Cass. civ., SS.UU., sentenza 15/01/2009, n. 791
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Il piano di tutela delle acque, a norma dell'art. 44 del d. lgs. n. 152 del 1999 (nel testo precedente alle modifiche apportate dal d. lgs. n. 152 del 2006), costituisce un piano stralcio di settore del piano di bacino, che contiene sia le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico, sia gli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui al decreto stesso, tra i quali vi è quello di perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche (art. 1, comma 1°, lett. c). Ne consegue che esercita legittimamente il suo potere discrezionale l'autorità che, attraverso il piano di tutela delle acque, destini un tratto fluviale all'esercizio di determinate pratiche sportive (nella specie, sport di acqua viva, quali canottaggio, torrentismo, ecc.).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente -
Dott. P E - Presidente di sezione -
Dott. S G - Consigliere -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. N A - Consigliere -
Dott. T S - Consigliere -
Dott. S A - rel. Consigliere -
Dott. T G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28780-2006 proposto da:
MINIERE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell'avvocato R F G, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati L R, A V, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
PROVINCIA DI VERCELLI, in persona del Presidente della Giunta Provinciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell'avvocato P G, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato R A, giusta delega a margine del controricorso;
REGIONE PIEMONTE, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell'avvocato P G, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato CIAVARRA ANITA, giusta delega a margine del controricorso;
AUTORITÀ DI BACINO DI FIUME PO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 85/2006 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 14/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/11/2008 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;
uditi gli avvocati Francesco Guido ROMANELLI, Stefano SANTARELLI per delega dell'avvocato Gabriele PAFUNDI;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. NARDI Vincenzo che ha concluso: ancorché applicabile al ricorso il D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, rigetto del ricorso stesso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Miniere s.r.l. - titolare dal 1996 di una nuova concessione di derivazione d'acqua ad uso idroelettrico - chiese al TSAP, con un primo ricorso, l'annullamento: della nota provinciale n. 38234 del 17.11.1994;di parte della Delib. G.R. Piemonte 20 settembre 2004, n.23-13437, recante adozione del Piano di Tutela delle Acque e relativa
proposta di approvazione al Consiglio Regionale;di ogni altro atto presupposto, consequenziale o connesso.
La stessa società con diverso ricorso impugnò: la Delib. G.R. Piemonte 17 gennaio 2005, n. 30-14577, recante modificazioni ed integrazioni della deliberazione impugnata con il precedente gravame;
ogni altro atto presupposto, consequenziale o connesso. Il TSAP, riuniti i ricorsi, dichiarò improcedibile il primo (perché l'atto impugnato era stato sostituito da una nuova deliberazione di G.R. e perché le ulteriori richieste risarcitorie esorbitavano dalla giurisdizione) e respinse nel merito il secondo.
La soc. Miniere propone ricorso per la cassazione della sentenza del TSAP, svolgendo sei motivi. Resistono con controricorso la Regione Piemonte, la Provincia di Vercelli e l'Autorità di Bacino del Fiume Po.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente censura la violazione dell'art. 112 c.p.c. per avere, la sentenza impugnata, dichiarato improcedibile il
primo ricorso con riferimento alla sola domanda avente ad oggetto l'annullamento della Delib. G.R. 20 settembre 2004, n. 23-13437, senza affatto provvedere in ordine all'ulteriore domanda tendente alla dichiarazione di intervenuta caducazione (a seguito del venir meno dei suoi presupposti giuridici) della nota del Servizio Risorse Idriche del Settore Pianificazione Risorse territoriali della Provincia di Vercelli n. 38234 del 17.11.2004, nonché in ordine alla subordinata domanda di annullamento della nota stessa per eccesso di potere.
Il motivo è infondato.
La nota alla quale si riferisce la ricorrente ha sospeso il procedimento d'approvazione del progetto esecutivo presentato dalla soc. Miniere, in applicazione dell'art. 14 delle norme generali di Piano avente ad oggetto le misure di salvaguardia. In proposito, la parte sostiene che la menzionata disposizione inibirebbe il rilascio di nuovi atti o provvedimenti, senza intervenire sulle pregresse situazioni già definite;sicché, l'approvazione del progetto esecutivo da parte della Provincia sarebbe stato un atto dovuto, previsto dal disciplinare della concessione ottenuta nel luglio 1996, in relazione alla quale essa sarebbe titolare di un diritto soggettivo perfetto. La sentenza impugnata - diversamente da quanto lamentato dalla ricorrente - ha fornito, nella complessiva valutazione del merito della controversia, una puntuale risposta alla domanda, specificando (cfr. pag. 8) "l'impossibilità giuridica di configurare un'eventuale titolarità, in capo alla ricorrente, di un diritto soggettivo all'approvazione del progetto Miniere (L. n. 183 del 1989, ex art. 11, comma 6 bis)". Il provvedimento ha anche
sostenuto la "recessività" dell'interesse della società allo sfruttamento energetico delle acque rispetto ad altri interessi pubblici ritenuti preponderanti dalla Regione. In tal modo il provvedimento ha, dunque, risolto anche il quesito connesso all'impugnazione della menzionata nota della Provincia di Vercelli. Con il secondo motivo la ricorrente, nel censurare la violazione del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 44, sostiene che, a norma di questa disposizione, il P.T.A. deve perseguire finalità inerenti la protezione delle risorse idriche quali la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento e, più in generale, la conservazione in buono stato delle acque. Pertanto, la disposizione delle norme di attuazione relative all'area idrografica in questione si porrebbe in contrasto con il citato art. 44 laddove prevede per l'intera area la "specifica destinazione sport acqua viva", con il divieto di rilascio di concessioni di derivazioni d'acqua, in quanto la promozione della pratica sportiva nulla la specie sport di acqua viva, quali canottaggio, torrentismo, ecc.).".
Il terzo motivo censura la sentenza impugnata, per violazione del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 44, nonché degli artt. 16 e 39 dello Statuto della Regione Piemonte, nel punto in cui ha affermato la competenza della Giunta Regionale ad adottare il P.T.A. e le relative misure di salvaguardia. Sostiene, invece, la ricorrente che la competenza in materia apparterrebbe, in base alle menzionate norme dello Statuto piemontese, al Consiglio Regionale.
Il motivo è infondato.
A norma dell'art. 39 dell'allora vigente statuto della Regione Piemonte (approvato con L. 22 maggio 1971, n. 338) la Giunta "è
tenuta a predisporre ...i piani settoriali da sottoporre all'approvazione del Consiglio e ne cura l'attuazione". Nella specie, si tratta della fase dell'adozione e delle misure di salvaguardia del P.T.A., che sono di sicura competenza della Giunta.
Nel quarto motivo la ricorrente sostiene che l'art. 14 disp. att. Piano sarebbe illegittimo laddove conferisce efficacia immediata alle previsioni relative all'area monografica dell'Alto Sesia e, dunque, di fatto dispone l'immediata entrata in vigore delle stesse prima che sia completato l'iter richiesto dalla legge per l'approvazione definitiva dello strumento. Così ponendosi in contrasto con il più volte citato art. 44, secondo il quale il Piano in questione diventa efficace solo a seguito della sua approvazione da parte del Consiglio Regionale.
Il motivo è infondato.
Il D.Lgs. n. 152 del 1999, menzionato art. 44 stabilisce che "...le Regioni, sentite le Province, previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il piano di tutela delle acque e lo trasmettono alle competenti autorità di bacino". L'art. 14 del P.T.A. contiene, appunto, le misure di salvaguardia correlate alle previsioni del piano in formazione, utili ad evitare che nei tempi necessari per l'approvazione del piano siano svolte attività con esso contrastanti. Nessun contrasto è, dunque, riscontrabile tra l'art. 14 del Piano e la disposizione di cui al citato art. 44. Il quinto motivo censura la sentenza nel punto in cui ha affermato che la società non è titolare di un diritto soggettivo all'approvazione del progetto definitivo e che il suo interesse allo sfruttamento delle acque è "recessivo" rispetto ad altri interessi pubblici ritenuti preponderanti dalla Regione. La società sostiene, invece, che il proprio diritto alla derivazione delle acque non sarebbe comprimibile ad opera di un provvedimento amministrativo quale è il P.T.A..
Il motivo è infondato.
Basti dire in proposito che - come s'è già visto in precedenza - il progetto esecutivo presentato dalla società ricorrente è stato presentato alla Provincia di Vercelli ed il relativo procedimento d'approvazione è stato sospeso dalla Provincia stessa, proprio in attuazione delle menzionate misure di salvaguardia. Circostanza, questa, che esclude (come correttamente affermato nella sentenza impugnata) l'avvenuto radicamento di un diritto soggettivo all'espletamento dell'attività richiesta.
Il sesto motivo censura la sentenza per violazione della L. n. 241 del 1990, art. 10 laddove afferma che le osservazioni a suo tempo
presentate all'Amministrazione dalla società (relative all'impraticabilità delle acque in questione a fini sportivi) furono esaminate e motivatamente disattese. Circostanza che, secondo la ricorrente, non corrisponderebbe a verità, in quanto la Delib. G.R. 17 gennaio 2005, pur prendendo formalmente in esame le osservazioni della ricorrente, non entra nel merito delle stesse. Il motivo è inammissibile.
A norma della L. n. 241 del 1990, art. 10, i soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti hanno diritto di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento. La ricorrente, per consentire alla Corte di valutare la fondatezza della censura, avrebbe dovuto trascrivere sia il contenuto delle memorie presentate all'Amministrazione, sia il provvedimento. Trascrizione omessa, con conseguente difetto di autosufficienza del motivo. In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con condanna della ricorrente a rivalere le controparti delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.