Cass. civ., sez. I, sentenza 12/12/2012, n. 22763
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Nella società per azioni quotata in borsa, l'elenco nominativo dei partecipanti all'assemblea, allegato al verbale redatto da notaio, non fa prova fino a querela di falso dell'effettiva titolarità della partecipazione sociale in capo al soggetto indicato nell'elenco, giacché lo "status" di socio è una situazione giuridica, non un fatto storico che il pubblico ufficiale possa attestare come vero, non essendo preclusa, quindi, senza che neppure occorra un formale disconoscimento della scrittura, la dimostrazione, con altri mezzi, dell'essere il partecipante intervenuto non in proprio nome, ma in nome altrui. Pertanto, la deliberazione assembleare presa col voto di un soggetto che non abbia inviato alla CONSOB la comunicazione prescritta dall'art. 120 del d.lgs. n. 58 del 1998 non è invalida, ove comunque risulti che egli non abbia votato nell'esercizio della propria partecipazione sociale, rilevante ai fini dell'obbligo di comunicazione, bensì quale depositario delle azioni altrui.
Nella società per azioni quotata in borsa, i cui titoli azionari siano stati immessi nel sistema di deposito accentrato, il diritto del socio di intervenire e votare in assemblea non presuppone in via assoluta il deposito presso la sede sociale, nei cinque giorni precedenti l'adunanza, della certificazione del depositario recante l'indicazione del diritto sociale esercitabile, essendo sufficiente, qualora non vi sia una diversa disposizione statutaria, che tale certificazione sia esibita dall'interessato in assemblea, ancorché essa si tenga in seconda convocazione, poiché la "ratio" dell'onere di preventivo deposito cartolare - sancito dall'art. 2370 cod. civ. e dall'art. 4 della legge n. 1745 del 1962 per assicurare alla società un tempo sufficiente alla verifica dei titoli di partecipazione - non si estende alle azioni "dematerializzate", per le quali la verifica è affidata al depositario certificante ex art. 85 del d.lgs. n. 58 del 1998. (Principio affermato riguardo alla disciplina vigente all'epoca della delibera impugnata, assunta dall'assemblea nell'anno 2000).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C C - Presidente -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. R R - rel. Consigliere -
Dott. D A S - Consigliere -
Dott. G M C - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3410-2007 proposto da:
F C (c.f. FBRCRL46H23E125Z), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI BETTOLO 4, presso l'avvocato B M F, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
ARTIFICIAL INTELLIGENCE SOFTWARE S.P.A.;
- intimata -
sul ricorso 7673-2007 proposto da:
EXPRIVIA S.P.A. (C.F. 00721090298), denominazione assunta da ARTIFICIAL INTELLIGENCE SOFTWARE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 36, presso l'avvocato DE V P V, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato C A, rispettivamente giusta procura speciale per Notaio MAURO ROBERTO ZANNA di MOLFETTA - Rep. n. 4587 del 30.10.2012 e procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
F C;
- intimato -
avverso la sentenza n. 2434/2006 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 07/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/11/2012 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;
udito, per il ricorrente, l'Avvocato BROCHIERO MAGRONE F, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale, rigetto dell'incidentale;
udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l'Avvocato DE VITO P.V. (con procura speciale Notaio allegata alla memoria) che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, assorbito l'incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico che ha concluso per l'inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso principale assorbito il ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato l'8 gennaio 2001 il sig. Carlo F, socio della Artificial Intelligence Software s.p.a., quotata in borsa, citò detta società in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano per far dichiarare nulla o giuridicamente inesistente, ovvero per far annullare, la deliberazione assembleare assunta l'8 novembre 2000, con la quale, previa revoca di una precedente deliberazione sul medesimo oggetto, era stato adottato un nuovo piano di stock options e, di conseguenza, era stato disposto un aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione spettante ai soci. L'invalidità della deliberazione impugnata derivava, a parere dell'attore, sia dal fatto che alcuni tra i partecipanti all'assemblea non avevano correttamente provveduto a depositare preventivamente le loro azioni presso la sede sociale nei cinque giorni precedenti l'adunanza, sia dal fatto che uno dei soci, titolare di una partecipazione superiore al 2% del capitale, aveva esercitato il diritto di voto senza avere adempiuto il prescritto obbligo di comunicazione alla Consob.
Essendo state le sue domande rigettate dal tribunale, l'attore propose gravame, che fu però anch'esso rigettato dalla Corte d'appello di Milano, con sentenza depositata in cancelleria il 7 ottobre 2006. La corte d'appello, dopo avere preliminarmente disatteso un'eccezione d'inammissibilità dell'impugnazione per pretesa genericità dei motivi di gravame, ritenne che la disciplina della cosiddetta dematerializzazione delle azioni di società quotate abbia fatto venir meno l'onere, per il socio partecipante all'assemblea, di depositare preventivamente nella sede sociale il proprio titolo azionario. Sarebbe invece sufficiente l'esibizione, all'atto dell'intervento in assemblea, della certificazione, rilasciata dall'intermediario presso cui l'azione è stata depositata, in cui si attesta la partecipazione al sistema di gestione accentrata degli strumenti finanziari in conformità alla previsione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 85, comma 4, e degli artt. 33 e 34 del regolamento di
attuazione emanato dalla Consob. Quanto poi all'assunto secondo il quale uno dei soci, il Morgan Garanty Trust di New York, avrebbe votato in assemblea senza precedentemente comunicare alla Consob la propria partecipazione, superiore al 2% del capitale della società quotata, la corte distrettuale condivise il giudizio del tribunale, secondo cui la documentazione prodotta in causa dimostrava come il predetto Morgan Garanty Trust non aveva preso parte all'assemblea in veste di socio, bensì quale depositario delle azioni di cui era titolare altro soggetto;
ne' in contrario avrebbe potuto darsi valore decisivo al fatto che il Morgan Garanty Trust figurava tra i soci menzionati nell'elenco facente parte integrante del verbale redatto da notaio, non estendendosi il valore fidefacente di tale verbale alla corrispondenza al vero dei fatti storici riferiti nell'elenco nominativo che il notaio aveva attestato essergli stato consegnato all'atto dell'assemblea.
Per la cassazione di tale sentenza il sig. F ha proposto ricorso, articolato in due motivi.
La Artificial Intelligence Software - frattanto divenuta Exprivia - s.p.a. si è difesa con controricorso ed, a propria volta, ha formulato tre motivi di ricorso incidentale, sia pure in via condizionata, depositando poi anche memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I ricorsi proposti avverso la medesima sentenza debbono preliminarmente esser riuniti, come dispone l'art. 335 e.p.c.. 2. Col primo motivo il ricorrente principale sostiene che la corte d'appello avrebbe violato l'art. 2370 c.c. e del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 85, comma 4, (testo unico della finanza, in prosieguo
indicato con l'ormai consueta denominazione tuf). Lamenta inoltre che la motivazione dell'impugnata sentenza sia insufficiente e contraddittoria relativamente ad un punto controverso e decisivo del giudizio.
2.1. Conviene sgomberare subito il campo da quest'ultimo rilievo - enunciato in premessa, ma poi in verità neppure compiutamente sviluppato nel corpo del motivo di ricorso - che si profila inammissibile per l'assoluta mancanza di quel momento di sintesi, idoneo a circoscrivere puntualmente i limiti della doglianza così da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità, che, a norma dell'art. 366-bis c.p.c. (applicabile ratione temporis al ricorso in esame), deve
sempre accompagnare le censure afferenti ai vizi di motivazione (cfr., ex multis, Sez. un. 1 ottobre 2007, n. 20603).
2.2. Venendo alle questioni di diritto, occorre premettere che la deliberazione assembleare impugnata risale all'anno 2000. La normativa cui si farà d'ora in avanti riferimento, senza necessità di ulteriormente specificarlo, sarà quindi, sia quanto al codice civile sia quanto alla legislazione speciale (primaria e secondaria),
non già l'attuale bensì quella vigente all'epoca.
È noto che l'esercizio del diritto d'intervento e di voto nell'assemblea di società per azioni era stato subordinato dal legislatore del 1942 a due alternative condizioni di legittimazione:
l'iscrizione da almeno cinque giorni nel libro dei soci oppure il deposito del titolo azionario, entro il medesimo termine, presso la sede sociale o presso uno degli istituti di credito a tal fine indicati nell'avviso di convocazione. Così disponeva, in particolare, l'art. 2370 c.c., alla cui originaria previsione si era poi però sovrapposta la norma dettata (soprattutto a fini fiscali) dalla L. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 4, comma 2, a tenore della quale l'azionista, benché già iscritto nel libro dei soci, non poteva esigere utili ne' intervenire in assemblea se non avesse provveduto a depositare i propri titoli azionari, almeno cinque giorni prima, presso la sede sociale o presso le aziende di credito o società finanziarie indicate nell'avviso di convocazione. Se ne è desunto che la disposizione da ultimo citata ha implicitamente abrogato (o modificato) la diversa disciplina dettata dal citato art. 2370, quanto meno nella parte in cui quest'ultima risulta incompatibile con quanto prescritto dalla norma speciale. Nel sistema così venutosi a delineare non la mera iscrizione nel libro dei soci, bensì il deposito del titolo azionario presso la sede sociale nei cinque giorni precedenti l'assemblea, era perciò necessario a legittimare l'intervento ed il voto del socio.
Il descritto quadro normativo è stato però in seguito movimentato dall'affacciarsi del fenomeno della cosiddetta dematerializzazione dei titoli azionari (e degli strumenti finanziari in genere), che ha condotto all'instaurazione di un sistema di deposito centralizzato, gestito dalla Monte Titoli s.p.a.. La L. 19 giugno 1986, n. 289, art.3 fece dipendere in siffatti casi la legittimazione all'esercizio del
diritto di voto - e dunque d'intervento