Cass. civ., sez. V trib., sentenza 23/11/2016, n. 23857

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 23/11/2016, n. 23857
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 23857
Data del deposito : 23 novembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Svolgimento del processo

L'agenzia delle entrate propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 22/06/11 del 10 febbraio 2011, con la quale la commissione tributaria regionale Lombardia, in riforma della prima decisione, ha annullato l'avviso di rettifica e liquidazione (per Euro 116,00/mq.) notificato alla F. I. sas ed altri, in relazione al valore di mercato di alcuni terreni edificabili dichiarato dai contraenti (in Euro 77,50/mq.) in atto di compravendita del 28 dicembre 2006.

In particolare, ha rilevato la commissione tributaria regionale la carenza di motivazione dell'atto impositivo;
in quanto privo dei criteri di determinazione del valore venale in comune di commercio dei terreni e, inoltre, facente riferimento al valore risultante da una dichiarazione di successione non allegata, estranea alle parti, ed avente ad oggetto terreni asseritamente similari, ma non meglio precisati.

Resistono con controricorso e memoria i contribuenti.

Motivi della decisione



1. Con il primo motivo di ricorso l'agenzia delle entrate lamenta - ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3) - violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51 con riferimento al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 14, comma 1, per avere la commissione tributaria regionale negato la legittimità della determinazione del valore venale dei terreni mediante richiamo ad una dichiarazione di successione concernente terreni analoghi.

Il motivo non può trovare accoglimento, risultando finanche inammissibile là dove mostra di non aver colto l'esatta ratio decidendi della commissione tributaria regionale.

Quest'ultima non ha affatto stabilito un principio di diritto (che sarebbe effettivamente erroneo, se pronunciato) in base al quale il valore venale in comune commercio dell'immobile non può in alcun caso essere tratto da una dichiarazione di successione pertinente alla fattispecie;
essa si è invece limitata a rilevare come, nella concretezza del caso, l'avviso di rettifica non potesse ritenersi adeguatamente motivato sol perchè richiamante i valori di una dichiarazione di successione inadatta allo scopo.

E ciò perchè si trattava di una dichiarazione di successione che non poteva rendere i contribuenti adeguatamente edotti dei parametri di comparabilità estimativa dei beni, in quanto: - non allegata nè riprodotta nell'avviso;
- concernente un atto privato intercorso tra diversi soggetti, e non di pubblico dominio;
- indicata con estremi incompleti.

Tutto ciò impediva ai contribuenti di individuare - dall'avviso - comprensibili criteri di determinazione comparativa del maggior valore rettificato.

La valutazione così resa dal giudice di merito non soltanto non integra la violazione normativa lamentata, ma attua essa stessa - nella peculiarità del caso - univoche disposizioni legislative, secondo cui l'atto impositivo deve essere motivato ( L. n. 212 del 2000, art. 7) alla stregua dei provvedimenti amministrativi, ex L. n. 241 del 1990, art. 3, indicando "i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione dell'amministrazione";
e, inoltre, deve contenere ( D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2), oltre all'indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti presi in considerazione, nonchè delle aliquote applicate nel calcolo della maggiore imposta, anche l'indicazione "degli elementi di cui all'art. 51 in base ai quali (il valore attribuito) è stato determinato". A sua volta, l'art. 51, commi 2 e 3 stabilisce che per gli atti che hanno ad oggetto beni immobili,

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