Cass. pen., sez. V, sentenza 09/06/2023, n. 25082
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: AN IR nato a [...] il [...] AN RT nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 29/06/2021 della CORTE APPELLO di TRIESTEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere
ANGELO CAPUTO
Rilevato che il difensore dei ricorrenti ha formulato richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, da ultimo, in forza dell'art.
5 -duodecies del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199. Uditi in pubblica udienza: il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione Kate Tassone, che, richiamando la requisitoria trasmessa, ha concluso per l'accoglimento del ricorso in relazione al quinto motivo di ricorso e in relazione alla necessità di rideterminare, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 222 del 2018 la durata delle sanzioni accessorie di cui all'ultimo comma dell'alt 216 I. fall. e il rigetto nel resto;
per i ricorrenti, l'Avv. Pier Luigi Coruzzi, che ha concluso per l'accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza deliberata il 29/06/2021, la Corte di appello di Trieste - dichiarato non doversi procedere in ordine ai fatti di cui alle imputazione sub a) e b), in quanto estinti per prescrizione e rideterminata la durata delle pene accessorie fallimentari in anni due - ha, nel resto, confermato la sentenza del 17/10/2017 con la quale il Tribunale di Pordenone aveva dichiarato IR EA e RT EA - entrambi quali amministratori e soci illimitatamente responsabili di Transervice s.n.c., dichiarata fallita il 05/05/2011 - del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione della somma di circa euro 590 mila di prelievi ingiustificati dalle casse della fallita e, con le circostanze attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, li aveva condannati alla pena principale di anni 2 di reclusione.
2. Avverso l'indicata sentenza della Corte di appello di Trieste hanno proposto ricorso per cassazione, con un unico atto e attraverso il difensore Avv. Pier Luigi Cocuzzi, IR EA e RT EA, articolando cinque motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia inosservanza dell'art. 216 I. fall. e vizio di motivazione in relazione all'insussistenza dell'elemento psicologico. Le contestate distrazioni risalgono al periodo 1998 - 2005, mentre la dichiarazione di fallimento è del 05/05/2011, sicché lo stato di insolvenza non poteva essere posto in rapporto causale con le condotte degli agenti, in quanto il fallimento è intervenuto ben sei anni dopo e, come sostenuto dalla sentenza n. 47502 del 2012, lo stato di insolvenza deve essere previsto e voluto dall'agente e deve essere conseguenza della sua condotta.
2.2. Il secondo motivo denuncia inosservanza degli artt. 216 e 223 I. fall. e vizi di motivazione in relazione all'insussistenza dell'elemento oggettivo. Oltre a essere amministratori della società, gli imputati erano impiegati a tempo pieno dell'impresa di famiglia, senza percepire emolumenti, retribuzioni o utili, sicché i prelievi costituivano l'unica fonte di sostentamento dei due soci/amministratori/lavoratori e le somme di cui all'imputazione erano destinate alle esigenze di vita loro e delle loro famiglie. La perizia contabile a firma GG ha dimostrato che la somma prelevata era addirittura inferiore a quanto i due amministratori avrebbero dovuto percepire a titolo di retribuzione per le rispettive qualifiche, sicché la violazione in