Cass. civ., SS.UU., sentenza 18/11/2008, n. 27337

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Massime1

Qualora l'illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche per difetto di querela, all'azione risarcitoria si applica l'eventuale più lunga prescrizione prevista per il reato (art. 2947, terzo comma, prima parte, cod. civ.) perché il giudice, in sede civile, accerti "incidenter tantum", e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto-reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi. Detto termine decorre dalla data del fatto, da intendersi riferito al momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto - o avrebbe dovuto avere, usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche - sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 18/11/2008, n. 27337
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 27337
Data del deposito : 18 novembre 2008
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente -
Dott. V P - Presidente di sezione -
Dott. P E - Presidente di sezione -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. V G - Consigliere -
Dott. D'

ALONZO

Michele -Consigliere -
Dott. S G - Consigliere -
Dott. F F M - Consigliere -
Dott. S A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
N A, in qualità di tutore di N P elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

VILLINI

13/15, presso lo studio dell'avvocato M R, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato T P, giusta delega in calce al ricorso;



- ricorrente -


contro
A ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEGLI SCIALOJA

6, presso lo studio dell'avvocato O L, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati DI LUCA VITO, GIANOGLIO GIORGIO, giusta delega a margine del controricorso;



- controricorrente -


e contro
MUSCUSO GAZIA, RAPISARDA ANTONINIO;



- intimati -


avverso la sentenza n. 1403/2002 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 17/10/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/10/2008 dal Consigliere Dott. SEGETO ANTONIO;

udito l'Avvocato DI

LUCA

Vito;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. NARDI VINCENZO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 24.3.1999 Nicolosi Antonino e Pantò Carmela, in proprio e quali legali rappresentanti dei figli minori Paolo, Davide e Lucia, convenivano in giudizio dinanzi al tribunale di Torino Muscuso Grazia e Rapisarda Antonino, rispettivamente conducente e proprietario di un'autovettura Fiat Panda, nonché l'Axa Assicurazioni s.p.a., quale impresa assicuratrice, chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti a sinistro stradale, avvenuto il 24.4.1994, nel quale era rimasto coinvolto il minore Nicolosi Paolo, che aveva riportato lesioni personali con postumi permanenti invalidanti del 100%. Si costituivano i convenuti, eccependo l'improcedibilità della domanda e la prescrizione biennale.
Il Tribunale di Torino, con sentenza depositata il 9.9.2000, dichiarava improcedibile tutte le domande, ad eccezione di quella del minore Nicolosi Paolo, il cui diritto veniva dichiarato prescritto. Proponeva appello Nicolosi Antonino nella qualità di tutore provvisorio del figlio Nicolosi Paolo. Resistevano gli appellati. La corte di appello di Torino respingeva l'appello con sentenza depositata il 17.10.2002. Riteneva la corte di merito che nella fattispecie era applicabile il termine biennale di prescrizione di cui all'art. 2947 c.c., comma 2, non essendo stata proposta querela per il reato di lesioni, secondo quanto statuito da Cass. S.U. n. 5121 del 2002;
che non era stata effettuato nei termini alcun atto interruttivo;
che la documentazione esibita in appello non era ammissibile a norma dell'art. 345 c.p.c.. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione Nicolosi Antonino, nella qualità di tutore di Nicolosi, che ha anche presentato memoria.
Resiste con controricorso l'Axa Assicurazioni s.p.a. La terza Sezione civile di questa Corte, ravvisando un possibile contrasto tra i principi posti a base della decisione delle S.U. n. 1479 del 1997 e quelli su cui si fonda la sentenza n. 5121 del 2002, che aveva espressamente ritenuto che la mancanza di querela rendeva inapplicabile il più lungo termine di prescrizione di cui al comma terza dell'art. 2947 c.c., ed in ogni caso ritenendo di non
condividere tale ultima decisione, tenuto conto dell'evoluzione legislativa e giurisprudenziale, rimetteva gli atti al Primo Presidente, che ne disponeva l'assegnazione alle Sezioni Unite Civili.
MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 2947 c.c., comma 3, in relazione all'art. 360 c.p.c., n.

3. Assume il ricorrente che, in ipotesi di lesioni da sinistro stradale, l'applicabilità del più lungo termine prescrizionale di cui all'art. 2947 c.c., comma 3, rispetto a quello previsto dal cit. art. comma 2, non può essere esclusa dalla circostanza che non sia stata presentata querela per il reato di lesioni colpose, tenuto conto che la querela è solo una condizione di procedibilità del reato e non un elemento sostanziale dello stesso;
che ciò comporta una disparità di trattamento con le - ipotesi in cui per il reato si procede di ufficio;
che, in ogni caso, tale interpretazione penalizza i danneggiati dal reato, che non siano anche persone offese e quindi titolari del diritto di querela.


2. Il motivo è fondato e va accolto.
Le norme giuridiche di riferimento sono racchiuse nell'art. 2947 c.c., in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.
Il comma 1, dell'art. in questione prevede la prescrizione breve del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito, fissando in anni cinque il termine relativo, con decorrenza dal giorno in cui il fatto si è verificato. Il comma 2, prevede un termine ancora più breve, pari ad anni due, per la sola ipotesi di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie.
Infine, il comma 3, dispone, nella prima parte, che in ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all'azione civile.
Prosegue stabilendo che tuttavia, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione o è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati dai primi due commi, con decorrenza dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile.
Si tratta, come è evidente, di un regime prescrizionale singolarmente articolato ed asimmetrico che, in linea generale, per le istanze risarcitorie scaturenti da fatto illecito, stabilisce un termine di prescrizione più breve rispetto a quello ordinario di dieci anni;
in chiave derogatoria (rispetto a quella linea generale), un termine ancora più contenuto, per l'ipotesi in cui il fatto generatore del danno si riconnetta alla specifica dinamica della circolazione stradale;
e da ultimo, con riferimento ad entrambe le fattispecie risarcitorie (fatto illecito ordinario e fatto illecito da circolazione dei veicoli di ogni specie), una norma di rinvio in bianco quanto alla durata del termine, nel caso in cui quel fatto dannoso è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, giacché, in tale ipotesi, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno è commisurato al termine prescrizionale previsto dal reato, ove sia più breve di questo.
La norma è in bianco in quanto, come è risaputo, l'art. 157 c.p., nel determinare il tempo necessario a prescrive, non stabilisce una misura temporale fissa, bensì un ordine decrescente di maturazione (anche dopo la modifica apportata dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251) in rapporto ai diversi limiti di pena edittale. Di talché, se ed in quanto il fatto generatore del danno sia considerato dalla legge come reato e se ed in quanto per il reato sia previsto (in base alla pena edittale) un termine di prescrizione superiore - rispettivamente - a cinque od a due anni, trova applicazione anche per l'azione civile il più lungo termine prescrizionale previsto per il reato.

3.1. In merito all'interpretazione di tale norma si sono avuti vari contrasti.
Un primo atteneva agli effetti in sede civile delle cause di interruzione e sospensione della prescrizione di natura penale del reato. Esso fu risolto dalle S.U. con l'affermazione del principio secondo cui in base all'art. 2947 c.c., comma 3, il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, che sia considerato dalla legge come reato, si prescrive nello stesso termine di prescrizione del reato se quest'ultimo si prescrive in un termine superiore ai cinque anni, mentre si prescrive in cinque anni se per il reato è stabilito un termine uguale o inferiore, nel qual caso il termine di prescrizione dell'azione civile decorre dalla data di consumazione del reato e non assumono rilievo eventuali cause di interruzione o sospensione della prescrizione relative al reato, essendo ontologicamente diversi l'illecito civile e quello penale (Cass. Sez. Unite, 18/02/1997, n. 1479). Un secondo contrasto aveva ad oggetto il dies a quo della decorrenza della prescrizione. Ritennero le S.U. che, in caso di fatto illecito che costituisca anche reato, per il quale sia stato pronunciato decreto di archiviazione (nel regime dell'abrogato codice di rito) per mancanza di querela, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno comincia a decorrere dalla data del provvedimento di archiviazione, senza che invece rilevi la data del visto apposto dal p.m. al decreto stesso (Cass. Sez. Unite, 02/10/1998, n. 9782).

3.2. Un terzo contrasto aveva ad oggetto la durata del termine prescrizione nell'ipotesi in cui reato fosse procedibile a querela e questa non fosse stata presentata (caso identico a quello riproposto all'esame di queste S.U.).
Hanno ritenuto le S.U. che in tema di danni derivanti dalla circolazione dei veicoli, ove il fatto illecito integri gli estremi di un reato perseguibile a querela e quest'ultima non sia stata proposta, trova applicazione, ancorché per il reato sia stabilita una prescrizione più lunga di quella civile, la prescrizione biennale di cui all'art. 2947 c.c., comma 2, decorrente dalla scadenza del termine utile per la presentazione della querela medesima (Cass. S.U., 10/04/2002, n. 5121). A questa conclusione la Corte, in conformità con le ragioni addotte dalla giurisprudenza e dottrina conformi a tale orientamento, giungeva sulla base della pretesa ratio ispiratrice dell'art. 2947, comma 3.
Riteneva la corte che essa, già indicata "nell'esigenza di tutela dell'affidamento del danneggiato nella conservazione del diritto (al risarcimento) per la prevedibile durata della pretesa punitiva dello Stato" (Cass., 22 maggio 1996 n. 4740), è stata enunciata con particolare chiarezza, sia pure incidentalmente, nella sentenza delle Sezioni Unite 2 ottobre 1998 n. 9782, affermando che "la ragione giustificatrice dell'aggancio del termine prescrizionale dell'azione civile a quello eventualmente più lungo di prescrizione dell'azione penale (art. 2947 c.c., comma 3) va individuata nell'esigenza di evitare che l'autore di un reato, dichiarato responsabile e condannato in sede penale, resti esente dall'obbligo di risarcimento verso la vittima - il cui diritto rimarrebbe vanificato - in conseguenza dell'avvenuta più breve prescrizione civile durante il tempo necessario per l'accertamento della responsabilità penale, o, comunque, di impedire che l'azione di risarcimento del danno si estingua quando è ancora possibile che l'autore del fatto sia perseguito penalmente".
Questa essendo la "ratio" dell'eccezionale assimilazione della prescrizione civile a quella, eventualmente più lunga, prevista per il fatto - reato, era di tutta evidenza che siffatta esigenza veniva meno nell'ipotesi in cui la querela, necessaria per la perseguibilità concreta dell'illecito penale, non fosse stata proposta perché, non essendo mai stato avviato un procedimento, era escluso il rischio che il diritto risarcitorio del soggetto danneggiato possa estinguersi, "medio tempore", per effetto della normale prescrizione biennale.
Inoltre, a fronte se non proprio di una volontà contraria all'esercizio dell'azione penale, quanto meno di un disinteresse così manifestato implicitamente dal danneggiato, non avrebbe avuto alcun senso accordargli il favore di un più lungo termine di prescrizione, essendo la querela una condizione di procedibilità "sui generis", dipendente in via esclusiva dalla sola volontà dell'interessato. Ne conseguiva che, ove la querela non fosse stata proposta, doveva trovare applicazione la prescrizione biennale di cui al cit. art. 2947 c.c., comma 2. Inoltre osservava la Corte che non si ravvisava alcuna valida - ragione logico - giuridica per trattare differentemente l'ipotesi di estinzione per remissione della querela (art. 152 c.p.) e, quindi, di sopravvenuta improcedibilità dell'azione penale, a quella di mancanza della querela, cioè di improcedibilità originaria, considerando il disposto della seconda parte del comma ("tuttavia, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione ... il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati nei primi due commi").

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