Cass. pen., sez. III, sentenza 31/01/2022, n. 03322
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: BINCOLETTO MAJDA nato a PORDENONE il 17/01/1975 avverso la sentenza del 17/09/2020 della CORTE APPELLO di TRIESTEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere P B;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale P M che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni scritte dell'avv. P C per la ricorrente, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
ricorso trattato ex art, 23, comma 8 del D.L. n. 137/2020
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 17.9.2020, la Corte di Appello di Trieste confermava l'impugnata decisione del G.u.p. presso il Tribunale di Pordenone nella parte relativa alla condanna di B M alla pena di mesi 6 di reclusione, già ridotta per il rito abbreviato, oltre alle pene accessorie ex art. 12 d.lgs. n. 74/2000 e con la sospensione condizionale, inflitta in relazione al delitto di cui all'art. 11 'd.lgs. n. 74/2000 per aver concorso con il suocero M C e con i cognati M M e R P a compiere atti fraudolenti e simulati sui beni del suocero, in modo da rendere inefficace la procedura di riscossione delle imposte dovute da M C ed oggetto di quattro cartelle esattoriali notificate fra il dicembre 2012 ed il giugno 2014. La Corte territoriale altresì disponeva, in parziale ,riforma dell'impugnata decisione, la confisca dell'immobile, comprensivo di garage, acquistato in data 3.6.2014 da B M e R P, meglio descritto in sentenza, e revocava la confisca per equivalente disposta con l'appellata decisione con restituzione all'avente diritto dei beni che ne formavano oggetto. L'operazione fraudolenta contestata consisteva, per quanto qui rileva, nell'emissione di assegni da parte di M C in favore della nuora B M per l'importo complessivo di euro 60.000 fra il luglio ed il dicembre 2013, nonchè in un bonifico di euro 150.000, effettuato il 28.5.2014 sempre a favore della B, che la stessa utilizzava il successivo 3.6.2014 per acquistare, unitamente alla cognata R P, un immobile sito nel comune di Zoppola, poi concesso in comodato gratuito al suocero nell'agosto 2014. 2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione B M, tramite il difensore di fiducia avv. P C, sulla base di tre motivi di gravame.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt.606, 125 e 546 c.p.p. per mancata esplicitazione dell'iter logico-argomentativo relativo alla affermata conoscenza da parte dell'imputata della posizione debitoria tributaria di M C nei confronti dell'Amministrazione finanziaria. Si lamenta che l'affermazione, da parte della Corte territoriale, di tale conoscenza da parte dell'imputata, presupposto essenziale per l'accertamento del dolo di concorso e del dolo specifico, non sarebbe stata sorretta da alcuna motivazione e si ricorda che, in separato procedimento, i coimputati M M e R P sono stati assolti dal medesimo reato contestato.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) c.p.p. in ordine alla sussistenza del dolo di concorso ex art. 110 c.p. e del dolo specifico ex art. 11 d.lgs. n. 74/2000, in considerazione dell'inidoneità della parte motiva della sentenza impugnata a rappresentare le ragioni dell'accertamento della responsabilità dell'imputata, delle evidenti illogicità delle argomentazioni e della inconciliabilità logica delle affermazioni ivi contenute. Secondo la difesa della ricorrente, anche sotto il duplice paradigma in esame il vizio di fondo dell'impugnata decisione si sostanzia nell'omesso accertamento e nella mancata valutazione circa la conoscenza da parte dell'imputata del debito tributario che gravava sul suocero, presupposto essenziale per affermare la coscienza e volontà della B di concorrere con questi nell'articolata operazione di acquisto simulato, in capo alla B ed alla R, della proprietà dell'immobile sito in Zoppola, ceduto in comodato d'uso a M C ed alla di lui moglie ed acquistato con denaro dello stesso suocero, in modo da consentire a quest'ultimo di frustrare l'esecuzione esattoriale. Per converso, a riscontro del fatto che il M aveva tenuto celata a tutti la propria posizione debitoria, si poteva valorizzare il rilievo che la stessa pubblica accusa non aveva inteso procedere né nei confronti della moglie di M C, né nei confronti del figlio M, marito della B. L'insussistenza di una responsabilità concorsuale comportava, inoltre, che l'odierna ricorrente doveva ritenersi quale effettiva e legittima comproprietaria, al pari dell'altra acquirente, R P, dell'immobile citato.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla valutazione dell'interrogatorio reso dalla ricorrente alla p.g. in data 15.12.2017, non avendo la Corte territoriale illustrato le ragioni della ritenuta non credibilità delle dichiarazioni dell'imputata, nelle quali veniva sostenuto che l'operazione incriminata era stata dettata unicamente dall'intento del suocero di trasferirsi da Genova per andare a 'vivere vicino al figlio M, donando alle famiglie dei figli il descritto immobile mediante intestazione ad entrambe le nuore per evitare dissidi, e che la B non era mai stata a conoscenza della posizione debitoria del M.
3. Il P.G. con requisitoria scritta ha richiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. La difesa ha depositato memoria insistendo per l'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi di ricorso, che possono essere esaminati unitariamente in virtù della loro stretta connessione, sono inammissibili, in quanto, oltre a reiterare le doglianze già prospettate avanti alla Corte territoriale e che la stessa ha compiutamente esaminato ed esaurientemente valutato, risulta aspecifico e meramente assertivo, omettendo di confrontarsi con il puntuale tenore motivazionale dell'impugnata decisione, che, in punto di affermazione di responsabilità, è destinata a saldarsi con quella, conforme, di primo grado.
1.1. Va, invero, precisato che, nella specie, ricorre un caso di cd. "doppia conforme", per cui, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, «le sentenze di primo e di secondo grado si saldano tra loro e formano un unico complesso motivazionale, qualora i giudici di appello abbiano esaminato le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai fondamentali passaggi logico-giuridici della decisione e, a maggior ragione, quando i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione impugnata» (cfr. Sez.3, n.13926 del 01/12/2011, Valeri, Rv.252615;
Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595;
Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218). Da tali principi consegue che, ove i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice e richiamando i passaggi logico-giuridici della prima sentenza, concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, organico e inscindibile, al quale, dunque, occorre fare riferimento nella sua globalità al fine di valutare le censure dedotte e per giudicare della congruità della motivazione.
1.2. Ciò posto, va, altresì, osservato come, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., al controllo di legittimità sulla motivazione non appartengono la rilettura degli elementi fattuali posti a fondamento della decisione impugnata,
udita la relazione svolta dal Consigliere P B;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale P M che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni scritte dell'avv. P C per la ricorrente, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
ricorso trattato ex art, 23, comma 8 del D.L. n. 137/2020
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 17.9.2020, la Corte di Appello di Trieste confermava l'impugnata decisione del G.u.p. presso il Tribunale di Pordenone nella parte relativa alla condanna di B M alla pena di mesi 6 di reclusione, già ridotta per il rito abbreviato, oltre alle pene accessorie ex art. 12 d.lgs. n. 74/2000 e con la sospensione condizionale, inflitta in relazione al delitto di cui all'art. 11 'd.lgs. n. 74/2000 per aver concorso con il suocero M C e con i cognati M M e R P a compiere atti fraudolenti e simulati sui beni del suocero, in modo da rendere inefficace la procedura di riscossione delle imposte dovute da M C ed oggetto di quattro cartelle esattoriali notificate fra il dicembre 2012 ed il giugno 2014. La Corte territoriale altresì disponeva, in parziale ,riforma dell'impugnata decisione, la confisca dell'immobile, comprensivo di garage, acquistato in data 3.6.2014 da B M e R P, meglio descritto in sentenza, e revocava la confisca per equivalente disposta con l'appellata decisione con restituzione all'avente diritto dei beni che ne formavano oggetto. L'operazione fraudolenta contestata consisteva, per quanto qui rileva, nell'emissione di assegni da parte di M C in favore della nuora B M per l'importo complessivo di euro 60.000 fra il luglio ed il dicembre 2013, nonchè in un bonifico di euro 150.000, effettuato il 28.5.2014 sempre a favore della B, che la stessa utilizzava il successivo 3.6.2014 per acquistare, unitamente alla cognata R P, un immobile sito nel comune di Zoppola, poi concesso in comodato gratuito al suocero nell'agosto 2014. 2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione B M, tramite il difensore di fiducia avv. P C, sulla base di tre motivi di gravame.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt.606, 125 e 546 c.p.p. per mancata esplicitazione dell'iter logico-argomentativo relativo alla affermata conoscenza da parte dell'imputata della posizione debitoria tributaria di M C nei confronti dell'Amministrazione finanziaria. Si lamenta che l'affermazione, da parte della Corte territoriale, di tale conoscenza da parte dell'imputata, presupposto essenziale per l'accertamento del dolo di concorso e del dolo specifico, non sarebbe stata sorretta da alcuna motivazione e si ricorda che, in separato procedimento, i coimputati M M e R P sono stati assolti dal medesimo reato contestato.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) c.p.p. in ordine alla sussistenza del dolo di concorso ex art. 110 c.p. e del dolo specifico ex art. 11 d.lgs. n. 74/2000, in considerazione dell'inidoneità della parte motiva della sentenza impugnata a rappresentare le ragioni dell'accertamento della responsabilità dell'imputata, delle evidenti illogicità delle argomentazioni e della inconciliabilità logica delle affermazioni ivi contenute. Secondo la difesa della ricorrente, anche sotto il duplice paradigma in esame il vizio di fondo dell'impugnata decisione si sostanzia nell'omesso accertamento e nella mancata valutazione circa la conoscenza da parte dell'imputata del debito tributario che gravava sul suocero, presupposto essenziale per affermare la coscienza e volontà della B di concorrere con questi nell'articolata operazione di acquisto simulato, in capo alla B ed alla R, della proprietà dell'immobile sito in Zoppola, ceduto in comodato d'uso a M C ed alla di lui moglie ed acquistato con denaro dello stesso suocero, in modo da consentire a quest'ultimo di frustrare l'esecuzione esattoriale. Per converso, a riscontro del fatto che il M aveva tenuto celata a tutti la propria posizione debitoria, si poteva valorizzare il rilievo che la stessa pubblica accusa non aveva inteso procedere né nei confronti della moglie di M C, né nei confronti del figlio M, marito della B. L'insussistenza di una responsabilità concorsuale comportava, inoltre, che l'odierna ricorrente doveva ritenersi quale effettiva e legittima comproprietaria, al pari dell'altra acquirente, R P, dell'immobile citato.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla valutazione dell'interrogatorio reso dalla ricorrente alla p.g. in data 15.12.2017, non avendo la Corte territoriale illustrato le ragioni della ritenuta non credibilità delle dichiarazioni dell'imputata, nelle quali veniva sostenuto che l'operazione incriminata era stata dettata unicamente dall'intento del suocero di trasferirsi da Genova per andare a 'vivere vicino al figlio M, donando alle famiglie dei figli il descritto immobile mediante intestazione ad entrambe le nuore per evitare dissidi, e che la B non era mai stata a conoscenza della posizione debitoria del M.
3. Il P.G. con requisitoria scritta ha richiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. La difesa ha depositato memoria insistendo per l'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi di ricorso, che possono essere esaminati unitariamente in virtù della loro stretta connessione, sono inammissibili, in quanto, oltre a reiterare le doglianze già prospettate avanti alla Corte territoriale e che la stessa ha compiutamente esaminato ed esaurientemente valutato, risulta aspecifico e meramente assertivo, omettendo di confrontarsi con il puntuale tenore motivazionale dell'impugnata decisione, che, in punto di affermazione di responsabilità, è destinata a saldarsi con quella, conforme, di primo grado.
1.1. Va, invero, precisato che, nella specie, ricorre un caso di cd. "doppia conforme", per cui, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, «le sentenze di primo e di secondo grado si saldano tra loro e formano un unico complesso motivazionale, qualora i giudici di appello abbiano esaminato le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai fondamentali passaggi logico-giuridici della decisione e, a maggior ragione, quando i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione impugnata» (cfr. Sez.3, n.13926 del 01/12/2011, Valeri, Rv.252615;
Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595;
Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218). Da tali principi consegue che, ove i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice e richiamando i passaggi logico-giuridici della prima sentenza, concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, organico e inscindibile, al quale, dunque, occorre fare riferimento nella sua globalità al fine di valutare le censure dedotte e per giudicare della congruità della motivazione.
1.2. Ciò posto, va, altresì, osservato come, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., al controllo di legittimità sulla motivazione non appartengono la rilettura degli elementi fattuali posti a fondamento della decisione impugnata,
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