Cass. pen., sez. V, sentenza 23/09/2022, n. 36012
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da S P, nato a Bologna, l'11 aprile 1966;
S G, nato a Bologna il 4 maggio 1934;
avverso la sentenza del 7 maggio 2021, emessa dalla Corte d'appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere M C;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F L, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'avv. F T, difensore di P S, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Bologna, confermando la decisione resa in primo grado (riformata solo in relazione alla determinazione delle pene accessorie), ha ritenuto la responsabilità di P e G S, nello loro rispettive qualità di presidente e vice-presidente del consiglio di amministrazione, per due distinti reati di bancarotta impropria societaria (relativi il primo - capo b - al fallimento della Fincar s.p.a., il secondo - capo c - al fallimento della Nyrkofin s.r.I., partecipata al 95% dalla prima). In ipotesi d'accusa, con l'intenzione di ingannare il pubblico e al fine di trarre un ingiusto profitto, nei bilanci chiusi il 31 dicembre 2007 relativi alle due predette società, i ricorrenti, nelle loro rispettive qualità, avrebbero omesso di fornire esatte informazioni in ordine al valore delle partecipazioni detenute nelle loro controllate, incidendo, così, significativamente sulla rappresentazione del patrimonio netto (in termini superiori all'1 0/0) e del risultato economico di esercizio (in termini superiori al 5%).
2. I due imputati hanno impugnato la sentenza emessa dalla Corte d'appello, presentando due ricorsi autonomi, anche se sostanzialmente sovrapponibili, articolati sui medesimi quattro motivi di censura.
2.1. Con i primi due, formulati sotto il profilo del vizio di motivazione, i ricorrenti, sostanzialmente, censurano la ritenuta falsità dei bilanci, sia sotto il profilo della effettiva sussistenza di una falsa rappresentazione, sia in relazione al profilo soggettivo del reato. La corte territoriale, secondo la prospettazione difensiva, non avrebbe adeguatamente valutato né la potenziale idoneità dei piani di ristrutturazione aziendali (predisposti da operatori particolarmente qualificati, quali la KPMG, Mediobanca o AlizPartners) a ripristinare l'equilibrio economico finanziario delle diverse società, garantendo la prosecuzione dell'attività aziendale;
né la portata della crisi mondiale del settembre 2008;
né, in ultimo, l'incidenza, rispetto al successivo dissesto, della condotta dei vertici della Mercedes Benz Italia (oggetto di numerosi giudizi civili e di uno specifico atto di transazione con il quale la MBI e la MBSI avrebbero versato alle curatele 4,5 milioni di euro). Riscontro della correttezza degli assunti difensivi sarebbe, poi, la valutazione offerta dal giudice per le indagini preliminari che, in relazione al reato di ritardato fallimento, avrebbe prosciolto gli attuali ricorrenti ritenendo, appunto, che le condotte imprenditoriali fossero sempre state sorrette dalla "ferma intenzione di garantire, in una prospettiva ragionevolmente predittiva del successo, la continuità aziendale".
2.3. Con il terzo motivo, formulato sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, i ricorrenti lamentano la contraddittorietà del percorso logico seguito dalla corte territoriale, nella parte in cui avrebbe dapprima riconosciuto che i conti d'ordine (oggetto di una specifica contestazione) non incidono sulle soglie quantitative indicate nell'ad 2621 cod. civ., per poi ritenere che l'omissione in essa contenuta avrebbe comunque rilevanza penale. Peraltro, facendo riferimento ad un precedente di questa Corte relativo ad una diversa (e successiva) formulazione dell'ad 2621 cod. civ. e senza valutare che i dati sarebbero stati correttamente iscritti nel bilancio consolidato (dal quale, pertanto, si sarebbe ben potuto evincere la reale consistenza delle diverse poste debitorie).
2.4. Con il quarto, in ultimo, si contesta l'eccessività della pena principale (motivata in relazione ad una circostanza oggetto del primo capo d'imputazione e, quindi, non accertata) e di quella accessoria, determinata in misura superiore a quella della pena principale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente, con riferimento alla posizione di G S, è necessario rilevare la dissoluzione del rapporto processuale, conseguente al decesso dell'imputato, sopravvenuto il 4 giugno 2022, dopo la deliberazione di secondo grado, ma prima della deliberazione di questa Corte di legittimità. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
2. Ciò premesso, i ricorrenti, per come si è detto, sono stati ritenuti responsabili, nella loro qualità di amministratori, di due diversi fatti di bancarotta fraudolenta impropria, collegati alla commissione di due false attestazioni (art.2621 cod. civ.), attraverso le quali, in ipotesi di accusa, i ricorrenti avrebbero occultato la presenza di ingenti perdite, consentendo, così, la prosecuzione dell'attività d'impresa pur in assenza di interventi di ricapitalizzazione o di liquidazione, con accumulo di ulteriori perdite e conseguente aggravamento del dissesto. La vicenda, ricostruita nel dettaglio dai giudici di merito, riguarda il fallimento di un gruppo di società riconducibili alla famiglia S, composto dalla Fincar s.p.a., con funzioni di holding ed esercente attività immobiliare, dalla Nyrkofin s.r.l. (partecipata dalla Fincar), quale sub-holding operativa, e da una pluralità di società satellite, concessionarie di noti marchi automobilistici (Mercedes, Smart, Land Rover, Ford, Ferrari, Maserati). Il fallimento delle due holding (la Fincar e la Nyrkofin) è stato dichiarato nel 2010, ma, secondo la ricostruzione offerta dalla corte territoriale, l'epoca di manifestazione del dissesto si dovrebbe collocare nei primi mesi del 2008, quando si sarebbe dovuto prendere atto delle costanti perdite registrate negli anni immediatamente precedenti e, conseguentemente, dell'oggettiva situazione di squilibrio economico, patrimoniale e finanziario in cui versavano tutte le società del gruppo: la Fincar (che nel triennio 2006-2008, aveva conseguito costantemente un margine operativo lordo di segno negativo), le controllate Meb &Car (che, dal 2006, aveva conseguito un reddito operativo negativo, con una perdita di C 758.000), Motorland (che aveva sempre conseguito un margine operativo lordo negativo e nell'anno 2006 aveva accusato una perdita di C 336.000), Motorstore (che, nell'anno 2006, aveva avuto una perdita di esercizio di 1.741.000 euro, replicata nell'anno 2007, con messa in liquidazione della società nell'ottobre 2008 e dichiarazione di fallimento nel marzo 2009). Gli amministratori, invece, pur consapevoli di ciò, si sarebbero limitati ad occultare il dissesto modificando l'originario criterio di valutazione delle partecipazioni della Nyrkofin nelle controllate (quantificate in applicazione del criterio del costo in luogo di quello del patrimonio netto), evitando, così, di considerare le perdite delle tre partecipate (che, sommate a quelle della Nyrkofin, avrebbe condotto ad un patrimonio netto negativo per oltre 1,5 milioni di euro) e omettendo di indicare, nei conti d'ordine, il valore delle fideiussioni e delle lettere di patronage concesse alle società controllate, a garanzia dei debiti contratti con le banche, per oltre 12 milioni di euro (poi riportate nel successivo bilancio del 2008 nei loro termini esatti, per oltre 34 milioni di euro). Peraltro, anche a voler considerare legittima la variazione dell'originario criterio di valutazione, la situazione economica descritta avrebbe comunque imposto di rettificare il valore del costo, eliminando le voci relative all' "avviamento" e ai "versamenti in conto copertura perdite";
eliminazione che da sola avrebbe comunque portato ad un patrimonio netto di Nyrkofin nel 2007 negativo per C1.562.913 (a fronte di un patrimonio netto positivo, indicato nel bilancio approvato, di C 5.136.873), con conseguente obbligo di scioglimento della società ai sensi dell'art. 2484 co. 1 n. 4 del codice civile.
3. Ricostruita in questi termini la prospettazione accusatoria, così come ritenuta dai giudici di merito, i ricorrenti deducono, con i primi due motivi di ricorso (intimamente connessi tra loro), un difetto di motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui non avrebbe compiutamente argomentato in ordine alla rilevanza, sia sotto il profilo oggettivo, che sotto quello soggettivo, dei piani di ristrutturazione aziendali (predisposti da operatori particolarmente qualificati, quali la KPMG, Mediobanca o AlizPartners), della crisi mondiale del settembre 2008 e, in ultimo, della condotta osservata dei vertici della Mercedes Benz Italia.Circostanze che, secondo la prospettazione difensiva, avrebbero, invece, inciso significativamente sulla concreta ricuperabilità delle perdite e sulla conseguente legittimità della variazione del criterio di valutazione. Entrambi i motivi sono infondati.
3.1. Va premesso che questa Corte ha già avuto modo di precisare che il nesso causale tra la
S G, nato a Bologna il 4 maggio 1934;
avverso la sentenza del 7 maggio 2021, emessa dalla Corte d'appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere M C;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F L, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'avv. F T, difensore di P S, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Bologna, confermando la decisione resa in primo grado (riformata solo in relazione alla determinazione delle pene accessorie), ha ritenuto la responsabilità di P e G S, nello loro rispettive qualità di presidente e vice-presidente del consiglio di amministrazione, per due distinti reati di bancarotta impropria societaria (relativi il primo - capo b - al fallimento della Fincar s.p.a., il secondo - capo c - al fallimento della Nyrkofin s.r.I., partecipata al 95% dalla prima). In ipotesi d'accusa, con l'intenzione di ingannare il pubblico e al fine di trarre un ingiusto profitto, nei bilanci chiusi il 31 dicembre 2007 relativi alle due predette società, i ricorrenti, nelle loro rispettive qualità, avrebbero omesso di fornire esatte informazioni in ordine al valore delle partecipazioni detenute nelle loro controllate, incidendo, così, significativamente sulla rappresentazione del patrimonio netto (in termini superiori all'1 0/0) e del risultato economico di esercizio (in termini superiori al 5%).
2. I due imputati hanno impugnato la sentenza emessa dalla Corte d'appello, presentando due ricorsi autonomi, anche se sostanzialmente sovrapponibili, articolati sui medesimi quattro motivi di censura.
2.1. Con i primi due, formulati sotto il profilo del vizio di motivazione, i ricorrenti, sostanzialmente, censurano la ritenuta falsità dei bilanci, sia sotto il profilo della effettiva sussistenza di una falsa rappresentazione, sia in relazione al profilo soggettivo del reato. La corte territoriale, secondo la prospettazione difensiva, non avrebbe adeguatamente valutato né la potenziale idoneità dei piani di ristrutturazione aziendali (predisposti da operatori particolarmente qualificati, quali la KPMG, Mediobanca o AlizPartners) a ripristinare l'equilibrio economico finanziario delle diverse società, garantendo la prosecuzione dell'attività aziendale;
né la portata della crisi mondiale del settembre 2008;
né, in ultimo, l'incidenza, rispetto al successivo dissesto, della condotta dei vertici della Mercedes Benz Italia (oggetto di numerosi giudizi civili e di uno specifico atto di transazione con il quale la MBI e la MBSI avrebbero versato alle curatele 4,5 milioni di euro). Riscontro della correttezza degli assunti difensivi sarebbe, poi, la valutazione offerta dal giudice per le indagini preliminari che, in relazione al reato di ritardato fallimento, avrebbe prosciolto gli attuali ricorrenti ritenendo, appunto, che le condotte imprenditoriali fossero sempre state sorrette dalla "ferma intenzione di garantire, in una prospettiva ragionevolmente predittiva del successo, la continuità aziendale".
2.3. Con il terzo motivo, formulato sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, i ricorrenti lamentano la contraddittorietà del percorso logico seguito dalla corte territoriale, nella parte in cui avrebbe dapprima riconosciuto che i conti d'ordine (oggetto di una specifica contestazione) non incidono sulle soglie quantitative indicate nell'ad 2621 cod. civ., per poi ritenere che l'omissione in essa contenuta avrebbe comunque rilevanza penale. Peraltro, facendo riferimento ad un precedente di questa Corte relativo ad una diversa (e successiva) formulazione dell'ad 2621 cod. civ. e senza valutare che i dati sarebbero stati correttamente iscritti nel bilancio consolidato (dal quale, pertanto, si sarebbe ben potuto evincere la reale consistenza delle diverse poste debitorie).
2.4. Con il quarto, in ultimo, si contesta l'eccessività della pena principale (motivata in relazione ad una circostanza oggetto del primo capo d'imputazione e, quindi, non accertata) e di quella accessoria, determinata in misura superiore a quella della pena principale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente, con riferimento alla posizione di G S, è necessario rilevare la dissoluzione del rapporto processuale, conseguente al decesso dell'imputato, sopravvenuto il 4 giugno 2022, dopo la deliberazione di secondo grado, ma prima della deliberazione di questa Corte di legittimità. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
2. Ciò premesso, i ricorrenti, per come si è detto, sono stati ritenuti responsabili, nella loro qualità di amministratori, di due diversi fatti di bancarotta fraudolenta impropria, collegati alla commissione di due false attestazioni (art.2621 cod. civ.), attraverso le quali, in ipotesi di accusa, i ricorrenti avrebbero occultato la presenza di ingenti perdite, consentendo, così, la prosecuzione dell'attività d'impresa pur in assenza di interventi di ricapitalizzazione o di liquidazione, con accumulo di ulteriori perdite e conseguente aggravamento del dissesto. La vicenda, ricostruita nel dettaglio dai giudici di merito, riguarda il fallimento di un gruppo di società riconducibili alla famiglia S, composto dalla Fincar s.p.a., con funzioni di holding ed esercente attività immobiliare, dalla Nyrkofin s.r.l. (partecipata dalla Fincar), quale sub-holding operativa, e da una pluralità di società satellite, concessionarie di noti marchi automobilistici (Mercedes, Smart, Land Rover, Ford, Ferrari, Maserati). Il fallimento delle due holding (la Fincar e la Nyrkofin) è stato dichiarato nel 2010, ma, secondo la ricostruzione offerta dalla corte territoriale, l'epoca di manifestazione del dissesto si dovrebbe collocare nei primi mesi del 2008, quando si sarebbe dovuto prendere atto delle costanti perdite registrate negli anni immediatamente precedenti e, conseguentemente, dell'oggettiva situazione di squilibrio economico, patrimoniale e finanziario in cui versavano tutte le società del gruppo: la Fincar (che nel triennio 2006-2008, aveva conseguito costantemente un margine operativo lordo di segno negativo), le controllate Meb &Car (che, dal 2006, aveva conseguito un reddito operativo negativo, con una perdita di C 758.000), Motorland (che aveva sempre conseguito un margine operativo lordo negativo e nell'anno 2006 aveva accusato una perdita di C 336.000), Motorstore (che, nell'anno 2006, aveva avuto una perdita di esercizio di 1.741.000 euro, replicata nell'anno 2007, con messa in liquidazione della società nell'ottobre 2008 e dichiarazione di fallimento nel marzo 2009). Gli amministratori, invece, pur consapevoli di ciò, si sarebbero limitati ad occultare il dissesto modificando l'originario criterio di valutazione delle partecipazioni della Nyrkofin nelle controllate (quantificate in applicazione del criterio del costo in luogo di quello del patrimonio netto), evitando, così, di considerare le perdite delle tre partecipate (che, sommate a quelle della Nyrkofin, avrebbe condotto ad un patrimonio netto negativo per oltre 1,5 milioni di euro) e omettendo di indicare, nei conti d'ordine, il valore delle fideiussioni e delle lettere di patronage concesse alle società controllate, a garanzia dei debiti contratti con le banche, per oltre 12 milioni di euro (poi riportate nel successivo bilancio del 2008 nei loro termini esatti, per oltre 34 milioni di euro). Peraltro, anche a voler considerare legittima la variazione dell'originario criterio di valutazione, la situazione economica descritta avrebbe comunque imposto di rettificare il valore del costo, eliminando le voci relative all' "avviamento" e ai "versamenti in conto copertura perdite";
eliminazione che da sola avrebbe comunque portato ad un patrimonio netto di Nyrkofin nel 2007 negativo per C1.562.913 (a fronte di un patrimonio netto positivo, indicato nel bilancio approvato, di C 5.136.873), con conseguente obbligo di scioglimento della società ai sensi dell'art. 2484 co. 1 n. 4 del codice civile.
3. Ricostruita in questi termini la prospettazione accusatoria, così come ritenuta dai giudici di merito, i ricorrenti deducono, con i primi due motivi di ricorso (intimamente connessi tra loro), un difetto di motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui non avrebbe compiutamente argomentato in ordine alla rilevanza, sia sotto il profilo oggettivo, che sotto quello soggettivo, dei piani di ristrutturazione aziendali (predisposti da operatori particolarmente qualificati, quali la KPMG, Mediobanca o AlizPartners), della crisi mondiale del settembre 2008 e, in ultimo, della condotta osservata dei vertici della Mercedes Benz Italia.Circostanze che, secondo la prospettazione difensiva, avrebbero, invece, inciso significativamente sulla concreta ricuperabilità delle perdite e sulla conseguente legittimità della variazione del criterio di valutazione. Entrambi i motivi sono infondati.
3.1. Va premesso che questa Corte ha già avuto modo di precisare che il nesso causale tra la
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