alla controparte assistita da un collega trova fondamento nella tutela della riservatezza del mittente e della credibilità del destinatario (si cita: CNF, 11 marzo 2015, n. 19);
b) non ricorre, nella specie, alcuna delle eccezioni a tale regola tassativamente indicate dal canone I dell'art. 27 cit. ed ora previste Ric. 2017 n. 29727 sez. SU - ud. 22-05-2018 -2- dall'art. 41, comma 3, del Codice deontologico forense vigente, in quanto tali eccezioni riguardano comunicazioni dirette a richiedere alla controparte determinati comportamenti sostanziali tra i quali non è certamente compresa la trasmissione dell'assegno circolare allegato alla missiva di cui si tratta (vedi CNF decisione n. 122 del 2007);
c) quanto all'elemento soggettivo, per consolidata giurisprudenza del CNF, per l'integrazione degli illeciti disciplinari non si richiede la consapevolezza dell'illegittimità della condotta (dolo o colpa) ma si ritiene sufficiente la c.d. suitas, ossia la volontà consapevole dell'atto che si compie;
d) deve pertanto ritenersi sussistente la responsabilità disciplinare dell'incolpato, precisandosi che l'art. 6 del previgente Codice deontologico è stato trasfuso nell'art. 9 del nuovo Codice deontologico, la cui applicazione comporta la sanzione dell'avvertimento, come stabilito dal COA di Monza.

3. Il ricorso dell'avvocato D V G domanda la cassazione di tale decisione per un unico motivo. Nessuno degli intimati ha spiegato difese in questa sede. RAGIONI DELLA DECISIONE I Sintesi delle censure 1. Con l'unico motivo di ricorso si denuncia, in riferimento all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione ed errata applicazione degli artt. 6 e 27 del Codice deontologico forense applicabile ratione temporis. Si rileva che la missiva in oggetto non è stata inviata direttamente alla controparte, ma è stata inviata direttamente al legale della controparte e solo "per conoscenza" a quest'ultima, sicché il comportamento posto in essere non rientra tra quelli sanzionati dall'art. 27 cit., in quanto oltre a perseguire "fini di giustizia" (come recita il preambolo del previgente Codice deontologico) è stato principalmente diretto a tutelare i propri clienti e indirettamente la controparte medesima. Ric. 2017 n. 29727 sez. SU - ud. 22-05-2018 -3- 2. Il ricorso è da accogliere per le ragioni di seguito esposte.

3. Per una migliore comprensione della decisione impugnata è opportuno chiarire che il presente procedimento disciplinare si colloca, per così dire, "a cavallo" tra il precedente e il successivo codice deontologico forense. Infatti, mentre la missiva che ha dato luogo alla sanzione è del 14 aprile 2011, la delibera del COA di Monza è del 10 novembre 2014 e la decisione del CNF impugnata è del 6 novembre 2017, quando il codice deontologico pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 16 ottobre 2014 era entrato in vigore (visto che l'art. 73 del codice stesso ne ha previsto l'entrata in vigore sessanta giorni dopo tale pubblicazione: cioè il 16 dicembre 2014). Tale codice è stato poi modificato in alcuni articoli una prima volta con decorrenza 2 luglio 2016 e, da ultimo, con un testo pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 13 aprile 2018 la cui vigenza è stata fissata al 12 giugno 2018. Peraltro, tale cronologia, non produce alcun effetto nel presente giudizio. Infatti, per consolidata giurisprudenza di queste Sezioni unite le norme del nuovo codice deontologico possono essere applicate anche nei procedimenti disciplinari in corso al momento della relativa entrata in vigore per fatti ad essa anteriori soltanto se più favorevoli per l'incolpato rispetto a quelle del codice previgente, giusta il criterio del "favore rei" desumibile dall'art. 65, comma 5, della legge n. 247 del 2012 (tra le tante: Cass. SU 16 febbraio 2015, n. 3023;
Cass. SU 20 settembre 2016, n. 18394;
Cass. SU 16 giugno 2017, n. 13982). Nella specie tale evenienza non si verifica in quanto sia il codice deontologico previgente (art. 6) sia quello vigente (art. 9) stabiliscono che l'avvocato deve svolgere la propria attività professionale con lealtà e correttezza e disciplinano, in modo analogo, l'obbligo per il legale di astenersi dal mettersi in contatto diretto con la controparte che sia assistita da altro collega (rispettivamente Ric. 2017 n. 29727 sez. SU - ud. 22-05-2018 -4- nell'art. 27 del vecchio codice e nell'art. 41 del nuovo codice). Inoltre, all'attuale ricorrente è stata inflitta la sanzione dell'avvertimento che, per il nuovo codice, è la sanzione più lieve dopo il richiamo verbale che però non ha carattere di sanzione disciplinare.

4. Detto questo, si deve osservare che la decisione impugnata risulta, in primo luogo, fondata su un'affermazione che non ha alcuna corrispondenza nel testo degli artt. 6 e 27 del vecchio codice deontologico, richiamati nel capo di incolpazione e che quindi non ha attinenza con il comportamento sanzionato. In essa, infatti, nella parte iniziale della motivazione il fondamentale divieto di inviare "direttamente" corrispondenza alla controparte assistita da un collega - che è una delle applicazioni del basilare obbligo dell'avvocato di svolgere la propria attività professionale con lealtà, correttezza, probità verso i colleghi ed anche nei confronti della controparte (vedi: Cass. SU 25 giugno 2013, n. 15873) - viene invece fatto discendere dalla necessità di "tutelare la riservatezza del mittente e la credibilità del destinatario", aggiungendosi argomentazioni esplicative sempre riferite al disvalore. della compromissione della tutela dei due suindicati beni, senza considerare che si tratta di una questione del tutto estranea alla presente vicenda, visto che è pacifico che la lettera inviata dall'avvocato G al collega e per conoscenza alla società da questi assistita non conteneva alcuna divulgazione a terzi di notizie riservate o similari. E il suddetto equivoco è reso palese dal richiamo, sul punto, della sentenza del CNF, 11 marzo 2015, n. 19, che si è occupata di un

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