Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 22/06/2004, n. 11630

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Il datore di lavoro ha l'obbligo di inviare annualmente all'INPS le denunce contributive previste dall'art. 4, primo comma, del d.l. 6 luglio 1978, n. 352, convertito con modificazioni nella legge 4 agosto 1978, n. 467, contenenti i dati relativi ai versamenti effettuati, ed in particolare all'accantonamento annuale e all'accantonamento complessivo per il tfr, ed ha altresì l'obbligo di consegnare al lavoratore (o al socio lavoratore di una cooperativa, come nella specie) copia della denuncia inviata all'INPS, onde consentirgli di controllare la sua posizione contributiva; ne consegue che, qualora tali denunce contengano indicazioni relative ai periodici accantonamenti per il tfr, possono legittimamente determinare un affidamento tutelabile in capo al socio lavoratore in ordine al riconoscimento da parte della società del trattamento di fine rapporto, o comunque possono essere idonee a provare una eventuale volontà della società di riconoscere le somme ivi indicate, ancorché non previste dalla legge.

Il termine annuale di impugnazione della sentenza, previsto dall'art. 327 cod. proc. civ., decorre dalla pubblicazione della sentenza stessa, e cioè nel rito del lavoro non dalla data di lettura del dispositivo in udienza, ma da quella del deposito in cancelleria del testo completo della sentenza, a seguito del quale soltanto può proporsi l'impugnazione, salvo il caso particolare dell'appello con riserva di motivi, di cui all'art. 433, secondo comma, cod. proc. civ.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 22/06/2004, n. 11630
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11630
Data del deposito : 22 giugno 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DELL'

ANNO

Paolino - Presidente -
Dott. C G - Consigliere -
Dott. C G - Consigliere -
Dott. C F - Consigliere -
Dott. T S - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

S
sul ricorso proposto da:
V G, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA XX SETTEMBRE

3, presso lo studio dell'avvocato M S, rappresentato e difeso dall'avvocato B F, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
LA COOP. LA SORGENTE A RL;

- intimata -
e sul 2^ ricorso n. 02/1024 proposto da:
LA COOPERATIVA LA SORGENTE ARL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA CELIMONTANA

38, presso lo Studio dell'avvocato B P, rappresentato e difeso dall'avvocato G M, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
V G;



- intimato -


avverso la sentenza n. 790/00 della Corte d'Appello di NAPOLI, depositata 11 21/12/00 - R.G.N. 539/2000;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 19/12/03 dal Consigliere Dott. S T;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE

Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza, appellata da Gennaro Volpe, con cui il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi aveva accolto l'opposizione al decreto ingiuntivo, emesso a favore della Società cooperativa La Sorgente, in relazione al credito vantato dal Volpe di L. 14.678.000, oltre accessori, a titolo di trattamento di fine rapporto per l'attività di autista svolta per periodi di lavoro compresi tra il 1985 e il 1997.
La Corte rilevava che, in difetto di prova di una volontà delle parti in senso contrario, nella specie non fornita dall'appellante, l'attività lavorativa svolta dal socio, e avente ad oggetto prestazioni comprese tra quelle previste dal patto sociale e dirette al perseguimento dei fini istituzionali della società, costituisce adempimento del contratto di società e non da luogo alla costituzione di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti. A dimostrazione di una volontà delle parti in quest'ultimo senso non era rilevante che la cooperativa avesse rilasciato i modelli 101 e prospetti paga attestanti l'applicazione di istituti propri della contrattazione collettiva, essendo tale circostanza coerente con il processo di graduale applicazione al socio cooperatore della tutela sostanziale tipica del lavoratore subordinato. Neanche la comunicazione all'Inps dell'accantonamento annuale ai fini del t.f.r., effettuata dalla cooperativa con il mod. 01/M, valeva a far nascere il relativo credito in favore del socio-lavoratore, in mancanza della relativa causale.
Presumibilmente la cooperativa era incorsa in errore nel ritenere di essere obbligata al pagamento del t.f.r., avendo applicato in favore del Volpe altri istituti tipici del lavoro subordinato, ne', in mancanza di qualsiasi ulteriore elemento di prova fornito dall'appellante, era possibile dilatare il valore giuridico di siffatto comportamento, fino ad attribuirgli il valore di manifestazione di colontà negoziale volta a far nascere in favore del socio il diritto ad una prestazione economica non dovuta per legge, ne' in forza del contratto sociale.
Contro questa sentenza il Volpe propone ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo articolato in cinque parti. La Cooperativa resiste con controricorso e propone ricorso incidentale in merito alla regolazione delle spese del giudizio di appello. In particolare eccepisce l'inammissibilità del ricorso perché notificato al difensore della parte dopo il decorso di un anno dalla lettura del dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in riferimento: 1) alla legge 29 maggio 1982 n. 297 e all'art. 2120 c.c.;
2) agli artt. 25115 e 1322 c.c.;
3) agli artt. 1362,1373 e 1418 c.c;
4) agli artt. 2697 e 1173 c.c.;
4) agli artt. 2697 e 1173 c.c.;
5) agli artt. 1175, 1176, 1366 e 1375 c.c.,
formulando le seguenti doglianze.
1) Lamenta che la sentenza impugnata abbia trascurato che il t.f.r., la cui disciplina è innovativa rispetto a quella dell'indennità di anzianità, costituisce una parte) della retribuzione relativa alle prestazioni via via rese, proporzionale alla retribuzione corrisposta in costanza di rapporto e di cui solo la corresponsione è differita, rimanendo fino alla cessazione del rapporto nella disponibilità del datore di lavoro, che deve figurativamente accantonarla, secondo un regime giuridico assimilabile sostanzialmente al deposito irregolare. Non è quindi possibile che una manifestazione di volontà del datore di lavoro di mera negazione della relativa obbligazione possa avere efficacia retroattiva su un'obbligazione già in se perfetta dal momento della costituzione del rapporto ed efficace per effetto della risoluzione del rapporto.
2) Osserva che l'assunzione dell'obbligazione di pagamento del t.f.r. non è incompatibile con il rapporto del socio-lavoratore. Aggiunge che, sulla base dell'evoluzione della normativa legale e della giurisprudenza, effetto naturale del rapporto societario è lo stabilirsi di un ulteriore rapporto giuridico di lavoro, con equiparazione, salvo diverse pattuizioni, dei soci lavoratori ai lavoratori subordinati, come peraltro disposto dall'art. 24 l. 24 giugno 1997 n. 196, che fa esplicito riferimento ai crediti dei soci
delle cooperative di lavoro per t.f.r., ai fini della relativa tutela previdenziale, ed ha efficacia retroattiva, e quindi ammette che vi possa essere pattuizione sull'applicabilità del t.f.r. ai soci lavoratori, e risultante dalla disciplina di cui alla legge 3 aprile 2001 n. 142. 3) Nella specie la assunzione della obbligazione relativa al t.f.r. era stata rinnovata di anno in anno, per quattordici anni, mediante le dichiarazioni della Cooperativa all'Inps e al lavoratore di avere provveduto all'accantonamento relativo a detto trattamento. Ciò nell'ambito della volontà di disciplinare, sia pure nel quadro del rapporto societario, l'apporto lavorativo dei soci mediante il riferimento alla disciplina dei contratti collettivi e a quella inderogabile di legge;
le relative pattuizioni essendo desumibili dalle buste paga, dai modelli 101 e dai Mod. 01 M predisposti dalla società e liberamente consegnati all'interessato. D'altra parte la convenuta si era limitata a sostenere in giudizio l'incompatibilità dell'obbligatone relativa al t.f.r. con il rapporto societario e non la mancata assunzione della stessa.
4) Lamenta che inspiegabilmente il giudice d'appello abbia ritenuto la documentazione sopra indicata inidonea a provare la volontà delle parti di disciplinare l'apporto lavorativo del socio utilizzando gli schemi e gli istituti del rapporto di lavoro subordinato. È ingiustificata la richiesta della prova della simulazione del rapporto sociale ovvero della sussistenza di un autonomo rapporto di lavoro subordinato distinto da quello associativo. È anche non giustificato affermare che si sia in presenza di mere comunicazioni all'Inps, poiché il datore di lavoro è obbligato a comunicare annualmente la somma accantonata al lavoratore, il quale ha il diritto soggettivo di ricevere tale comunicazione e di esigere il corretto adempimento dell'obbligo di accantonamento, tanto è vero che è legittimato ad agire in giudizio anche prima della risoluzione del rapporto per l'accertamento del diritto ad una maggiore quota di accantonamento. Pertanto la dichiarazione del datore di lavoro sull'accantonamento costituisce l'esplicito riconoscimento della relativa obbligazione retributiva.
5) Lamenta che la Corte d'appello abbia dato rilievo a un "presumibile" errore degli organi sociali nell'assumere l'obbligazione di pagare il t.f.r., laddove tale eccezione, neanche formulata dalla parte resistente, contrasta con il principio dell'affidamento, visto che per ben quattordici anni il lavoratore aveva fatto affidamento sulla spettanza di una determinata retribuzione complessiva.
Con il ricorso incidentale si sostiene che non erano ravvisabili "giusti motivi" per la compensazione delle spese del giudizio di appello, attesa la totale soccombenza della controparte e la erroneità e illogicità dei motivi di gravame.
I due ricorsi devono essere riuniti a norma dell'art. 335 c.p.c.. È palesemente infondata l'eccezione di inammissibilità del ricorso principale per l'asserito decorso del termine lungo di impugnazione. Infatti il termine annuale di cui all'art. 326 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza, e cioè, anche nel rito del lavoro, non dalla data di lettura del dispositivo in udienza, ma da quella del deposito in cancelleria del testo completo della sentenza, a seguito del quale solamente può proporsi l'impugnazione - salvo il caso particolare dell'appello con riserva dei motivi, di cui all'art. 433, secondo comma - (Cass. 12 ottobre 1993 n. 10059). Sul merito del ricorso principale deve rilevarsi preliminarmente che in realtà con la sentenza impugnata non è posta in discussione la validità di discipline pattizie dirette a riconoscere anche il socio lavoratore di una cooperativa il diritto al trattamento di fine rapporto, avente inequivoca natura retributiva (cfr. Cass. 23 marzo 2001 n. 4261 e Cass., Sez. un., 26 settembre 2002 n. 13988) e che punto saliente delle censure con il medesimo formulate sono quelle aventi ad oggetto il disconoscimento dell'esistenza di idonei elementi probatori relativi alla volontà della Cooperativa di riconoscere all'attuale ricorrente il diritto al t.f.r., che coinvolgono chiaramente anche il vizio di insufficienza e illogicità della motivazione, nonostante il suo mancato richiamo nella rubrica. Tali censure sono fondate, stante la evidente illogicità della esclusione della rilevanza, quale prova di tale volontà, della indicazione, nelle comunicazioni annuali all'Inps, degli accantonamenti relativi al t.f.r. Al riguardo è opportuno ricordare che, secondo l'art. 2, comma 9, della legge 29 maggio 1982 n. 297, il datore di lavoro deve integrare le denuncie previste dall'art. 4, primo comma, del d.l. 6 luglio 1978 n. 352, convertito con
modificazioni, nella legge 4 agosto 1978 n. 467, con l'indicazione sia dei dati necessari ai fini dell'applicazione delle norme relative all'istituzione del fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto, sia dei dati relativi all'accantonamento per il t.f.r. effettuato nell'anno precedente ed "all'accantonamento complessivo risultante a credito del lavoratore". D'altra parte, il comma quinto del citato art. 4 del d.l. n. 352/1978, precisa che il datore di
lavoro è tenuto a consegnare al lavoratore copia delle denunce consegnate all'Inps e prevede sanzioni in caso di mancata consegna nei termini stabiliti o di esposizione di dati infedeli e incompleti. Non può dubitarsi che tali denunce, stante anche la previsione della loro comunicazione aneto al lavoratore, siano normalmente idonee a determinare un affidamento del lavoratore circa l'esistenza e la misura del trattamento di fine rapporto, nel caso di rapporti in cui tale istituto non è previsto dalla legge ma ben può essere pattiziamente riconosciuto. Ne risulta che l'immotivata conclusione contraria del giudice di merito vizia la motivazione della sentenza impugnata. D'altra parte è patimenti illogica, oltre che affetta da errori giuridici, l'affermazione secondo cui la cooperativa verosimilmente è incorsa in errore nel ritenere di essere obbligata a corrispondere il t.f.r. Non solo, infatti, non sono presi in considerazione i principi sull'affidamento, ma anche, senza adeguata giustificazione (tale non potendosi ritenere di per sè neanche la mancata previsione del t.f.r. nel "contratto sociale"), è presunta l'esistenza di un errore invece che della volontà di riconoscere un determinato trattamento.
In conclusione, il ricorso principale deve essere accolto. Il ricorso incidentale, relative alla regolazione delle spese del giudizio di appello, è assorbito.
Consegue l'annullamento della sentenza impugnata e il rinvio della causa, per nuovo esame, ad altro giudice, che si atterrà al seguente principio: "nelle società cooperative l'inserimento nelle denunce annuali all'Inps, a norma dell'art. 2, nono comma, della legge 29 maggio 1982 n. 297, delle voci relative all'accantonamento annuale e
all'accantonamento complessivo per il trattamento di fine rapporto relativamente a un socio lavoratore è idoneo a provare la volontà della società di riconoscere tale compenso e comunque a determinare l'affidamento in tal senso del medesimo lavoratore".

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