Cass. civ., SS.UU., sentenza 27/02/2012, n. 2927
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Nel caso in cui il magistrato sia stato ritenuto responsabile, con sentenza passata in giudicato, dell'illecito disciplinare previsto dall'art. 2, comma 1, lett. q d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, avendo posto in essere, in un determinato arco di tempo, la condotta di reiterato, grave ed ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni, è preclusa, in virtù del generale principio del "ne bis in idem", la possibilità dell'esercizio dell'azione disciplinare per il medesimo illecito con riferimento ad un ulteriore ritardo ricadente nel medesimo arco di tempo.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Primo Presidente f.f. -
Dott. M C F - Presidente di sez. -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. A A - Consigliere -
Dott. M L - Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. A G - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12834/2011 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- ricorrente -
contro
P.R. , PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
- intimati -
avverso la sentenza n. 34/2011 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata il 25/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/12/2011 dal Consigliere Dott. G A;
udito l'Avvocato Lorenzo D'ASCIA dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. CICCOLO P P M, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La d.ssa R..P. era incolpata dell'infrazione disciplinare prevista dal D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1 e art. 2, comma 1, lett. q), poiché, nella qualità di magistrato in servizio prima al Tribunale e poi alla Corte di Appello di Roma, nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni, ritardava in modo reiterato, grave ed ingiustificato il deposito di numerosi provvedimenti. Segnatamente, la Dott.ssa P. - in violazione dei doveri di diligenza e laboriosità, in un contesto di ritardi reiterati, gravi ed ingiustificati nel deposito di sentenze ed ordinanze, cosi come già contestato nell'ambito dei procedimenti disciplinari promossi in data 9 maggio 2007, 13 marzo 2009 e 24 luglio 2009 - depositava con circa tre anni di ritardo il Decreto n. 53631/05 relativo al sig. G..I. , eccedendo oltre tre volte i termini previsti dalla legge per il compimento dell'atto (commesso in Roma sino all'ottobre 2009).
Per tale condotta a seguito di iniziativa del Ministro della giustizia, la dott.ssa R..P. veniva sottoposta a procedimento disciplinare per grave ritardo nel deposito del decreto pronunciato nel procedimento per equo indennizzo L. n. 89 del 2001, ex art. 2, promosso da G..I. .
L'incolpata non contestava l'esistenza del ritardo, ma deduceva a sua giustificazione di essersi trovata nell'impossibilità di rispettare i termini di deposito delle decisioni, perché, trasferita in corte d'appello, era stata applicata in tribunale per alcuni procedimenti penali già in corso in fase dibattimentale, senza peraltro ottenere alcuna riduzione del lavoro nella nuova sede.
La Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura con sentenza dell'11 - 25 febbraio 2011 dichiarava non dovessi procedere nei confronti della dott.ssa P. perché l'azione disciplinare non poteva essere promossa per preclusione del giudicato.
Osservava in particolare la Sezione Disciplinare che si addebitava alla Dott.ssa P. di aver violato i doveri di diligenza e laboriosità, in un contesto di ritardi reiterati, gravi e ingiustificati nel deposito di sentenze e ordinanze, così come già contestato nell'ambito dei procedimenti disciplinari promossi in data 9 maggio 2007, 13 marzo 2009 e 24 luglio 2009. Sicché era indiscusso che il ritardo oggetto del procedimento si inscriveva nel medesimo contesto di altri ritardi per i quali l'azione disciplinare era stata già esercitata in tre distinti procedimenti, poi riuniti e definiti dalla stessa Sezione Disciplinare con sentenza di condanna n. 105 del 16 aprile 2010, passata in giudicato in seguito al rigetto, con sentenza n. 3166 del 2011, del ricorso per cassazione proposto dall'incolpata. Doveva pertanto ritenersi preclusa dal giudicato l'azione disciplinare esercitata nel successivo procedimento.
2. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il Ministero della giustizia per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, con atto del 6 aprile 2011 depositato presso la cancelleria della Sezione disciplinare l'8 aprile successivo.
Le intimata non ha svolto difesa alcuna.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente Ministro della giustizia con il primo motivo di ricorso denuncia l'inosservanza o erronea applicazione del D.Lgs. n.109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. q), e art. 12, nella parte in
cui, per la sussistenza dell'illecito, la sentenza impugnata ritiene necessaria l'abitualità della condotta di ritardo. Sostiene la Avvocatura dello Stato che la fattispecie di illecito per ritardo non richiede, per l'integrazione della condotta, la concorrenza dei caratteri della reiterazione e della gravita, non potendosi ritenere irrilevante un unico, abnorme e ingiustificato ritardo. Il carattere della gravità può assorbire quello della reiterazione, come può desumersi dal D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 12, che prescrive la censura per il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti, così attestando la non necessità del concorso dei due requisiti. Osserva poi che reiterazione e abitualità sono concetti diversi:
alla nozione di reiterazione non può attribuirsi il significato di abitualità, e che la reiterazione dei ritardi deve essere valutata nell'oggettiva ripetitività, indipendentemente dalla loro attuale sanzionabilità.
Con il secondo motivo il ministero ricorrente denuncia l'inosservanza o erronea applicazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. q), artt. 529 e 649 cod. proc.