Cass. civ., sez. II, sentenza 13/06/2019, n. 15926
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Il giudizio di scioglimento di comunioni non è del tutto compatibile con le scansioni e le preclusioni che disciplinano il processo in generale, intraprendendo i singoli condividenti le loro strategie difensive anche all'esito delle richieste e dei comportamenti assunti dalle altre parti con riferimento al progetto di divisione ed acquisendo rilievo gli eventuali sopravvenuti atti negoziali traslativi, che modifichino il numero e l'entità delle quote; ne deriva il diritto delle parti del giudizio divisorio di modificare, anche in sede di appello (nella specie, all'udienza di precisazione delle conclusioni), le proprie conclusioni e richiedere per la prima volta l'attribuzione, per intero o congiunta, del compendio immobiliare, integrando tale istanza una mera modalità di attuazione della divisione.
Sul provvedimento
Testo completo
159 26-19 ITALIANA REPUBBLICA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO COMUNIONE LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE R. G. N. 90/2014 15926 SECONDA SEZIONE CIVILE GF. Composta dagli 111.mi Sigg.ri Magistrati: FELICE MANNA Presidente Consigliore S G Consigliere ANNAMARIA CASADONTE Rel. Consigliere R G Consigliere GIUSEPPE FORTUNATO ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 90-2014 proposto da: L R, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VINCENZO PICARDI 4 D, presso lo studio dell'avvocato M T, rappresentato е difeso dall'avvocato R L;
ricorrente - contro 2018 domiciliato in MELCHIORRE ROCCO MASSIMO, olettivamente 2042 lo studio dell'avvorato ROMA, VIA ARMELLINI 55, prosso rappresentato e difeso FAMIGLIA BAT DASSARRE/D'AMORE, dall'avvocato P M;
controricorrente avversO la sentenza n. 1036/2013 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/05/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI;
N udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. L C che ha concluso per l'accoglimento del VI motivo, rigetto dei restanti motivi di ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione del 30.10.2003, M R M conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Avellino il coniuge L R, per chiedere lo scioglimento della comunione di un appartamento, acquistato prima del matrimonio ed adibito a casa coniugale, oltre alla condanna della convenuta alla corresponsione dei frutti percepiti dall'1.04.2003, data della separazione, al rilascio. L'attore deduceva che l'acquisto dell'immobile era avvenuto in regime di comunione, ed in parti uguali, prima del matrimonio e che, dopo la separazione di fatto, risalente al marzo-aprile 2003, non aveva più avuto il godimento del bene, poiché era tornato a vivere con i propri genitori.
2. Si costituiva la convenuta, resistendo alla domanda e chiedendo, in via riconvenzionale, l'accertamento della sua esclusiva proprietà, per avere acquistato il bene con denaro proprio, prima del matrimonio;
deduceva che, con scrittura privata del 21.5.2003, il L si era obbligato a trasferire la quota del 50% dell'immobile e chiedeva emettersi sentenza costitutiva, ex art. 2932 C.C., avente ad oggetto il trasferimento della quota del 50% dell'immobile.
3. Il Tribunale di Avellino, con sentenza n. 160/2006 dichiarava inammissibile la domanda principale, rilevando che la domanda di divisione, in quanto avente ad oggetto la casa coniugale, non potesse aver luogo prima del passaggio in giudicato della sentenza di separazione;
dichiarava, altresì, inammissibile la domanda riconvenzionale, perché tardivamente proposta, e compensava per metà le spese di lite.
4. Proponeva appello M R M resistito da Rosa L, che reiterava le proprie difese ma non impugnava la statuizione della sentenza, che aveva dichiarato inammissibile la sua domanda riconvenzionale. 1 5. La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza non definitiva del 4.03.2010, riformava la sentenza di primo grado, rilevando che l'immobile, acquistato prima del matrimonio, era in regime di comunione ordinaria e non di rientrava nella comunione legale.
6. Con sentenza dell'1.3-18.3.2013, la Corte d'Appello di Napoli disponeva lo scioglimento della comunione, assegnando l'appartamento a Rocco Massimo M e determinando un conguaglio pari ad € 54.000,00 in favore di Rosa L, oltre interessi dalla decisione al saldo. Condannava Rosa L alla corresponsione dei frutti per il godimento esclusivo dell'immobile, quantificati in € 8.519,22, oltre interessi dalla domanda al saldo, e la condannava alle spese del doppio grado di giudizio.
6.1. Il giudice d'appello aderiva alle risultanze della CTU, da cui era emersa l'indivisibilità dell'immobile, e condivideva la decisione del primo giudice di assegnare il bene in favore del M, che ne aveva fatto richiesta all'udienza di precisazione delle conclusioni, mentre nessuna istanza di attribuzione era stata formulata dalla L.
6.2 Sulla base delle risultanze della CTU, la corte territoriale stabiliva il conguaglio in favore del condividente non assegnatario, senza procedere alla rivalutazione, considerato il non significativo lasso di tempo tra il deposito della relazione peritale (1.2.2011) e la decisione (1-3-19.3.2013) e l'assenza di allegazione del pregiudizio da svalutazione monetaria.
6.3 I frutti percepiti dalla L, per l'esclusivo godimento dell'immobile, venivano determinati dalla data della separazione giudiziale.
6.4. La corte territoriale rigettava la richiesta di sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 295 c.p.c. proposta dalla L, che, dopo la pronuncia di inammissibilità della domanda riconvenzionale di trasferimento della quota del 2 50% dell'immobile, aveva introdotto un autonomo giudizio, avente il medesimo oggetto, dal cui esito dipendeva il giudizio di divisione. Secondo il giudice d'appello, la sospensione del giudizio di divisione, in attesa della definizione del giudizio ex art. 2932 c.c., instaurato dalla L a seguito della dichiarazione di inammissibilità della domanda riconvenzionale, era contraria ai principi di ragionevole durata del processo.
7. Per la cassazione della sentenza, propone ricorso L R sulla base di sei motivi di ricorso;
resiste con controricorso M R M.
8. In prossimità dell'udienza, le parti hanno depositato memorie illustrative. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo di ricorso, si censura la violazione o falsa applicazione dell'art. 720 c.c., nonché il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., per avere la corte territoriale disposto l'assegnazione dell'immobile a Rocco Massimo M, nonostante la richiesta fosse stata tardivamente proposta all'udienza di precisazione delle conclusioni e dopo che il medesimo aveva richiesto la vendita del bene all'incanto. Sostiene la ricorrente che al giudizio di divisione debbano applicarsi le stesse preclusioni istruttorie previste per il giudizio ordinario, sicché la richiesta di assegnazione non avrebbe potuto essere effettuata oltre l'udienza successiva al deposito della CTU.
1.2 Il motivo non è fondato.
1.3 La questione di diritto sottoposta all'attenzione del Collegio investe il tema relativo alla tempestività dell'istanza di attribuzione di cui all'art. 720 c.c., tema che si riconnette all'ancor più generale problematica della compatibilità con il processo di divisione del regime delle preclusioni che, attualmente, connota il processo ordinario di cognizione.
1.4 Ritiene il collegio che debba darsi sicuramente continuità all'orientamento delle Sezioni Unite, secondo cui, in tema di giudizio di divisione ereditaria, le caratteristiche del relativo procedimento, rappresentate dalla finalità che esso persegue, di porre fine alla comunione con riferimento all'intero patrimonio del de cuius, non sono di per sé sufficienti a giustificare deroghe alle preclusioni tipiche stabilite dalla legge per il normale giudizio contenzioso e trovano, pertanto, applicazioni le preclusioni previste nel giudizio ordinario (Cassazione civile, sez. un., 20/06/2006, n. 14109). Tuttavia, la giurisprudenza di questa Corte, sia pur con qualche isolata pronuncia difforme, è consolidata nel ritenere che, con specifico riferimento ai limiti alla proposizione dell'istanza di attribuzione, non si può prescindere dalla specificità del giudizio di divisione, e soprattutto dall'incidenza che sul risultato della divisione possono avere le vicende soggettive che colpiscono i に condividenti, ovvero quelle oggettive concernenti i beni coinvolti nel giudizio. In tal senso, appare del tutto condivisibile quanto affermato da Cass. n. 9367/2013, e ribadito da Cassazione civile, sez. II, 19/07/2016, n. 14756, secondo cui il giudizio di scioglimento di comunioni non è del tutto compatibile con le scansioni e le preclusioni che disciplinano il processo in generale, intraprendendo i singoli condividenti le loro strategie difensive anche all'esito delle richieste e dei comportamenti assunti dalle altre parti, con riferimento al progetto di divisione, ed acquisendo rilievo gli eventuali sopravvenuti atti negoziali traslativi, che modifichino il numero e l'entità delle quote. Ne deriva, pertanto, il diritto delle parti del giudizio divisorio di mutare, anche in sede di appello, le proprie conclusioni e richiedere per la prima volta l'attribuzione, per intero o congiunta, del compendio immobiliare, integrando tale istanza una mera modalità di attuazione della divisione.