Cass. civ., SS.UU., sentenza 22/07/2013, n. 17779

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Non incorre in nullità - ex artt. 521 e 603, comma 1, lettera c), cod. proc. pen. - per violazione del principio della necessaria corrispondenza tra il fatto oggetto di incolpazione e quello ritenuto in sentenza la decisione della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (nella specie, adottata all'esito di giudizio di rinvio) che escluda la ricorrenza dell'esimente di cui all'art. 3-bis del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 sulla base della valutazione di elementi di fatto non necessariamente contenuti nella contestazione elevata a carico del magistrato, ma comunque ritualmente acquisiti al fascicolo del procedimento disciplinare.

Il giudice di rinvio è vincolato al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione in relazione ai punti decisivi non congruamente valutati dalla sentenza cassata, sicché esso - se non può rimetterne in discussione il carattere di decisività - conserva, invece, il potere di procedere ad una nuova valutazione dei fatti già acquisiti e di quegli altri la cui acquisizione si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza di annullamento. Ne consegue, pertanto, che non incorre in violazione dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. (in relazione all'art. 627, comma 3, cod. proc. pen.) la decisione adottata, in sede di rinvio, dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, che - nel valutare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'esimente di cui all'art. 3-bis del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, come imposto dal principio di diritto enunciato dal giudice di legittimità - sia pervenuta ad una conclusione negativa, esaminando tutte le circostanze risultanti dagli atti ritualmente acquisiti al fascicolo procedimentale, dando così rilievo - ai fini dell'esclusione dell'esimente - ad elementi di fatto ulteriori rispetto a quelli indicati nella sentenza di annullamento come astrattamente idonei a connotare il fatto in termini di non rilevante gravità.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 22/07/2013, n. 17779
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17779
Data del deposito : 22 luglio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R L A - Primo Presidente f.f. -
Dott. R R - Presidente Sez. -
Dott. P L - Consigliere -
Dott. M M - Consigliere -
Dott. M L - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. V R - Consigliere -
Dott. N G - Consigliere -
Dott. P S - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
L.B.L. ((omesso) ), rappresentato e difeso, per
procura speciale in calce al ricorso, dagli Avvocati TRISORIO LIUZZI GIUSEPPE e A L B, elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere della Vittoria n. 5, presso lo studio dell'Avvocato G A;

- ricorrente -

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

- intimati -

per la cassazione della sentenza della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura n. 139 del 2012, depositata il 6 novembre 2012;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23 aprile 2013 dal Consigliere relatore Dott. S P;

sentiti gli Avvocati G T L e A L B;

sentito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. CLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 111 del 2011, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura riteneva il Dott. L.B.L. responsabile dell'illecito disciplinare previsto dal D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 2, comma 1, lett. d), per avere violato i
doveri generali di correttezza ed equilibrio e per aver tenuto un comportamento gravemente scorretto nei confronti della Dott.ssa S..L.I. , giudice nel medesimo ufficio. In particolare, il Dott. L.B. era stato incolpato in quanto, nell'autorelazione indirizzata al Consiglio giudiziario di Catania nel corso del procedimento relativo alla sua prima valutazione di professionalità, in un provvedimento di riorganizzazione del suo ruolo civile del 12 novembre 2008 (atti per loro natura destinati alla conoscenza di terzi) e in una missiva indirizzata in data 20 gennaio 2009 al presidente della sezione civile del Tribunale di Siracusa, aveva svolto ripetutamente aspre ed ingiustificate critiche in ordine alla professionalità della Dott.ssa L.I. , precedente titolare dei medesimi ruoli di cognizione e di esecuzione, addebitandole una mala gestio degli stessi;
l'incapacità di organizzarli;
una sorta di stagnazione del ruolo;
la concessione di rinvii immotivati;

l'adozione di prassi istruttorie lacunose ed altri simili inconferenti giudizi. In tal modo il Dott. L.B. aveva travalicato le proprie esigenze di organizzazione, mettendo ripetutamente in cattiva luce la collega di fronte ai capi degli uffici, al Foro ed al personale di cancelleria.
Avverso questa sentenza il L.B. proponeva ricorso alle Sezioni Unite di questa Corte. Con sentenza n. 6327 del 2012, le Sezioni U-nite rigettavano i due motivi di ricorso aventi ad oggetto la sussistenza dell'illecito e accoglievano invece il motivo concernente la mancata valutazione della possibile applicabilità, nel caso di specie, dell'esimente di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis, affermando il seguente principio di diritto: "in tema di
illeciti disciplinari riguardanti i magistrati, la previsione di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 3 bis, secondo la quale l'illecito disciplinare non è configurabile quando il fatto è di scarsa rilevanza, è applicabile, sia per il tenore letterale della disposizione e sia per la sua collocazione sistematica, a tutte le ipotesi previste negli artt. 2 e 3, del medesimo decreto, anche quando la gravità del comportamento è elemento costitutivo del fatto tipico, ed impone al giudice di procedere ad una valutazione di ufficio, sulla base dei fatti acquisiti al procedimento e prendendo in considerazione le caratteristiche e le circostanze oggettive della vicenda addebitata, anche riferibili al comportamento dell'incolpato, purché strettamente attinenti allo stesso;
il giudizio negativo al riguardo, anche implicito, è soggetto al sindacato delle Sezioni Unite ed il vizio dedotto è riscontrabile allorché gli elementi di fatto acquisiti siano giudicati potenzialmente idonei a condurre ad una soluzione di segno positivo".
In particolare, le Sezioni Unite rilevavano, con riferimento al caso di specie, che potevano costituire indici rivelatori della "scarsa rilevanza" del fatto addebitato al Dott. L.B. sia la
sostanziale unitarietà del comportamento (attinente alla medesima unica vicenda), sia la circostanza che il giovane magistrato - peraltro alle prime funzioni -, nella missiva indirizzata al presidente della sezione civile del Tribunale, aveva riconosciuto la "inopportunità" del proprio "sconveniente" comportamento e la incongruità del giudizio espresso sulla collega.
In sede di rinvio, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha ritenuto insussistenti le condizioni per poter applicare l'esimente di cui all'art. 3 bis, in considerazione di una valutazione complessiva della condotta del magistrato, caratterizzata da una offensività "difficilmente negabile", risultante tanto dalle dichiarazioni dello stesso magistrato espresse in talune sue missive (quella del 20 gennaio 2009 al Presidente della Sezione Civile del Tribunale di Siracusa, già menzionata, e quella al Presidente della Terza Sezione della Corte d'Assise d'Appello di Catania, del 14 gennaio 2010), quanto dalla "inevitabile eco pubblica, presso il Tribunale e gli avvocati civilisti del Foro di Siracusa" che le dichiarazioni offensive del Dott. L.B. avevano avuto. Avverso questa sentenza, il Dott. L..L.B. ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi.
L'intimato Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è affidato a tre motivi.

1.1. Con il primo, si denunzia la violazione dell'art. 627 c.p.p., comma 3, ai sensi degli art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), e art.360 c.p.p., n. 3, perché, in sede di rinvio, la Sezione disciplinare
del Consiglio superiore della magistratura non avrebbe potuto procedere ad integrare il fatto così come accertato nella sentenza precedente, ma avrebbe dovuto applicare il principio di diritto enunciato nella sentenza di cassazione con rinvio alla fattispecie già definita. Ad avviso del ricorrente, invece, la Sezione disciplinare, nella impugnata sentenza, avrebbe escluso l'applicabilità della scriminante di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 3 bis, sulla base di elementi nuovi o, comunque, non
facenti parte del fatto così come accertato nella sentenza cassata. Quindi la Sezione disciplinare, lungi dal conformarsi al principio di diritto enunciato nella sentenza delle Sezioni Unite, avrebbe compiuto sostanzialmente un nuovo accertamento, precluso in considerazione della natura chiusa del giudizio di rinvio.

1.2. Con il

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