Cass. pen., sez. III, sentenza 16/05/2023, n. 20673
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: RUSSO ROSARIO nato a FOGGIA il 07/07/1969 avverso la sentenza del 07/06/2022 della CORTE APPELLO di ANCONAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA SEMERARO;
lette le conclusioni del PG
PIETRO MOLINO
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso lette le conclusioni del difensore, avv. Avv. A P Il difensore chiede l'accoglimento del ricorso Ricorso trattato ai sensi ex art. 23, comma 8 del D.L. n.137/20.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza del 7 giugno 2022 la Corte di appello di Ancona ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Pesaro il 17 dicembre 2019 nei confronti di R R alla pena di un anno di reclusione per il reato ex art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 (capo i) perché, in qualità di legale rappresentate della società R.C. Trasporti s.r.I., al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, aveva indicato, in una delle dichiarazioni annuali relative a queste imposte, elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo di €206.611,57 e di C43.388,43 in relazione all'I.V.A, avvalendosi della fattura n. 6 del 31 marzo 2013 emessa dalla M.V.L. Trasporti di Caggese Vincenzo Michele per operazioni oggettivamente inesistenti.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato. Il ricorrente ha ricostruito lo svolgimento del processo, sintetizzato la sentenza di primo grado, l'appello proposto con i motivi aggiunti, fondati in particolare per l'assoluzione dell'emittente la fattura con sentenza passata in giudicato, la sentenza di appello. Ha, altresì, rappresentato di aver definito le controversie con l'Erario.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, nonché dell'art. 238 cod. proc. pen. La sentenza impugnata avrebbe compiuto un'analisi parziale delle risultanze provenienti dalla sentenza del Tribunale di Ravenna del 7 febbraio 2020 che ha definitivamente assolto l'emittente della fattura n. 6 del 31 marzo 2013, ritenendo sussistente l'operazione sottostante;
l'utilizzo della stessa fattura è contestata al ricorrente. Contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, secondo cui dalla sentenza del Tribunale di Ravenna non risulta alcun accertamento puntuale, la fattura sarebbe stata incontestabilmente riconosciuta come vera con la sentenza passata in giudicato. Il provvedimento de quo compirebbe, infatti, un preciso riferimento alla fattura di C 250.000, estinta nel 2015 ed emessa per competenza nel 2013, riconoscendo l'effettività delle prestazioni in essa dedotte. Inoltre, sarebbe stato erroneamente applicato l'art. 238 cod. proc. pen., essendo stata utilizzata a fini probatori solo la deposizione del dott. A e non quelle dei testi Giuliani e Torino, le cui dichiarazioni avrebbero condotto all'esclusione del reato.
2.2. Con il secondo motivo si deduce, in ragione della pregiudizialità logica e giuridica della sentenza del Tribunale di Ravenna che ha ad oggetto lo stesso fatto contestato al ricorrente, che vi sarebbe stata la violazione del principio di ne bis in idem. La Corte territoriale non si sarebbe confrontata con la motivazione della sentenza di assoluzione.
2.3. Con il terzo motivo si deduce che la sentenza passata in giudicato del Tribunale di Ravenna del 7 febbraio 2020 travolgerebbe quella oggetto del ricorso in quanto vi sarebbe un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica che impedirebbe la dichiarazione di responsabilità dell'utilizzatore. Una diversa interpretazione sarebbe in contrasto con i principi della Comunità Europea
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA SEMERARO;
lette le conclusioni del PG
PIETRO MOLINO
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso lette le conclusioni del difensore, avv. Avv. A P Il difensore chiede l'accoglimento del ricorso Ricorso trattato ai sensi ex art. 23, comma 8 del D.L. n.137/20.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza del 7 giugno 2022 la Corte di appello di Ancona ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Pesaro il 17 dicembre 2019 nei confronti di R R alla pena di un anno di reclusione per il reato ex art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 (capo i) perché, in qualità di legale rappresentate della società R.C. Trasporti s.r.I., al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, aveva indicato, in una delle dichiarazioni annuali relative a queste imposte, elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo di €206.611,57 e di C43.388,43 in relazione all'I.V.A, avvalendosi della fattura n. 6 del 31 marzo 2013 emessa dalla M.V.L. Trasporti di Caggese Vincenzo Michele per operazioni oggettivamente inesistenti.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato. Il ricorrente ha ricostruito lo svolgimento del processo, sintetizzato la sentenza di primo grado, l'appello proposto con i motivi aggiunti, fondati in particolare per l'assoluzione dell'emittente la fattura con sentenza passata in giudicato, la sentenza di appello. Ha, altresì, rappresentato di aver definito le controversie con l'Erario.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, nonché dell'art. 238 cod. proc. pen. La sentenza impugnata avrebbe compiuto un'analisi parziale delle risultanze provenienti dalla sentenza del Tribunale di Ravenna del 7 febbraio 2020 che ha definitivamente assolto l'emittente della fattura n. 6 del 31 marzo 2013, ritenendo sussistente l'operazione sottostante;
l'utilizzo della stessa fattura è contestata al ricorrente. Contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, secondo cui dalla sentenza del Tribunale di Ravenna non risulta alcun accertamento puntuale, la fattura sarebbe stata incontestabilmente riconosciuta come vera con la sentenza passata in giudicato. Il provvedimento de quo compirebbe, infatti, un preciso riferimento alla fattura di C 250.000, estinta nel 2015 ed emessa per competenza nel 2013, riconoscendo l'effettività delle prestazioni in essa dedotte. Inoltre, sarebbe stato erroneamente applicato l'art. 238 cod. proc. pen., essendo stata utilizzata a fini probatori solo la deposizione del dott. A e non quelle dei testi Giuliani e Torino, le cui dichiarazioni avrebbero condotto all'esclusione del reato.
2.2. Con il secondo motivo si deduce, in ragione della pregiudizialità logica e giuridica della sentenza del Tribunale di Ravenna che ha ad oggetto lo stesso fatto contestato al ricorrente, che vi sarebbe stata la violazione del principio di ne bis in idem. La Corte territoriale non si sarebbe confrontata con la motivazione della sentenza di assoluzione.
2.3. Con il terzo motivo si deduce che la sentenza passata in giudicato del Tribunale di Ravenna del 7 febbraio 2020 travolgerebbe quella oggetto del ricorso in quanto vi sarebbe un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica che impedirebbe la dichiarazione di responsabilità dell'utilizzatore. Una diversa interpretazione sarebbe in contrasto con i principi della Comunità Europea
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