Cass. pen., sez. II, sentenza 02/05/2022, n. 17019

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 02/05/2022, n. 17019
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17019
Data del deposito : 2 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: CACCIAPUOTI DOMENICO nato a VILLARICCA il 25/02/1935 avverso la sentenza del 22/06/2020 della CORTE APPELLO di NAPOLIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE COSCIONI;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore E P, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
lette le note del difensore dell'imputato, Avv. G P, che ha insistito nei motivi di ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di C D propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, che aveva confermato la condanna di C per i reati di cui agli artt. 644 cod.pen. (capo A), 110 cod.pen., 12 quinquies L.356/92 (capo B), 2 e 7 L.895/67 (capo C), 56, 110, 629 commi 1 e 2 cod.pen. (capo D) 1.1 II difensore osserva, relativamente al reato di usura, come l'estensore della sentenza di appello non si fosse accorto delle dettagliate argomentazioni contenute nei motivi di appello circa l'impossibilità per i primi giudici di operare una corretta e documentata determinazione della entità dell'interesse pagato (o anche solo pattuito) per ricavarne una contestazione di eccedenza rispetto ai limiti legislativamente tollerati per gli interessi usurari;
la Corte di appello non aveva inoltre considerato le condizioni della persona offesa Savanelli Teresa„ (età avanzata, ruolo secondario nella vicenda e livello culturale) e che il Tribunale aveva ritenuto di poter acriticamente recepire le conclusioni della Guardia di Finanza, pur in presenza di una specifica richiesta di perizia circa l'entità delle somme erogate, delle somme restituite e degli interessi pattuiti.

1.2 Quanto al reato di tentata estorsione, il difensore rileva che l'assenza di una specifica denuncia da parte delle persone offese non era stata indicata come elemento di valutazione e di discredito generale delle accuse nei confronti di C e del coimputato D'Altrui, ma come necessità di ricostruzione completa dell'episodio, soprattutto in relazione alle espressioni adottate e all'atteggiamento assunto: la sentenza appellata si era limitata a riportare le espressioni adoperate ("i creditori si sono stancati", "i soldi si devono restituire"), che ben potevano riferirsi al debito derivante dal prestito (richiesta assolutamente legittima) e non dal quid pluris costituito dall'interesse usurario.

1.3 Il difensore lamenta poi che nei motivi di appello ci si era doluti della sentenza affermativa di responsabilità senza disporre un accertamento tecnico e qualificando "discrete" le condizioni dell'arma e riferendo l'espressione usata dall'imputato ("un ferro"): al giudizio apodittico dell'agente la Corte di appello aveva sostituito, per giunta senza visione diretta, il proprio altrettanto apodittico giudizio, in assoluto dispregio dell'obbligo di motivazione.
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