Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 27/12/2021, n. 41581

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 27/12/2021, n. 41581
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 41581
Data del deposito : 27 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

te SENTENZA sul ricorso 27901-2019 proposto da: FIERA ROMA S.R.L. IN CONCORDATO PREVENTIVO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE TRE MADONNE

8, presso lo studio degli avvocati DOMENICO DE F, M M, che la rappresentano e 2021 difendono;
3072

- ricorrente -

contro

POLETTI LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ARCHIMEDE

112, presso lo studio dell'avvocato FABRIZIO PVAROTTI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCESCO TANCA, VINCENZO CASELLA;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 3033/2019 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 22/07/2019 R.G.N. 194/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/10/2021 dal Consigliere Dott. G C;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M F visto l'art. 23, comma 8 bis del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176, ha depositato conclusioni scritte. RG 27901/2019 Fatti di causa 1. La Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 3033/2019, in riforma della pronuncia n. 10139/2018 resa dal Tribunale della stessa sede, ha dichiarato la nullità del licenziamento intimato in data 4.11.2016 a L P dalla Fiera di Roma in concordato preventivo srl e ha condannato la società a corrispondere al lavoratore una indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello della effettiva reintegrazione, oltre accessori e regolarizzazione previdenziale ed assistenziale.

2. Il recesso era stato intimato per giustificato motivo oggettivo dopo che la società, in data 2.2.2015, aveva avviato una procedura di licenziamento collettivo per un esubero di 23 lavoratori (tra cui il P), conclusasi con intimazione di licenziamento in data 23.6.2015 cui era seguita l'impugnazione e la condanna giudiziale, in separato procedimento, per la società alla reintegrazione, avvenuta in data 1.4.2016. 3. I giudici di seconde cure, premessa l'ammissibilità del reclamo ex lege n. 92 del 2012 ed esclusa la discriminatorietà del licenziamento per assenza di specifici fattori di rischio previsti dall'ordinamento, hanno rilevato che il primo licenziamento era stato adottato in quanto il P era addetto ad un ufficio soppresso;
che tale licenziamento era stato annullato per violazione dei criteri di scelta e per la mancata comparazione del P con tutti i dipendenti che svolgevano mansioni omogenee, in mancanza di oggettive esigenze tecnico-produttive e adeguatamente giustificate;
che la conseguente reintegra del 16.9.2016, disposta in favore del P, era avvenuta in via meramente formale in quanto l'Ufficio Estero, cui era addetto„ era stato soppresso e mai più ricostituito dopo il giugno 2015;
che il secondo recesso era fondato sul fatto che non vi era più la possibilità di impiegare il lavoratore in ragione della già avvenuta soppressione di quell'ufficio e della indisponibilità di ulteriori posizioni lavorative incompatibili;
che, pertanto, da tutta la sequenza della vicenda, emergeva l'esistenza di uno schema volto a porre nel nulla l'ordine di reintegrazione che realizzava una fattispecie di frode alla legge cui seguiva i RG 27901/2019 la nullità del licenziamento con ogni conseguenziale tutela reintegratoria e risarcitoria.

4. Per la cassazione della sentenza di secondo grado ricorre la Fiera di Roma srl, in concordato preventivo, con due motivi.

5. Resiste con controricorso L P.

6. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, ai sensi dell'art. 23 comma 8 bis del d.I n. 137 del 2000 coordinato con la legge di conversione n. 176 del 2020, chiedendo il rigetto del ricorso.

7. Le parti hanno depositato memorie. Ragioni della decisione 8. taiè I motivi possono essere così sintetizzati.

9. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 5 cpc, l'omesso esame delle difese di essa società in relazione alla sussistenza del giustificato motivo oggettivo posto a base del licenziamento irrogato al P in data 4.11.2016, nuovo ed ulteriore rispetto alle motivazioni che avevano portato alla apertura della procedura di mobilità del 2015 e al licenziamento del P nonché la violazione degli artt. 115 e 116 cpc, ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere erroneamente ritenuto la Corte territoriale la identità tra il motivo sostanziale del licenziamento collettivo e di quello individuale, ravvisato nella soppressione dell'Ufficio Estero. 10. Con il secondo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1344 e 1423 cc, per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto l'esistenza di uno schema elusivo diretto a porre nel nulla l'ordine di reintegrazione, senza verificare se il secondo licenziamento costituisse semplice rinnovazione del precedente o rappresentasse un recesso basato su nuovi e differenti motivi organizzativi. 11. Il primo motivo è inammissibile. 12. Invero, va osservato che l'omesso esame di difese non rientra nel perimetro applicativo del nuovo art. 360 n. 5 cpc. 13. L'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nell'attuale testo modificato dall'art. 2 del d.lgs. n. 40 del 2006, riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all'omesso esame di un fatto controverso e decisivo 2 AI RG 27901/2019 per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest'ultimo profilo (Cass. n. 22397/2019). 14. La censura -come articolata- è diretta, invece, ad ottenere una mera rivisitazione nel merito del materiale istruttorio posto alla base della decisione della Corte territoriale, che ha congruamente e adeguatamente motivato, con un accertamento pertanto insindacabile in sede di legittimità, in ordine alle ragioni per le quali il secondo licenziamento individuale in punto di fatto era da considerarsi illegittimo, risolvendosi in una riproposizione dei motivi già posti alla base del primo licenziamento collettivo già annullato. 15. Anche il secondo profilo di doglianza, relativo alla presunta violazione degli artt. 115 e 116 cpc, risulta inammissibile. 16. In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell'art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo "prudente apprezzamento", pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione. 17. Per dedurre, invece, la violazione dell'art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e RG 27901/2019 la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall'art. 116 c.p.c. (Cass. Sez. Un. n. 20867/2020). La violazione dell'art. 115 c.p.c. come vizio di legittimità, quindi, può prospettarsi non in riferimento all'apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice di merito, ma solo sotto due ulteriori profili: da un lato, qualora il medesimo, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza ovvero, quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale. 18. Nel caso di specie, invece, il ricorrente richiede in sostanza un nuovo apprezzamento delle risultanze probatorie rispetto a quello compiuto dal Giudice di merito, lamentandone una pretesa erronea valutazione in ordine alle ragioni giustificative dei due licenziamenti intervenuti nei confronti del dipendente;
in quanto tale la richiesta è stata inammissibilmente formulata in questa sede. 19. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile. 20. Appare opportuno evidenziare la peculiarità del negozio in frode alla legge, che trova espressa disciplina normativa all'art. 1344 c.c. 21. Essa consiste nel fatto che gli stipulanti raggiungono, attraverso gli accordi contrattuali, il medesimo risultato vietato dalla legge: con la conseguenza che, nonostante il mezzo impiegato sia lecito, è illecito il risultato che attraverso l'abuso del mezzo e la distorsione della sua funzione ordinaria si vuole in concreto realizzare (Cass. n. 1523/2010). 22. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha ritenuto illegittimo il licenziamento individuale, essendosi quest'ultimo risolto in una mera riproposizione dei termini e dei contenuti sviluppati nella procedura di riduzione del personale del primo licenziamento del lavoratore ed andando a configurare, quindi, uno schema fraudolento vietato ai sensi dell'art. 1344 c.c. RG 27901/2019 23. Rappresenta un principio giurisprudenziale consolidato quello in base al quale la verifica in ordine alla sussistenza della frode alla legge, che si realizza ove si manifesti una divergenza fra la causa tipica dell'atto negoziale e la determinazione causale del suo autore indirizzato alla elusione dei una norma imperativa, è rimessa al giudice di merito, la cui valutazione è incensurabile in sede di legittimità, laddove congruamente e adeguatamente motivata (Cass. n. 2874/2008;
Cass. n. 23042/2018;
Cass.n. 10869/2021). 24. In particolare, il giudice di merito nel verificare se un licenziamento per giustificato motivo oggettivo disposto per gli stessi motivi già addotti a fondamento di un precedente licenziamento collettivo illegittimo realizzi uno schema fraudolento ex art. 1344 c.c., deve compiere una valutazione unitaria e complessiva e non atomistica di ulteriori indici sintomatici dell'intento elusivo, quali la mancata ottemperanza del datore all'ordine giudiziale di reintegra e la contiguità temporale del secondo recesso. 25. Nel caso de quo la Corte territoriale ha svolto un esame puntuale ed approfondito delle circostanze fattuali, facendo riferimento anche agli indici rivelatori della sussistenza di un negozio in frode alla legge ex art. 1344 c.c. e ha fornito sul punto una motivazione adeguata e coerente con i dati processuali acquisiti sicché siffatta valutazione risulta incensurabile in questa sede. 26. Si rivela altresì priva di pregio la censura concernente la presunta violazione dell'art. 1423 c.c. 27. Infatti, la Corte territoriale, dopo aver ritenuto che il secondo licenziamento fosse nullo ai sensi dell'art. 1344 c.c., ha escluso che tale rinnovazione costituisse un negozio diverso dal precedente e ha, quindi, concluso che esso rientrasse nell'ambito applicativo dell'art. 1423 c.c., disposizione volta ad evitare la possibilità di sanatoria di un negozio nullo con effetti ex tunc. 28. Anche questo profilo di censura, sebbene articolato nei termini di violazione di legge, mira unicamente ad ottenere una rivisitazione nel merito dell'intera vicenda fattuale, tendendo il motivo a sostituire la convinzione del Giudice di merito con quella prospettata dalla parte istante. RG 27901/2019 29. Alla stregua di quanto esposto il ricorso va dichiarato inammissibile. 30. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. 31. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
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