Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 17/08/2004, n. 16044

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Il termine del 31 dicembre 1991, previsto dall'art. 11 della legge 2 agosto 1990 n. 233 come termine ultimo entro il quale presentare domanda di riscatto dei contributi agricoli per il periodo 1957-1961, è perentorio, come si ricava dal tenore complessivo della legge, in quanto la fruizione del riscatto è prevista come un beneficio eccezionale in favore di una soltanto delle categorie per le quali la citata legge è predisposta e per un periodo limitato nel tempo, all'interno del quale il termine assolve una funzione di certezza nella individuazione del numero dei beneficiari e nella quantificazione del relativo onere finanziario.

La domanda volta al riconoscimento del diritto al riscatto dei contributi agricoli versati, proposta ai sensi dell'art. 11 della legge n.233 del 1990, è domanda diversa rispetto a quella volta alla costituzione della rendita vitalizia, prevista dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 in caso di omissione contributiva da parte del datore di lavoro, in quanto sono diverse le natura dei due istituti (concretizzandosi il primo nell' assolvimento di un onere retributivo e solidaristico ed il secondo in una forma di assicurazione previdenziale alternativa) e diversi i presupposti richiesti per il loro accoglimento, anche se ai fini del riscatto devono essere effettuati i versamenti previsti dall'art. 13 della legge n. 1338 del 1962 e pertanto, ove quest'ultima domanda fosse stata proposta solo in appello nella controversia introdotta con la prima, deve considerarsi domanda nuova e come tale inammissibile.

Nell'ipotesi in cui l'INPS abbia fornito all'assicurato un'indicazione erronea del numero dei contributi versati, il danno subito dal lavoratore è riconducibile a responsabilità contrattuale dell'istituto, in quanto derivante dalla inosservanza del generale obbligo dell'ente previdenziale, ex art. 54 legge n. 88 del 1989, di informare l'interessato sulla sua posizione assicurativa e pensionistica, ove questi ne faccia richiesta. Ne consegue l'esonero del danneggiato dall'onere di provare la colpa dell'autore del fatto dannoso - salva la dimostrazione, da parte dell'istituto, della non imputabilità dello stesso al proprio comportamento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, pur avendo fatto corretta applicazione del principio di diritto enunciato, aveva escluso il diritto dell'assicurato al risarcimento del danno perché aveva ritenuto che esso derivasse da fatto a lui imputabile, avendo lasciato trascorrere il termine di decadenza fissato dall'art. 11 legge n. 233 del 1990 per la tempestiva presentazione della domanda di riscatto dei contributi agricoli non versati per il periodo 1957-1961).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 17/08/2004, n. 16044
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16044
Data del deposito : 17 agosto 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M V - Presidente -
Dott. D L M - Consigliere -
Dott. C N - rel. Consigliere -
Dott. D M A - Consigliere -
Dott. L T M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SZA
sul ricorso proposto da:
ROSADONI EDO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CARLO POMA N. 2, presso lo studio dell'avvocato G S A, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale atto notar GIUSEPPA MAZZARA, notaio in PRATO del 20 gennaio 2004 REP. N. 20919;



- ricorrente -


contro
INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DELLA FREZZA

17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati A S, F F, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 1070/01 del Tribunale di PRATO, depositata il 25/07/01 - R.G.N. 1219/98;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/02/04 dal Consigliere Dott. N C;

udito l'Avvocato S;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. F R che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
E R conveniva in giudizio davanti al Pretore di Prato l'INPS chiedendo in via principale il riconoscimento del suo diritto al riscatto dei contributi agricoli per il periodo dal 1957 al 1961 ai sensi dell'art. 11 della legge n. 233 del 1990 e, in subordine, la condanna dell'Istituto al risarcimento del danno causato dalle sue errate comunicazioni effettuate nel 1987 in risposta alle specifiche richieste informative dal medesimo formulate in ordine alla esistenza dei contributi agricoli necessari per la pratica di ricongiunzione. L'INPS si costituiva eccependo che il termine del 31 dicembre 1991 previsto dall'art. 11 della legge 2 agosto 1990 n. 233 per presentare la domanda di riscatto era perentorio ed era scaduto senza che il Rosadoni l'avesse tempestivamente presentata. Aggiungeva che, in ogni caso, contro l'accoglimento parziale della richiesta di ricongiunzione dei contributi non era stato inoltrato ricorso amministrativo e non era stata versata la somma capitale indicata dall'Istituto ai fini dell'accoglibilità. Con sentenza in data 22 ottobre 1997 il giudice adito rigettava integralmente la domanda. Con sentenza in data 30 maggio/25 luglio 2001 il Tribunale di Prato rigettava l'appello del Rosadoni osservando che il medesimo non aveva presentato la domanda di riscatto entro il termine perentorio del 31 dicembre 1991 previsto dall'art. 11 della legge n. 233 del 1990 ne' la domanda di ricostituzione della rendita ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962, in quanto domanda nuova proposta soltanto in appello,
e che lo stesso Rosadoni nemmeno potesse vantare il diritto al risarcimento del danno come conseguenza alla risposta negativa di ricongiunzione presentata nel 1987, peraltro non impugnata in via amministrativa, posto che l'estratto contributivo era stato richiesto soltanto nel 1994 e che non erano di ostacolo alla presentazione della domanda di riscatto entro il previsto termine perentorio del 31 dicembre 1991 ne' la risposta negativa alla domanda di ricongiunzione nè l'avvenuta conoscenza nel 1994 della sua situazione contributiva, il cui estratto riassuntivo avrebbe potuto essere richiesto e ottenuto prima della tempestiva presentazione della domanda di riscatto.
E R ricorre per la cassazione della sentenza del Tribunale di Prato con tre motivi
Resiste l'INPS con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce che il termine previsto dall'art. 11 della legge 2 agosto 1990 n. 233 non sia perentorio e fonda la sua tesi su una sentenza di questa Corte n. 4009 del 1989 e con la circostanza che il citato art. 11 per il calcolo delle somme da pagare per il riscatto richiami l'art. 13 della legge n. 1338 del 1962. Il dedotto motivo è infondato.
Va, intanto, premesso che per affermare la natura perentoria di un termine previsto dalla legge non è necessario che la perentorietà sia prevista esplicitamente, essendo sufficiente, invece, che essa venga ad essere desunta in modo chiaro e univoco, avuto riguardo allo scopo perseguito e alla funzione assolta dalla norma.(v. pronuncia di questa Corte n. 9764 del 15 settembre 1995). Ciò premesso, la Corte osserva che la legge 2 agosto 1990 n, 233, intitolata "Riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi " disciplina le modalità di versamento dei contributi e l'istituto della prosecuzione volontaria con gli artt. da 2 a 7 per i titolari di imprese artigiane e commerciali e loro dipendenti e con gli artt. da 8 a 15 per i coltivatori diretti, i mezzadri, i coloni e i loro dipendenti. Con l'art. 11 la citata legge disciplina soltanto per tale ultima categoria l'istituto del riscatto dei contributi dal 1^ gennaio 1957 al 31 dicembre 1961 prevedendo, quindi, a tal fine, un limite temporale ben preciso per il periodo di riscatto e fissando un termine entro cui la domanda doveva essere presentata: il 31 dicembre 1961.
La perentorietà del termine, perciò, si ricava dall'esame complessivo della legge a 233 del 1990, dalla quale si desume che la finizione del riscatto è prevista come un beneficio eccezionale soltanto per una delle due categorie per le quali la citata legge è predisposta e per un periodo contributivo limitato nel tempo. La natura eccezionale della disciplina del riscatto, quindi, induce a ritenere che il termine previsto per la presentazione della domanda fu predisposto dal legislatore per assolvere a una funzione di certezza nella individuazione del numero dei beneficiari e nella quantificazione del relativo onere finanziario e che, in ragione di tale natura, dovesse considerarsi previsto a pena di decadenza. In proposito GSBO questa Corte, pur andando in contrario avviso con la sentenza n. 4009 del 24 aprile 1989, tuttavia, anche con tale decisione ha riconosciuto che, pur nel silenzio della legge, il termine possa essere ritenuto perentorio in ragione di esigenze di certezza e celerità;
mentre con la sentenza a 1940 del 2000 ha implicitamente riconosciuto che il termine, pur in difetto di esplicito dettato normativo, possa essere considerato perentorio. Con il secondo motivo il ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e degli artt. 11 della legge 2 agosto 1990 a 233 e 13 della legge 12 agosto 1962 a 1338, nonché
vizio di motivazione si duole che il Tribunale abbia ritenuto come domanda nuova in appello la richiesta di costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 legge n. 1338 del 1962, nel senso che non aveva considerato che tale domanda fosse da considerare implicita in quella della richiesta di riscatto, in quanto quest'ultima andava effettuata con i versamenti di cui all'art. 13 della legge n. 1338 del 1962. Anche tale secondo motivo va respinto, avendo il Tribunale correttamente ritenuto la richiesta di riscatto di contributi cosa diversa dalla domanda di costituzione volontaria di una rendita. Infatti, prescindendo dalla eventuale identità dei versamenti richiesti, sono concettualmente diverse le nature dei due istituti (concretizzandosi il primo in un assolvimento di un onere retributivo e solidaristico e il secondo in una forma di assicurazione previdenziale alternativa) e diversi i presupposti richiesti per il loro accoglimento (quantificazione della misura per il primo in relazione all'onere finanziario previsto e per il secondo in relazione alla durata della prestazione assicurativa accertata o eventuale).
Va, invece, ritenuto assorbito il terzo e ultimo motivo, con il quale il ricorrente si duole del mancato accoglimento della domanda di risarcimento del danno proposta in via alternativa come conseguenza delle erronee informazioni che l'INPS gli avrebbe fornito in ordine alla esistenza dei contributi versati nel periodo 1957/1961, e ciò con vizio di motivazione e in violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1176, 1218, 1227, 2043 c.c. e degli artt. 51 e 78 rd. 28 agosto 1994 n. 1422, dell'art. 38 della legge 30 aprite 1969 n. 153, dell'art. 1 del d.l. 16 luglio 1978 n. 352, dell'art. 54 della legge 9 marzo 1989 n. 88, dell'art. 5 d.p.r. 27 aprile 1968 a 488 e del
D.M. 5 febbraio 1969. Questa Corte, invero, ha ripetutamente precisato che nell'ipotesi in cui l'INPS abbia fornito all'assicurato una indicazione erronea sul numero dei contributi versati, il danno subito dal lavoratore è riconducibile a responsabilità contrattuale dell'Istituto, in quanto derivante dall'inosservanza del generale obbligo dell'ente previdenziale, ex art. 54 legge 9 marzo 1989 n. 88, di informare l'interessato sulla sua posizione assicurativa e pensionistica, ove questi ne faccia richiesta. Ne consegue che il lavoratore danneggiato è esonerato dal provare la colpa dell'autore del fatto dannoso, salvo l'onere dell'Istituto di dimostrare che il danno sia dipeso da fatto al medesimo non imputabile. (v. pronunce di questa Corte n. 6995 del 22 maggio 2001;
n. 5002 del 8 aprile 2002
;
ecc.). Nella specie, però, il giudice di merito, uniformandosi ai principi di diritto sopra indicati, aveva escluso il diritto al risarcimento del danno perché aveva attribuito al lavoratore la colpa e, quindi, il fatto a lui imputabile, della perdita del diritto peraltro non specificatamente determinato nella sua sussistenza in relazione alla mancata e tempestiva presentazione della domanda di riscatto, la cui perentorietà del termine è stata già ritenuta non censurabile da questa Corte in forza della reiezione del primo motivo di ricorso. Nulla va disposto per le spese del presente giudizio a norma dell'art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo risultante dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 134 del 13 aprile 1994, non essendo applicabile nella specie la novella di cui all'art. 42 comma 11 del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003 n. 326, presupponendo tale novella per la sua attuazione che il
giudizio sia iniziato dopo l'entrata in vigore del citato D.L..

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