Cass. pen., sez. VI, sentenza 25/05/2023, n. 23062

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 25/05/2023, n. 23062
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 23062
Data del deposito : 25 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio nel procedimento relativo al sequestro preventivo a carico del terzo interessato P M nato il 9/11/1975 a Busto Arsizio avverso l'ordinanza 04/10/2022 del Tribunale del riesame di Varese visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M S V;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, A C, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.11 Tribunale di Varese, in accoglimento dell'istanza di riesame proposta dall'indagata C S (non ricorrente) e dal coniuge P M (terzo interessato ricorrente) avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio il 5 settembre 2022, ha annullato il predetto provvedimento per difetto del periculum in mora. Nella specie, il sequestro preventivo è stato operato sul denaro presente sul conto corrente cointestato all'indagata ed al coniuge e su una quota di proprietà di un immobile. Si contesta a C, in qualità di direttrice, dall' 1 febbraio 2012 al 24 febbraio 2020, della farmacia comunale San Giulio, e, quindi, incaricata di pubblico servizio, di essersi appropriata del denaro pubblico (341.446,43 euro), del quale aveva il possesso o, comunque, la disponibilità per ragioni del servizio;
condotta realizzata vendendo medicinali al pubblico, registrandone l'uscita dal magazzino, omettendo, però, di emettere scontrino fiscale, in tal modo non contabilizzando le entrate. Il Tribunale del riesame di Varese ha richiamato la sentenza Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 - 01, sottolineando l'irrilevanza, nel caso di specie, del fatto che la confisca sia stata adottata ai sensi dell'art. 322-ter cod. pen., poiché, anche in questo caso, deve ritenersi sussistente un identico obbligo motivazionale in capo al giudice della cautela. La motivazione del Giudice delle indagini preliminari - a giudizio del Collegio della cautela - è una mera petizione di principio poiché si limita a sostenere che: "è evidente che l'omessa adozione della cautela reale, lasciando la libera disponibilità da parte dell'odierna indagata del denaro, di cui ha la disponibilità, nonché degli altri beni immobili/mobili di cui la stessa, anche tramite soggetti interposti, risulta titolare, potrebbe frustarne l'ablazione definitiva, in considerazione della particolare natura dei beni acquisendi, suscettibili di agevole occultamento /sottrazione/reimpiego e/o dispersione.

2. Avverso l'ordinanza, ricorre il Pubblico ministero di Varese, deducendo la violazione di legge in relazione all'art. 321 cod. proc. pen. e, in ogni caso, in relazione al requisito del periculum in mora. Si contesta la qualificazione del sequestro, rilevando come lo stesso sia stato disposto ai sensi dell'art. 321, comma 2-bis cod. pen., trattandosi di profitto del reato di peculato, rispetto al quale non può trovare applicazione il principio posto a fondamento della decisione impugnata espresso dalle Sezioni Unite Ellade, che ha circoscritto l'ambito di operatività alla ipotesi di cui all'art. 321, comma 2, cod. proc. pen., connotata dalla discrezionalità della misura. In particolare, qualora sussista il fumus di uno dei delitti contro la Pubblica amministrazione, è sufficiente, ai fini dell'adozione della misura del sequestro preventivo, il mero presupposto della confiscabilità del bene, senza alcuna ulteriore specificazione in ordine alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio con la sentenza di condanna o di applicazione pena. Se è vero che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice è tenuto a spiegare, in termini che potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio, ciò non significa, in automatico, che il requisito del periculum in mora debba sempre atteggiarsi in termini di concretezza e attualità.

3. La difesa ha depositato una memoria, nella quale evidenzia che il Giudice delle indagini preliminari, nelle motivazioni del decreto di sequestro, ha mostrato in modo inequivoco l'intendimento di qualificare ai sensi dell'art. 321, comma 2, cod. proc. pen. il sequestro preventivo finalizzato alla confisca e la Corte di Cassazione non può mutare la qualificazione giuridica data al sequestro, senza che i ricorrenti abbiano presentato uno specifico motivo di doglianza in tal senso. Osserva, inoltre, la difesa che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, del quale si discute, rappresenta un'anticipazione degli effetti della sanzione punitiva rispetto alla sentenza di condanna, nella misura in cui priva il titolare del diritto di proprietà sul bene stesso, prima che il fatto di reato sia definitivamente accertato. Tale anticipazione degli effetti della sanzione punitiva, tuttavia, pare chiaro non possa conseguire alla semplice sussistenza del presupposto del fumus. Quest'ultimo, con riguardo al sequestro preventivo, infatti, richiede la astratta riconducibilità del fatto storico oggetto di esame alla norma incriminatrice, che si assume essere stata violata. Risulta evidente, allora, come non sia accettabile che gli effetti della sanzione punitiva vengano anticipati, rispetto alla sentenza di condanna, sulla base della sussistenza di un unico presupposto assai più tenue rispetto a quello necessario per applicare la sanzione punitiva stessa. In tal senso, allora, il presupposto del periculum rappresenta una guarentigia indefettibile che consente, appunto, di colmare il vuoto che sussiste nell'accertamento del fatto, tra il momento di applicazione della cautela reale e la sentenza. Pare evidente come il Tribunale del Riesame di Varese, anche laddove avesse riqualificato ai sensi dell'art. 321, comma 2-bis, cod. proc. pen. il sequestro emesso dal G.i.p. del Tribunale di Busto Arsizio ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen., avrebbe, comunque, dovuto valutare la sussistenza del presupposto del periculum in mora, secondo una lettura del dettato normativo rispettosa degli artt.27, comma 2, Cost. e 117 Cost. quale parametro interposto rispetto agli artt. 6, 7 e 1 prot. 1 CEDU.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Ritiene preliminarmente il Collegio che la "riqualificazione" da parte del Tribunale del riesame del disposto sequestro ai sensi del comma 2-bis dell'art. 321 cod. proc. pen., anziché ai sensi del secondo comma del medesimo articolo, sia del tutto legittima, trattandosi, in entrambi i casi, di provvedimento ablatorio strumentale alla confisca, con l'unica differenza che, nel caso in esame, il reato per il quale si procede è costituito dal peculato, e, quindi, da uno dei delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, per i quali è espressamente applicabile il comma 2-bis dell'art. 321 cod. proc. pen.

3. Occorre premettere che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848, hanno affermato il principio di diritto, secondo il quale: "Il provvedimento di sequestro preventivo di cui all'art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all'art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili "ex lege". (Fattispecie relativa a sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato in ordine al quale la Corte ha chiarito che l'onere di motivazione può ritenersi assolto allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato).
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