Cass. civ., sez. V trib., sentenza 05/04/2023, n. 09360
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
ul ricorso iscritto al n. 18007/2018R.G. proposto da: MEDUSA FILM s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Panama, n. 48, presso studio legale Alonzo Committeri Partners, con l’Avv. S G che la rappresenta e difende, per procura speciale. –ricorrente– contro AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore. –intimata– e contro AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE, già Equitalia Sud s.p.a., in persona del Direttore generale pro tempore. –intimata– per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 7319/17/2015, depositata l’11 dicembre 2017. OBBIETTIVA INCERTEZZA NORMATIVA- COMPENSAZIONE DELLE SPESE DI LITE- DISAPPLICAZIONE DELLE SANZIONI- PRINCIPIO DI DIRITTO Udita la relazione svolta dal Consigliere dott. M C nella pubblica udienza del 14 marzo 2023;udito il Sostituto Procuratore generale dott. A C, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;udito, per la ricorrente, l’Avv.S G, che ha fatto istanza di discussione orale. udito, per le Agenzie intimate, l’Avv. di Stato L F;Rilevato che: 1.Medusa Film s.p.a. propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza, di cui all’epigrafe, della Commissione tributaria regionale del Lazio,che ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma, che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso la cartella di pagamento avente ad oggetto le sanzioni irrogate con tre distinti avvisi d’accertamento. Avverso questi ultimi atti impositivi la contribuente aveva opposto distinti ricorsi, accolti dalla Commissione tributaria provinciale di Roma. La commissione tributaria regionale del Lazio aveva invece accolto in parte gli appelli erariali, rideterminando la pretesa impositiva. Passate, pacificamente, in giudicato le decisioni d’appello sugli accertamenti, l’Amministrazione ha quindi proceduto alla riscossione delle sanzioni, nella misura residua dovuta in relazione alle imposte accertate definitivamente con la cartella per cui è causa. 2.L’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate-Riscossione non hanno svolto difese scritte, limitandosi a partecipare, tramite l’Avvocatura dello Stato, munita di procura ex legeper la prima ed in forza della Convenzione tra l'Agenzia e l'Avvocatura dello Stato per la seconda (cfr. Cass., Sez. Un., 19/11/2019, n. 30008), alla discussione orale, come consentito dall’art. 370, primo comma, secondo periodo, cod. proc. civ. (cfr. ex plurimisCass., Sez. Un., 11/04/1981, n. 2114;Cass. 30/09/2011, n. 20029;Cass. 28/05/2013, n. 13183;Cass. 14/03/2017, n. 6563). Il Procuratore generale ha prodotto conclusioni scritte, chiedendo di rigettare il ricorso. La ricorrente ha prodotto memoria. Considerato che:1.Con il primo motivo di ricorso - rubricato in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ma nella sostanza proposto ai sensi del n. 4 della stessa norma- la contribuente lamentache la CTR non abbia ritenuto che la stessa società, totalmente vittoriosa in primo grado in ordine alle pretese impositive erariali, relativamente alla sua domanda subordinata di dichiarare comunque non dovute le sanzioni per l’oggettiva incertezza sulle norme violate, non avrebbe dovuto proporre appello incidentale, né avrebbe dovuto riproporre comunque la stessa questione nelle controdeduzioni in appello, poiché sulla stessa le sentenze di primo grado si erano comunque pronunciate, riconoscendo l’oggettiva incertezza normativa, sia pur ai dichiarati fini di compensare le spese, nonostante l’Agenzia fosse totalmente soccombente. 2.Con il secondomotivo di ricorso, rubricato in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 2909 cod. civ., la contribuente lamentache la CTR non abbia ravvisato un giudicato (esterno rispetto a questa controversia sulla cartella, ma interno rispetto ai giudizi sugli atti impositivi presupposti) formatosi, in ragione del predetto accertamento sull’obbiettiva incertezza normativa (che ha giustificato la compensazione delle spese nel primo grado dei relativi giudizi), non impugnato nei relativi appelli dall’Amministrazione. 3.Nella sostanza, il nucleo della controversia risiede nel contenuto del giudicato che ciascuna delle parti concorda si sia formato, nei giudizi sugli atti impositivi presupposti, in ordine alla domanda, subordinata, di disapplicazione delle sanzioni per oggettiva incertezza normativa: secondo l’Amministrazione, e la CTR, si tratterebbe di giudicato favorevole all’Ufficio;secondo la contribuente, invece, il giudicato sarebbe suo favore e comporterebbela disapplicazione, e la non debenza, delle sanzioni di cui alla cartella impugnata. 4.I motivi, da trattare congiuntamente per la loro connessione, sono infondati. Appare opportuno premettere che, come risulta dallo stesso ricorso (pag. 7), oltre che dalla sentenza qui impugnata, le sentenze della Commissione tributaria provinciale di Roma che decisero sugli atti impositivi presupposti, accogliendo i ricorsi della contribuente, presero in considerazione «la possibile incertezza, invocata anche, sebbene ad altri fini, dalla stessa parte risultata vincitrice»(così il testo riportato, tra virgolette, dalla sentenza impugnata) quale motivo della compensazione delle spese di lite, che altrimenti avrebbero dovuto porre integralmentea carico dell’Amministrazione, risultata in quel grado soccombente. Èquindi inequivoco che la CTR valutò l’assunta “incertezza” quale dato sussunto e rilevante nella prospettiva d elle norm e - gli art t . 92 c od. proc. civ. e 15 d.lgs. n. 546 del 1992-destinate esclusivamente a regolare la disciplina delle spese processuali, ritenendolo motivo idoneo a consentirne, nel caso di specie, la compensazione, derogando alla regola generale della soccombenza. La circostanza che l’oggetto, il criterio di valutazione e lo scopo dell’accertamento fossero limitati alla sola decisione sullespese di lite è del resto esplicitata nell’espressa considerazione della CTP che la «possibile incertezza» era stata invocata dalla contribuente «ad altri fini», ovvero quale esimente rispetto alle sanzioni, ai sensi dell’art. 6, comma 2, d.P.R.18 dicembre 1997, n.472, quindi con riferimento ad una fattispecie normativa sostanziale che nulla ha a che vedere con quella che disciplina l’imputazione delle spese di lite tra le parti del giudizio, ed è quindi assolutamente “altra” rispetto a quest’ultima. Tanto più che, anche sotto il profilo oggettivo, l’incertezzaalla quale si riferisce l’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, quale situazione che legittima la disapplicazione delle sanzioni tributarie, è rigorosamente qualificata dallo stesso legislatore, dovendo versare l’agente in «obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono», e dovendo la violazione imputata essere stata « determinata» dal ricorrere di tale condizioni, delle quali va quindi apprezzata necessariamente l’efficacia eziologica nel singolo caso. Ed infatti, nella giurisprudenza di legittimità, i criteri con i quali condurre l’accertamento della scriminante in questione sono stati più volte indagati e circoscritti, essendo stato precisato che «In tema di sanzioni amministrative tributarie, l'incertezza normativa oggettiva - che deve essere distinta dalla ignoranza incolpevole del diritto, come si evince dall'art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997 - è caratterizzata dalla impossibilit à di individuare con sicurezza ed univocamente la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie èsussumibile e pu ò̀ essere desunta da alcuni "indici", quali, ad esempio: 1) la difficoltàdi individuazione delle disposizioni normative;2) la difficoltàdi confezione della formula dichiarativa della norma giuridica;3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata;4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà;5) l'assenza di una prassi amministrativa o la contraddittorietàdelle circolari;6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali;7) l'esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità̀ costituzionale;8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale;9) il contrasto tra opinioni dottrinali;10) l'adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di una disposizione implicita preesistente.» (Cass. 13/06/2018, n. 15452). Riguardo, poi, alla prospettiva nella quale traguardare gli indici rivelatori fattuali che emergano, questa Corte ha chiarito che « In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, sussiste incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilit à̀ amministrativa tributaria ai sensi dell'art. 10 della I. n. 212 del 2000 e dell'art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando èravvisabile una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita, non già̀ad un generico contribuente, ń a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata e neppure all'Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento a cui è attribuito il potere - dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione.» (Cass. 01/02/2019, n. 3108). Ebbene, nel caso di specie, la formula adottata dalle sentenze di primo grado in questione (come riportata nella sentenza qui impugnata) , nel generico e sintetico richiamo alla (solo) «possibile incertezza» apprezzata ai fini della compensazione delle spese di lite, non fa riferimento ai parametri appena illustrati ( né avrebbe dovuto comunque farlo), confermando ulteriormente che, come del resto esplicitamente affermato dalla CTP, la relativa valutazione era finalizzata esclusivamente all’accertamento dei motivi che giustificavano la compensazione delle spese. Contesto, quest’ultimo, nel quale anche la situazione di incertezza delle questioni (di fatto o) di diritto rilevanti nel caso specifico, intesa tuttavia in senso generale e più ampio , potrebbe in ipotesi rientrare , purché espressamente e congruament e motivata, nell’elastico concetto delle «gravi ed eccezionali ragioni» di cui agli artt.15, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992e 92, secondo comma, cod. proc. civ., vigenti ratione temporis (cfr. Cass. 29/11/2016 , n. 24234 ;Cass. 11/03/2022, n. 7992 , a proposito dell’opinabilità delle questioni affrontate o del l'oscillante soluzione ad esse data in giurisprudenza;Cass. 16/05/2022 , n. 15495 , riguardo l’ incertezza sul diritto controverso ), ma senza che essa si traduca necessariamente anche in quelle determinanti «obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni», rigorosamente circoscritte- nei presupposti, nell’oggetto e negli effetti eziologici-dall’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997 e dai principi giurisprudenziali elaborati e consolidati in materia. L’atipicità e l’elasticità della valutazione ai fini della decisione sulle spese di lite, contrapposta alla rigorosa delimitazione dei presupposti necessari ai fini della disapplicazione delle sanzioni, escludono pertanto che l’accertamento in concreto dell’ “incertezza normativa”, in ipotesi sufficiente per la compensazione delle spese di giudizio, comporti necessariamente anche il coincidente accertamento dell’esimente dall’applicazione delle sanzioni tributarie, trattandosi di due “fatti” diversi già nelle differenti fattispecie normative astratte nelle quali l’”incertezza” dovrebbe sussumersi in un caso e nell’altro. Così come differenti, del resto, sono i momenti rispetto ai quali la valutazione dell’ ”incertezza” va fatta retroagire, rilevando, ai fini della disapplicazione delle sanzioni, l’impossibilitàdi individuare con sicurezza ed univocamente la norma giuridica nella contestualità della condotta illecita che l’ha violata, con incidenza sull’elemento psicologico dell’autore della condotta attiva od omissiva sanzionabile;mentre, per quanto riguarda l’attribuzione delle spese di lite, viene in rilievo (sia pur con le differenti caratteristiche già sottolineate) l’incertezza che sussista all’atto, necessariamente successivo, di agire o resistere in giudizio (o di persistere nelle rispettive difese nel corso della lite), che non “scusa” la condotta sostanziale controversa, ma evidenzia in qualche modo la “necessità” del ricorso alla tutela giudiziaria, e comunque la natura non pretestuosa dell’azione o della resistenza in giudizio: ovviamente, non è scontato che la norma sostanziale applicabile sia, o meno, incerta in ambedue le fasi temporali. Deve pertanto escludersi che, riconoscendo l’ “incertezza” (peraltro solo come “possibile”) sufficiente e rilevante ai fini della compensazione delle spese di lite le decisioni in commento abbiano contemporaneamente accertato, con idoneità al giudicato, anche la sussistenza in fatto ed in diritto delle « obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni» prevista dall’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997ai fini della disapplicazione delle sanzioni. A conferma di tale conclusione, del resto, militano ulteriori considerazioni. Infatti, nell’economia delle predette decisioni di primo grado, che accolseroi ricorsi della contribuente, sarebbe stato del tutto gratuito, da parte della CTP, accertare, ai fini della disapplicazione delle sanzioni, la sussistenza dell’obiettiva incertezza di cui all’art.6, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, posto che i ricorsi vennero accolti dallo stesso giudice in ordine alle relative imposte, con conseguente caducazione delle relative sanzioni, effetto che non solo prescindeva dalla loro eventuale disapplicazione, ma era in contrasto con essa (poich́ si possono “disapplicare” solo sanzioni che sarebbero altrimenti “applicabili”a seguito delle violazioni che hanno condotto al recupero delle relative imposte). Inoltre, come ben osservato dal P.G., ponendosi nella prospettiva del contribuente (quella secondo cui la statuizione sulla situazione di obiettiva incertezza costituiva un rilievo a tutto campo, valido, cioè, sia nella prospettiva della compensazione delle spese, sia in quella dell’annullamento delle sanzioni), si dovrebbe conseguentemente ammettere che l’unico strumento che, a quel punto, avrebbe potuto impedire la formazione del giudicato sarebbe stato costituito dall’impugnativa da parte dell’Ufficio: quest’ultimo, cioè, per evitare la formazione del giudicato, avrebbe dovuto contestare, tramite l’appello, un’affermazione della CTP (circa la situazione di incertezza) svolta ai soli fini della compensazione delle spese processuali.Ma, ovviamente, nessun interesse aveva l’Agenzia ad impugnare una considerazione contenuta all’interno di un capo (quello concernente le spese processuali) che produceva per l’Ufficio un effetto unicamente favorevole (la compensazione delle spese nel giudizio che pure, in quel grado, lo aveva visto soccombere integr almente ). L’interessedell’Ufficio, piuttosto, era quello di chiedere, tramite l’appello, l’accertamento della legittimità della ripresa a tassazione, quale presupposto della conseguente applicazione delle sanzioni. A fronte dell’appello dell’Ufficio sarebbe stato, pertanto, onere del contribuente riproporre , in via subordinata e per il caso dell’eventuale accoglimento del gravameerariale, la questione della disapplicazione, originariamente prospettata e rimasta assorbita dall’esito del giudizio di primo grado, della disapplicazione delle sanzioni ai sensi dell’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, poiché « L'appellato che abbia ottenuto l'accoglimento della sua domanda principale nel giudizio di primo grado è tenuto, per non incorrere nella presunzione di rinuncia di cui all'art. 346 c.p.c., a riproporre espressamente, in qualsiasi forma indicativa della volontà di sottoporre la relativa questione al giudice d'appello, la domanda subordinata non esaminata dal primo giudice, non potendo quest'ultima rivivere per il solo fatto che la domanda principale sia stata respinta dal giudice dell'impugnazione» (cfr. Cass. n. 13721 del 2020, ex plurimis). Ma è la stessa ricorrente (cfr. pag. 8 del ricorso) che allega di non aver né proposto appello incidentale, né riproposto eccezioni solevate in primo grado. Va quindi formulato il seguente principio di diritto: « La pronuncia con la quale il giudice tributario di merito, ai sensi dell’art. 15, co.2, d.lgs. n. 546 del1992, compensi le spese di giudizio per gravi ed eccezionali ragioni, individuandole nell’ “incertezza normativa”, non comporta necessariamente il contemporaneo accertamento della sussistenza in fatto ed in diritto anche delle obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni prevista dall’art. 6, co.2, d.lgs. n. 472 del 1997, ai fini della disapplicazione delle sanzioni amministrative tributarie, attesa la differenza delle relative fattispecie legali in ordine sia al concetto di “incertezza” in ciascuna sussumibile, sia alla ratiodella sua rilevanza ed agli effetti della sua rilevazione, sia al momento rispetto al quale deve farsi risalire il suo accertamento». La sentenza impugnata non si è discostata da tale principio, per cui il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, in relazione alla sola attività difensiva effettivamente svoltadalle Agenzie partecipando alla discussione orale (cfr. Cass. 16/05/1994, n. 4780;Cass. 04/11/1995,n. 11499).
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi