Cass. pen., sez. I, sentenza 08/04/2020, n. 11664

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 08/04/2020, n. 11664
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11664
Data del deposito : 8 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: VOROBEY VASYL nato il 24/11/1977 avverso l'ordinanza del 13/06/2018 del TRIBUNALE di MILANOudita la relazione svolta dal Consigliere FILIPPO CASA;
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RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza avanzata nell'interesse di V V per ottenere l'applicazione del principio del ne bis in idem tra i fatti giudicati con sentenza del Tribunale di Laufen (Repubblica Federale Tedesca) in data 30.5.2011 ("ricettazione organizzata e banda, falso in atto pubblico e banda") e il fatto di riciclaggio per il quale, unitamente ad altri reati, il VOROBEY era stato condannato con sentenza del Tribunale di Milano in data 6.7.2005, confermata dalla Corte di Appello di Milano in data 20.9.2017 e divenuta irrevocabile il 5.1.2018. A ragione della decisione osservava il Tribunale che, trascurando i reati esclusi dall'oggetto dell'istanza (i reati di "banda" e di "falso in atto pubblico", in quanto non giudicati nel processo italiano), nella sentenza tedesca, da un lato, non si attribuiva affatto a VOROBEY - come, invece, nella pronuncia italiana - di aver compiuto le materiali attività di riciclaggio (in concreto, la sostituzione della targa), bensì, semplicemente, di aver accettato di condurre l'autovettura Mercedes in Bielorussia sapendo che si trattava di un veicolo provento di furto;
dall'altro, la natura della contestazione ("ricettazione organizzata") lasciava ritenere, alla luce della motivazione, che alla base della stessa vi fosse la commissione del fatto (ricezione di auto rubata, nella specie munita di documentazione falsificata) in un contesto non occasionale, e, in particolare, nell'ambito di un "racket della ricettazione di autoveicoli". In Germania, in sostanza, non si era in nessun modo valutata la commissione di attività di falso sull'autovettura nell'ottica di una condotta di riciclaggio, ma, al contrario, si era dato per scontato che tali condotte riciclatorie fossero state commesse da altre persone. L'oggetto della sentenza di condanna italiana era invece, esclusivamente, l'avere "compiuto operazioni dirette ad ostacolare l'identificazione della provenienza da delitto in relazione all'autovettura nella consapevolezza che essa provenisse da delitto". I fatti posti in raffronto erano, pertanto, evidentemente distinti, non coincidenti né per le condotte, né per i momenti di commissione.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l'interessato, per il tramite del difensore, sulla base dei seguenti due motivi, sviluppati dopo aver premesso che la sentenza del Tribunale di Milano era stata emessa in data 20.9.2017 e non in data 6.7.2005, come erroneamente riportato nel provvedimento impugnato.

2.1. Violazione di legge ex art. 606 lett. b) in relazione alla mancata applicazione della disciplina di cui agli artt. 649, 669 cod. proc. pen. e dell'art. 50 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea. La pretesa del Tribunale di Milano di vincolare l'applicabilità della disciplina del ne bis in idem ad una verifica di tipo "matematico" circa la frazione di pena inflitta per un determinato reato piuttosto che per l'altro doveva considerarsi priva di qualsiasi fondamento giuridico: essa, infatti, oltre a porsi in piena contraddizione con il principio di reciproca fiducia tra Stati, caratterizzante il ne bis in idem "europeo" (art. 54 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen del 1990 e art. 50 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea), non era contemplata dalle disposizioni dell'ordinamento interno previste dagli artt.649 e 669 cod. proc. pen.
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