Cass. civ., sez. U, sentenza 25/03/2019, n. 8311
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Alla luce della sentenza n. 6 del 2018 della Corte costituzionale - la quale ha carattere vincolante perché volta ad identificare gli ambiti dei poteri attribuiti alle diverse giurisdizioni dalla Costituzione, nonchè i presupposti e i limiti del ricorso ex art. 111, comma 8, Cost.- il sindacato della Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione concerne le ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per "invasione" o "sconfinamento" nella sfera riservata ad altro potere dello Stato ovvero per "arretramento" rispetto ad una materia che può formare oggetto di cognizione giurisdizionale, nonché le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei Conti o il Consiglio di Stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull'erroneo presupposto di quell'attribuzione. L'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore è configurabile solo allorché il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un'attività di produzione normativa che non gli compete, e non invece quando si sia limitato al compito interpretativo che gli è proprio, anche se tale attività ermeneutica abbia dato luogo ad un provvedimento "abnorme o anomalo" ovvero abbia comportato uno "stravolgimento" delle "norme di riferimento", atteso che in questi casi può profilarsi, eventualmente, un "error in iudicando", ma non una violazione dei limiti esterni della giurisdizione.
Il sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni giurisdizionali del Consiglio di Stato per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore (eccesso di potere giurisdizionale) è configurabile solo qualora il giudice amministrativo abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un'attività di produzione normativa che non gli compete.
L'eccesso di potere giudiziario, denunziabile con il ricorso in Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, e cioè quando il Consiglio di Stato o la Corte dei conti affermi o neghi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all'amministrazione. Nel contempo , in riferimento ai limiti esterni alla giurisdizione non è consentita la censura di sentenze con le quali il giudice amministrativo o contabile adotti un'interpretazione di una norma processuale o sostanziale tale da impedire la piena conoscibilità del merito della domanda. Nel caso di specie il Consiglio di Stato ha ritenuto implicitamente attribuito, all'amministrazione comunale, il potere di localizzazione temporanea alternativa delle attività commerciali sulla base dell' interpretazione delle norme dettate dal D.Lgs. n. 267/2000 e dal D.Lgs. n. 42/2004 e, in particolare, della norma attributiva del potere di revoca, e di tale operazione ermeneutica ha formulato adeguata motivazione nella sentenza impugnata.
Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.
Sul provvedimento
Testo completo
Fatti di causa
La vicenda dedotta in giudizio attiene al procedimento di delocalizzazione di talune attività commerciali su suolo pubblico esercitate tramite mezzo mobile con posteggio fisso in vari punti del centro storico di Roma ("posteggi isolati fissi" e posteggi c.d. "anomali"), disposto da Roma Capitale a seguito di una lunga istruttoria compiuta di concerto con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.
In particolare, la Giunta Capitolina, con deliberazione n. 96 del 9 aprile 2014/ approvò, ai sensi dell'art. 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) e della Direttiva Ministeriale datata 10 ottobre 2012 (cd. Direttiva Ornaghi), un accordo di collaborazione L. n. 241 del 1990, ex art. 15, tra Roma Capitale - Dipartimento Sviluppo Economico Attività Produttive Formazione Lavoro ed il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio (MIBACT), per l'istituzione di un Tavolo tecnico per il Decoro al fine di procedere alla "individuazione delle aree pubbliche aventi particolare valore architettonico, archeologico, storico-artistico e paesaggistico nelle quali, sulla base della vigente normativa, non può ritenersi assentibile l'esercizio del commercio, ovvero lo stesso sia da subordinare a specifiche condizioni;
definizione di linee di indirizzo comuni a tutela del patrimonio culturale e del decoro della Città di Roma".
Preso atto delle determinazioni del tavolo tecnico del Decoro, la Giunta capitolina approvò relativo schema di accordo interistituzionale tra Roma Capitale ed il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, con il quale veniva dichiarata l'incompatibilità di talune postazionì di esercenti il commercio su area pubblica - tra cui anche quelle degli attuali ricorrenti - con le esigenze di tutela culturale di due aree di Roma: 1) Area archeologica centrale - Circo Massimo Tridente, area rilevante nel caso di specie;
2) Piazza Navona - Piazza della Rotonda/Pantheon. Roma Capitale;
sempre prendendo atto di tali risultanze, individuò pure nuovi punti per il commercio su aree pubbliche (deliberazione di Giunta n. 233 del 30 luglio 2014 e determinazione dirigenziale n. 1927 del 17 settembre 2014).
I relativi provvedimenti vennero impugnati dai titolari ed esercenti le attività coinvolte nel procedimento di delocalizzazione con separati ricorsi davanti al TAR Lazio - sede di Roma.
Con motivi aggiunti, poi, gli stessi soggetti impugnarono il provvedimento con il quale era stata disposta la ricollocazione temporanea delle loro attività, per una durata di diciotto mesi, nelle nuove ubicazioni (determinazioni n. 1365 e n. 1828 del 16 giugno 2015).
Dopo la sentenza n. 140/2015, pronunciata dalla Consulta - con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale del D.L. n. 91 del 2013, artt.
2-bis e 4-bis, introdotti dalla legge di conversione n. 112 del 2013, e il D.L. n. 83 del 2014, art. 4, comma 1, come convertito dalla L. n. 106 del 2014 (che rispettivamente aggiungono e successivamente modificano il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 52, commi 1-bis e 1-ter), nella parte in cui non prevedono l'intesa a garanzia della leale collaborazione fra Stato e Regioni -, i ricorrenti proposero ulteriori motivi aggiunti, al fine di censurare i provvedimenti impugnati in relazione alla pronuncia dei giudici costituzionali.
Con delibera n. 365/2015, la Giunta regionale approvò un protocollo d'intesa sottoscritto con il MIBACT e Roma Capitale, con cui venne espresso parere favorevole sulle operazioni del tavolo tecnico istituito e condotto dal MIBACT e da Roma Capitale in dichiarata ottemperanza alla sentenza 140/2015 della Corte Costituzionale e, per questo, gli odierni ricorrenti presentarono un terzo atto di motivi aggiunti, con il quale impugnarono la delibera da ultimo indicata.
Il Tribunale amministrativo regionale adito, con le sentenze nn. 13644, 13650, 13645, 13649, 13642 del 2015, respinse i ricorsi e i motivi aggiunti.
Tali pronunce vennero impugnate dinanzi al Consiglio di Stato.
Si costituirono in giudizio il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma (quest'ultima solo in relazione ai ricorsi dinanzi al Consiglio di Stato NRG 2349/2016 e 2351/2016, v. sentenza impugnata in questa sede), la Regione Lazio, Roma Capitale e il CODACONS (con riguardo ad alcuni dei ricorsi in appello), chiedendo il rigetto delle impugnazioni proposte.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3681/2016, pubblicata il 23 agosto 2016, rigettò gli appelli, previa riunione degli stessi, e compensò le spese di causa.
Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione la Food Store S.n.c. di T.A. e C., M.E., Mo.El., C.D. e T.A. e, con altro successivo atto, P.G., T.A., M.J., T.D., formulando un unico e speculare motivo.
Roma Capitale, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e il CODACONS hanno depositato distinti controricorsi in relazione a ciascuno dei ricorsi proposti.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Sia i ricorrenti che il CODACONS hanno depositato memorie.
Il P.G. ha depositato requisitoria scritta.
Ragioni della decisione
1. Con l'unico motivo, rubricato "Eccesso di potere