Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 31/10/2019, n. 28110
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o la seguente SENTENZA sul ricorso 1215-2014 proposto da: M D A E, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;2019 - ricorrente -contro P C, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORAZIO 3, presso lo studio dell'avvocato V B, che la rappresenta e difende;- controricorrente - avverso la sentenza n. 6530/2013 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 21/08/2013 R.G.N. 11055/2010;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/07/2019 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE';udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. P M che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;udito l'Avvocato V B. R. G. n. 1215/2014 FATTI DI CAUSA 1. La Corte d'Appello di Roma, rigettando l'appello avverso la pronuncia di primo grado del Tribunale della stessa città, ha confermato l'accoglimento della domanda con cui C P aveva chiesto accertarsi che l'assegno ad personam, riconosciutogli al fine del mantenimento del livello retributivo nel trasferimento dal Ministero della Pubblica Istruzione alle dipendenze del Ministero degli Affari Esteri, fosse non riassorbibile e dovesse essere calcolato tenendo conto, nell'ambito della determinazione della retribuzione percepita presso il Ministero a quo, anche della quota denominata "retribuzione professionale docenti". 2. Avverso tale sentenza il Ministero degli affari e ri ha proposto ricorso per cassazione con sei motivi, poi illustrati da memoria e resistiti da controricorso della P. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo il ricorrente sostiene (art. 360 n. 3 c.p.c.) la violazione e\o falsa applicazione degli artt. 30 d. Igs. 165/2001 e 16 L. 246/2005, nonché dell'art.1406 c.c. Sostiene, in sintesi, che l'amministrazione non era tenuta a riconoscere, a fini giuridici ed economici, l'anzianità maturata presso il Ministero di provenienza, perché nulla disponeva al riguardo l'art. 30 del d.lgs n. 165 del 2001, nel testo applicabile ratione temporis, e perché contraddittoriamente la sentenza impugnata, nel ricondurre il passaggio alla cessione del contratto, aveva riconosciuto valenza interpretativa solo alla lettera a) dell'art. 16 della legge n. 246 del 2005 e non anche alla lettera c), che attribuisce al dipendente trasferito per mobilità esclusivamente il trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti collettivi vigenti per il comparto della amministrazione di destinazione. La seconda censura addebita alla sentenza impugnata di avere erroneamente affermato la natura non riassorbibile dell'assegno personale, in violazione delle norme sopra citate nonché dell'articolo unico comma 26 L. 266/2005, dell'art. 3, comma 57, della legge n. 537 del 1993 e dell'art. 202 del d.p.r. n. 3 del 1957. Rileva il ricorrente che, in assenza di disposizioni speciali di diverso tenore, l'assegno ad personam, attribuito dalla amministrazione al dipendente per non incorrere nel divieto della reformatio in peius del trattamento economico acquisito, è riassorbibile con le R B, estensore R. G. n. 1215/2014 modalità e le misure previste dai contratti collettivi. Aggiunge, richiamando giurisprudenza amministrativa e di questa Corte, che l'art. 3, comma 57, della legge n. 537/1993 è applicabile nei soli casi di passaggio di carriera ex art. 202 del d.p.r. n. 3/1957. Con la terza critica il Ministero si duole, oltre che della violazione dell'art. 30 del d.lgs. 165/2001, anche dell'errata interpretazione dell'art. 7
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