Cass. civ., SS.UU., sentenza 23/12/2005, n. 28508
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiMassime • 1
Nel giudizio di equa riparazione del danno conseguente alla irragionevole durata del processo, la Corte di appello non può liquidare, ai sensi degli artt. 91 e segg. cod. proc. civ., in favore del ricorrente vittorioso, le spese che questi abbia precedentemente sostenuto per la sua difesa davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo, trattandosi di spese correlate non alla durata eccessiva del processo, ma alla mera soccombenza nel giudizio. Infatti, alla stregua del principio di sussidiarietà sancito dall'art. 35 della Convenzione - nel testo sostituito dal Protocollo n. 11, adottato in data 11.5.1998 e in vigore in Italia dal 1 novembre 1998 - la Corte di Strasburgo può essere adita solo dopo l'esaurimento delle vie di ricorso interne introdotte con la legge n. 89 del 2001, cosicché la domanda di indennizzo proposta dinnanzi al giudice nazionale è strutturata non come una prosecuzione di quella pendente davanti alla Corte di Strasburgo, ma come condizione di ricevibilità della domanda, proponibile alla Corte di Strasburgo ove la parte non abbia ricevuto indennizzo adeguato dal giudice nazionale.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente Aggiunto -
Dott. N G - Presidente di sezione -
Dott. C O F - Presidente di sezione -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. A E - Consigliere -
Dott. V M - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. V U - rel. Consigliere -
Dott. R F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C P, elettivamente domiciliato in Roma, Via Tacito, n. 23, presso l'avv. VESPAZIANI Giovanni, che lo rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
M D G, in persona del ministro in carica, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge;
- controricorrente ricorrente incidentale -
avverso il decreto della Corte d'Appello di Trento n. 60/cc pubblicato il 15 giugno 2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15 dicembre 2005 dal Relatore Cons. U V;
uditi gli avv.ti G V e A P;
udito il P.M., in persona dell'Avvocato Genera le Dott. I D, che ha concluso per il rigetto del quarto motivo del ricorso principale con rinvio degli atti per il prosieguo alla sezione remittente;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 11 aprile 2002 Pietro Catra conveniva in giudizio dinanzi alla Cor te d'Appello di Trento il Ministero della Giustizia per sentirlo condannare alla corresponsione di un equo indennizzo per i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti per la non ragionevole durata di un processo per risarcimento di danni nel quale era stato convenuto, iniziato il 20 gennaio 1976 e conclusosi il 25 maggio 1998.
Con decreto del 7-15 giugno 2002 la Corte adita condannava il Ministero al pagamento della somma di Euro 2.340,00 a titolo di equa riparazione per i danni non patrimoniali e rigettava la domanda di indennizzo dei danni patrimoniali comprendenti il rimborso delle spese sostenute per il ricorso presentato alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.
Contro il decreto ricorre per cassazione Pietro Catra con quattro motivi illustrati da memoria.
Resiste il Ministero della Giustizia con controricorso contenente ricorso incidentale affidato ad un solo motivo.
Con ordinanza in data 11 giugno - 17 luglio 2004, n. 13302 è stata disposta la rimessione degli atti al Primo Presidente che ha provveduto all'assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite per la decisione della questione proposta con il quarto motivo di ricorso ritenuta di particolare importanza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va disposta preliminarmente la riunione dei ricorsi proposti contro la medesima sentenza.
Con il quarto motivo di ricorso - l'unico sottoposto all'esame delle Sezioni Unite - si denuncia il vizio di omessa motivazione in ordine alla richiesta di rimborso delle spese sostenute dal ricorrente per la proposizione del ricorso dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che sarebbe stata respinta senza alcun esame delle argomentazioni spese a sostegno della domanda di indennizzo dei danni patrimoniali tra i quali non potrebbero non comprendersi tali esborsi.
L'ordinanza della sezione remittente, nel considerare la questione, richiama l'orientamento pressoché costante della giurisprudenza di legittimità che ha negato il rimborso delle spese giudiziali sostenute per il ricorso inizialmente presentato alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Cass. 20 dicembre 2002, n. 18139;3 gennaio 2003, n. 4;17 aprile 2003, n. 6163;9 gennaio 2004, n. 123;5 agosto 2004, n. 15106) e contesta le affermazioni poste a suo fondamento secondo cui, da un lato, esse non sarebbero conseguenza immediata e diretta della durata irragionevole del processo e non potrebbero per ciò considerarsi danno patrimoniale indennizzabile, e, dall'altro, il giudice nazionale non avrebbe titolo per liquidare le spese giudiziali relative ad un processo instaurato dinanzi alla Corte Europea in mancanza di alcun rapporto di continuità con quello introdotto dinanzi ad esso.
Si osserva nell'ordinanza di rimessione che le due fasi sono strettamente coordinate e finalizzate al medesimo risultato e che l'effettiva protezione accordata al diritto ad un processo di ragionevole durata non troverebbe adeguata salvaguardia se dovessero definitivamente restare a carico del ricorrente le spese sostenute per il ricorso proposto al giudice sovranazionale, il quale accorda costantemente il rimborso delle spese giudiziali in caso di accoglimento della domanda di indennizzo, domanda che è stata proposta negli stessi termini al giudice nazionale secondo quanto prescritto dalla sopravvenuta L. 24 marzo 2001, n. 89. L'esigenza di assicurare una effettiva protezione alla parte pregiudicata da un processo di eccessiva durata - recentemente sottolineata da queste Sezioni Unite che hanno ribadito la necessità di una interpretazione della normativa nazionale conforme alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo sino al limite della questione di costituzionalità nei confronti delle norme che si ponessero in contrasto insuperabile con l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (sentt. n. 1338 e 1339 del 26 gennaio 2004) - non costituisce, tuttavia, ragione sufficiente per estendere l'equo indennizzo dei danni patrimoniali sino a comprendere in tale categoria anche gli esborsi sostenuti per il ricorso dinanzi alla Corte di Strasburgo.
Va considerato al riguardo che le spese giudiziali sopportate dalla parte vittoriosa vengono poste a carico del soccombente non già a titolo di ristoro del pregiudizio derivante dalla non ragionevole durata del processo, previo accertamento delle condizioni richieste dalla legge, bensì sulla base della mera soccombenza in giudizio (art. 91 cod. proc. civ.), indipendentemente cioè da ogni valutazione del suo comportamento nel processo com'è con fermato dal rilievo che al rimborso delle spese giudiziali è tenuto anche il soccombente contumace. Gli esborsi sostenuti a titolo di spese giudiziali non costituiscono perciò conseguenza immediata e diretta della eccessiva durata del processo, posta a fondamento della domanda di equo indennizzo come fatto generatore del danno, ma vengono rimborsati unicamente in dipendenza della vittoria in giudizio la quale comporta l'esclusione di ogni aggravio economico per la parte vittoriosa, tenuta unicamente all'anticipo delle spese necessarie (art. 90 cod. proc. civ.). Il giudice nazionale non ha quindi alcun titolo per liquidare le spese di un ricorso presentato al giudice sovranazionale, dinanzi al quale non ha mai avuto inizio alcun processo, poiché, per il principio di sussidiarietà sancito dall'art. 35 del la Convenzione - nel testo sostituito dal Protocollo n. 11, adottato in data 11 maggio 1994 e in vigore in Italia dal 1^ novembre 1998 - la Corte di Strasburgo non può essere adita se non dopo l'esaurimento delle vie di ricorso interne che sono state introdotte con la L. n. 69 del 2001, cosicché la domanda di indennizzo proposta dinanzi al giudice
nazionale non è strutturata come una prosecuzione di quella pendente dinanzi alla Corte di Strasburgo ma costituisce l'atto iniziale di un giudizio il cui esaurimento costituisce condizione di ricevibilità della domanda che potrà essere proposta alla Corte di Strasburgo nel caso in cui la parte non abbia ricevuto un indennizzo adeguato dal giudice nazionale.
Nè vale obbiettare che il giudice sovranazionale liquida costantemente a favore della parte vittoriosa le spese di assistenza e difesa in giudizio, ancorché non obbligatorie in considerazione del fatto che la parte può agire personalmente prescindei do da qualsiasi difesa tecnica, poiché, qualora dopo la presentazione della domanda sia stata introdotta una via di ricorso interna, il ricorso alla Corte di Strasburgo viene respinto, in quanto irricevibile ai sensi dell'art. 35, n. 4 della Convenzione, con una statuizione che non contiene alcuna pronuncia di rimborso delle spese giudiziali.
Da ciò consegue che, allo stato della normativa vigente, in mancanza di una espressa previsione di diritto intertemporale che disciplini le spese di un ricorso divenuto irricevibile per effetto del la sopravvenuta introduzione di un mezzo di tutela dinanzi al giudice nazionale, la censura in esame non può trovare accoglimento, dovendo confermarsi la perdurante validità dell'interpretazione univoca della giurisprudenza innanzi richiamata.
Il rigetto del quarto motivo del ricorso principale comporta la restituzione degli atti alla sezione remittente per l'esame degli ulteriori motivi del ricorso principale, nonché del ricorso incidentale.