Cass. civ., sez. II, sentenza 04/08/2004, n. 14903
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Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C R - Presidente -
Dott. C V - Consigliere -
Dott. B S - Consigliere -
Dott. S O - rel. Consigliere -
Dott. M E - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
S
sul ricorso proposto da:
T L, elettivamente domiciliata in ROMA LUNG.RE FLAMINIO 26, presso lo studio dell'avvocato G B, che la difende unitamente all'avvocato M T R, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
B A, G C, elettivamente domiciliati in ROMA LUNGRE MICHELANGELO 9, presso lo studio dell'avvocato V C (ST. MARESCA), difesi dall'avvocato N D F, giusta delega in atti;
- controricorrenti -
e contro
B C;
- intimato -
avverso la sentenza n. 227/00 della Corte d'Appello di L'AQUILA, depositata il 27/06/00;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 21/04/04 dal Consigliere Dott. O S;
uditi gli Avvocato B G, T R M, difensori del ricorrente che hanno chiesto accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 4-2-1999, B A e G C convenivano in giudizio davanti al pretore di Francavilla al Mare il figlio B Carlo e la moglie separata di lui T Lina, chiedendo la condanna degli stessi al rilascio dell'immobile sito in quella città, Contrada Setteventi, del quale essi attori erano usufruttuari e che era stato concesso ai convenuti in comodato. Nel costituirsi in giudizio, B Carlo non si opponeva alla domanda, mentre la T ne chiedeva il rigetto, eccependo il difetto di legittimazione attiva di B A, in quanto non usufruttuario dell'appartamento, e l'inesistenza di un contratto di comodato dell'immobile, perché concesso in uso ed abitazione al suo nucleo familiare e del quale era nuda proprietaria essa convenuta per 1/4;deduceva, inoltre, che, con ordinanza del 28-1-1999 emessa dal presidente del tribunale di Chieti in sede di separazione dei coniugi, l'appartamento era stato a lei assegnato quale casa familiare, in quanto affidataria della figlia Serena.
Con sentenza del 2-10-1999, il tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona, divenuto competente a seguito dell'istituzione del giudice unico, accoglieva la domanda e, dichiarato risolto il contratto di comodato, ordinava alla T di rilasciare l'immobile agli attori.
Proposto appello dalla soccombente, la corte di appello di L'Aquila, con sentenza del 27 giugno 2000, lo ha rigettato, condannando l'appellante alle spese, in quanto ha ritenuto, da un lato, che nella fattispecie era stato stipulato un contratto di comodato, ed ha escluso, dall'altro, l'esistenza di un contratto costitutivo di un diritto di abitazione, come dedotto dalla convenuta, per il quale è richiesta la forma scritta ad substantiam, che, nel caso, manca. Quanto, infine, al provvedimento presidenziale di assegnazione della casa coniugale alla T, affidataria dei figli, la corte ha osservato che, trovando, nella fattispecie, il godimento dell'immobile titolo nel contratto di comodato senza determinazione di tempo, che è precedente al cennato provvedimento di assegnazione, il coniuge assegnatario è tenuto comunque a restituirlo al comodante non appena questo lo richieda, ai sensi dell'art. 1810 c.c.. Ricorre per la cassazione della sentenza T Lina, deducendo quattro motivi di gravame.
Resistono con controricorso B A e G C. Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Denuncia la ricorrente:
1) "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 81 e 100 c.p.c., con riferimento agli artt. 978 e 1350, 1^ co. n. 2 c.c.. Insufficiente e/o omessa e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia".
Con il presente motivo la ricorrente ripropone l'eccezione di difetto di legittimazione attiva di B A, il quale, non essendo usufruttuario dell'appartamento, non poteva concederlo in comodato al figlio ed alla nuora, per cui ha errato la corte nel ritenere che "trattandosi di rapporto obbligatorio e non reale, nessun rilievo può essere attribuito, in relazione all'eccezione di difetto di legittimazione attiva del B, che quest'ultimo non sia usufruttuario dell'immobile......".
2) "Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697, 2129 e 2733 c.c.. Illogica, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti
decisivi della controversia", con riferimento alla ritenuta esistenza, nella fattispecie, di un contratto di comodato, senza che gli attori abbiano fornito la prova dell'effettiva conclusione di tale contratto;non potendo evidentemente costituire prova di questo le dichiarazioni rese da B Carlo, liticonsorte necessario, cui la corte ha indebitamente attribuito valore di confessione. Per converso, la corte ha omesso di prendere in considerazione la documentazione prodotta dall'appellante (rogito per notaio A. Mo del 5-6-1991), dal quale si evince(art. 4) che G C, quale usufruttuaria, aveva concesso il diritto di abitazione al di lei figlio ed al suo nucleo familiare, e che alcun precario gratuito si era concluso tra le parti.
Si duole, infine, la ricorrente della mancata ammissione dell'interrogatorio formale e della prova testimoniale da lei richiesti per dimostrare l'insussistenza del contratto di comodato, per la validità del quale la legge non prevede la forma scritta. 3) "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1810 c.c., con riferimento all'art. 6 L. n. 898/1970 ed all'art. 11 L. n. 74/1987. Insufficiente motivazione e/o erronea motivazione su un punto decisivo della controversia". Con tale motivo la ricorrente censura la statuizione della corte, con cui è stato ritenuto, contrariamente al più recente ed autorevole orientamento giurisprudenziale in materia ed allo spirito delle leggi sopra citate, che il provvedimento presidenziale di assegnazione della casa al coniuge affidatario - in questo caso ad essa T - emesso in sede di separazione, non fosse opponibile ai presunti comodanti B A e G C.
4) "Violazione dell'art. 1362 c.c. Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia". La ricorrente critica, infine, con questo motivo la corte di appello, per non avere ritenuto, interpretando l'atto pubblico sopra menzionato del 5-6-1991 nel contesto delle altre risultanze processuali ed alla luce del comportamento complessivo delle parti, che era stato concesso a B Carlo ed al suo nucleo familiare, composto dalla moglie T Lina e dalla figlia B Serena, il diritto di abitazione nell'appartamento sin dal 31-8-1991, quando egli si era ivi trasferito, appunto, con la famiglia. Per ragioni di ordine logico- sistematico è necessario esaminare preliminarmente il secondo motivo, con il quale la ricorrente, da un lato, contesta che sia configurabile, nella fattispecie, un contratto di comodato, del quale gli attori non avrebbero fornito la prova;e, dall'altro, si duole di non essere stata ammessa a provare l'esistenza del diverso titolo in forza del quale assume di essere stata immessa nel possesso dell'immobile.
Il motivo è infondato.
È stato affermato da questa Suprema Corte che, nell'ipotesi in cui venga chiesta giudizialmente la restituzione di un immobile concesso in comodato precario ed eccepita dal convenuto la detenzione ad altro titolo dell'immobile stesso, incombe sul secondo l'onere di provare l'esistenza di tale titolo, dovendosi, in difetto, accogliere la domanda restitutoria, posto che l'eccezione del convenuto presuppone il riconoscimento dell'intervenuta consegna della cosa per uso determinato e, quindi, del comodato, dal quale discende l'obbligo di restituzione su richiesta del comodante, salvo prova, da fornirsi dal comodatario, dell'esistenza di un termine ovvero che questo non è ancora scaduto (Cass. 21 giugno 2001 n. 8482, 10 maggio 2000 n. 5987). Alla luce di siffatto principio, deve ritenersi corretta la qualificazione data dalla corte di appello al contratto in virtù del quale è stato concesso dagli attori all'odierna ricorrente l'uso dell'appartamento adibito ad abitazione familiare, e, quindi, in comodato precario ex art. 1803 c.c., non essendo stata da lei fornita la prova di un diverso titolo del possesso dell'appartamento medesimo;in particolare, della costituzione di un diritto d'uso e di abitazione, come dedotto, che, comunque, avrebbe dovuto risultare da atto scritto ex art. 1350 n. 4 c.c. (Cass. 28 maggio 1997 n. 4709). Da ciò discende che è priva di pregio anche la censura di cui al primo motivo, in quanto, una volta accertato e statuito che l'appartamento è stato concesso alla ricorrente in comodato dagli attori, che ne avevano la disponibilità, e che la T non può opporre altro titolo di godimento dell'appartamento medesimo, se non quello derivante dallo stesso contratto di comodato, ne consegue che B A è certamente legittimato a chiederne la restituzione ai sensi dell'art. 1810 c.c.;e ciò a prescindere dall'eventuale diritto di carattere reale, nella specie di usufrutto, che egli possa vantare (Cass. 20 gennaio 1997 n. 539). Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ancora una volta violazione di legge e vizi di motivazione, che non si riscontrano nella sentenza impugnata, con la quale, viceversa, la corte ha correttamente statuito, in conformità a principi enunciati da questa Suprema Corte, che, nell'ipotesi in cui la casa familiare sia goduta in forza di contratto di comodato senza determinazione di tempo - come appunto nel caso di specie - il provvedimento di assegnazione della stessa in sede di separazione non modifica la natura del rapporto e la relativa disciplina (Cass., 20 ottobre 1997 n. 10258 e 26 gennaio 1995 n. 929). Con la conseguenza che il coniuge assegnatario dell'immobile è tenuto a restituirlo al comodante non appena questi lo richieda. Quanto, poi, alla riproposta questione dell'opponibilità, del provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare, agli attori, titolari di diritto di usufrutto - quanto meno del diritto di usufrutto di B A, non contestato dalla T - o, in ogni caso, quali soggetti che hanno concesso a quest'ultima in comodato l'immobile di cui si discute, si rileva che manca, nel motivo in esame, la specificazione della violazione e/o falsa applicazione della legge con esso denunciata, posto che la soluzione data dalla corte territoriale alla questione non si pone affatto, avuto riguardo all'art. 6 comma 6 L. 898/70 e art. 11 L. 74/87, in contrasto con l'orientamento giurisprudenziale di questa Corte in materia di opponibilità al terzo del cennato provvedimento (ved. Cass. 6 maggio 1999 n. 4529, con riguardo, peraltro, all'inopponibilità del provvedimento di assegnazione della casa familiare ex art. 155 c.c. non trascritto).
La censura di cui al quarto motivo è inammissibile, non risultando che nei precedenti gradi del giudizio sia stata dedotta l'errata interpretazione del contratto del 5-6-1991 da parte della corte territoriale;e ciò con riferimento al preteso diritto di abitazione che, in base alle clausole contenuto in tale contratto, si sarebbe dovuto ritenere costituito, comunque, e peraltro, soltanto in capo a B Carlo.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Sussistono giusti motivi per compensare le spese.