Cass. pen., sez. IV lav., sentenza 06/12/2022, n. 46115

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV lav., sentenza 06/12/2022, n. 46115
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 46115
Data del deposito : 6 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: ORSINI DE MARZO NICCOLO' MARZIO GALILEO GIUSEPPE GIUSTINO nato a MILANO il 20/10/1971 avverso l'ordinanza del 01/04/2022 del TRIB. LIBERTA' di GENOVA udita la relazione svolta dal Consigliere LUCIA V;
sentite le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore ETTORE PEDICINI, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;
udito il difensore di ORSINI DE MARZO NICCOLO' MARZIO GALILEO GIUSEPPE GIUSTINO avv. ALESSANDRA GUALAZZI del foro di ANCONA, in sostituzione dell'avv. LUCA LUPARIA DONATI del foro dì MILANO come da delega ex art. 102 cod. proc. pen., che ha insistito per l'accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 15 ottobre 2021 il Tribunale del riesame di Genova respinse l'istanza con la quale N M G() G G O d M chiedeva la revoca del decreto di sequestro preventivo del dipinto ad olio su tavola denominato «Trittico della Crocifissione e Santi» attribuito ad A V, nonché della cornice, delle colonne e della base del dipinto medesimo. Contro l'ordinanza, che aveva confermato il sequestro disposto dal G.i.p. del Tribunale di Genova in data 11 agosto 2021, O propose ricorso per Cessazione. Con sentenza del 17 febbraio 2022, la terza sezione penale di questa Corte accolse il ricorso, con rinvio per nuovo esame al Tribunale competente. Investito della richiesta quale giudice di rinvio, con ordinanza del 1° aprile 2022, oggetto del presente ricorso, il Tribunale per il riesame di Genova ha confermato il decreto di sequestro preventivo.

2. Per meglio comprendere i termini della questione, è utile chiarire che il sequestro preventivo è stato disposto nel procedimento aperto a carico di Anna Olmo, Donata Anna Irma Gutris e Anna Francesca Gutris per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 173 d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 e la richiesta di riesame è stata proposta da O quale terzo proprietario del bene ai sensi dell'art. 322, comma 1, cod. proc. pen. I profili oggettivi della vicenda non sono controversi. L'opera d'arte in questione era posta sopra l'altare della cappella del castello di Camino in provincia di Alessandria, immobile di origine medioevale, dichiarato bene culturale di particolare interesse storico e artistico ai sensi della legge 10 giugno 1939 n. 1089 (poi sostituita dal d.lgs. n. 42/04). All'inizio degli anni '50, la Soprintendenza alle gallerie per la provincia di Alessandria aveva dichiarato che il vincolo gravante sul castello si estendeva anche al Trittico in quanto destinato in modo durevole ad ornamento della cappella presente nel castello e quindi pertinenza dell'immobile. Nel 1953, infatti, i padri Somaschi cercarono di vendere l'opera, ma la Soprintendenza di Alessandria comunicò loro che il contratto era nullo perché in contrasto col vincolo apposto sul quadro. Secondo l'ipotesi accusatoria, poiché soggetto a vincolo pertinenziale con un immobile di interesse «particolarmente importante» ai sensi dell'art. 10, comma 3, d.lgs. n. 42/2004, il Trittico non poteva essere spostato dal castello né essere venduto senza autorizzazione. Alla proprietaria, Anna Olmo e, in concorso con lei, alle figlie Donata Anna Irma Gutris e Anna Francesca Gutris, è stata contestata quindi la violazione dell'art. 173 d.lgs. n. 42/2004 per aver posto in vendita l'opera senza la prescritta autorizzazione, tramite la casa d'aste genovese "Wannenes", e per averla poi venduta all'odierno ricorrente. Il fumus del reato è stato ritenuto esistente sulla base dell'orientamento giurisprudenziale per cui la tutela prevista dalla legge n. 1089/39 (e poi dal d.lgs. n. 42/2004) non riguarda soltanto i beni immobili, ma anche le cose che ne costituiscono pertinenza e contribuiscono a salvaguardare l'interesse storico e artistico degli stessi (Sez. 3, n. 45149 del 08/10/2015, Pisu, Rv. 265445;
Sez. 3, n. 6295 del 10/04/1997, F, Rv. 208692). È doveroso precisare che la fattispecie incriminatrice in parola è stata abrogata dalla legge 9 marzo 2022 n. 22, ma la condotta che vi era descritta è punita oggi dall'art. 518-novies cod. pen. Poiché tra le due disposizioni vi è piena continuità, il tema della successione di leggi nel tempo può influire solo sul trattamento sanzionatorio e non rileva in questa sede.

3. La sentenza di annullamento, cui il giudice di rinvio si doveva attenere, ha ritenuto che la prima ordinanza di conferma del decreto di sequestro preventivo fosse viziata da una carenza di motivazione di tale gravità da integrare violazione di legge. Al giudice di rinvio è stato chiesto di precisare se il sequestro preventivo dovesse intendersi disposto ai sensi dell'art. 321, comma 1, o dell'art. 321, comma 2, cod. proc. pen. o ad entrambi i fini (impeditivi e di confisca). Gli è stato chiesto, inoltre: di verificare se, pur avendo acquistato attraverso una casa d'aste, O potesse non essere estraneo al reato contestato perché consapevole che l'autorizzazione alla vendita era necessaria;
di valutare e motivare la sussistenza del periculum in mora. L'ordinanza impugnata ha confermato il sequestro sia a fini di confisca che a fini impeditivi.

3.1. L'applicazione dell'art. 321 comma 2 cod. proc. pen. presuppone la confisca obbligatoria del bene e richiede perciò che lo stesso non appartenga a persona ictu °cuti «estranea al reato». Proprio per questo la Corte di legittimità aveva chiesto al Tribunale di approfondire il tema della possibile buona fede del ricorrente, il quale aveva acquistato il dipinto avvalendosi di un intermediario e, in specie, di una rinomata casa d'aste. Nel confermare il sequestro a fini di confisca il Tribunale ha osservato: - che O non era un acquirente "qualsiasi", privo di esperienza nel settore, ma era «oltremodo informato riguardo alle caratteristiche intrinseche e alla stessa storia dell'opera d'arte in questione»;
- che, infatti, quando la Soprintendenza alle Belle Arti di Genova avviò una procedura per il riconoscimento della particolare importanza storico artistica dell'opera, fu in grado di interloquire col soprintendente e di opporsi al riconoscimento del vincolo con argomentazioni dalle quali si evince una profonda conoscenza «della storia, della provenienza e del valore del Trittico»;
- che la Soprintendenza di Genova avviò la procedura per il riconoscimento della particolare importanza storico artistica dell'opera il 24 novembre 2017 e ne informò !a casa d'aste, la quale, a sua volta, ne informò O;
- che il ricorrente era pertanto «pienamente avvertito di quel vincolo "preliminare"», ma si risolse ugualmente all'acquisto, adoperandosi poi per far sì che la procedura fosse archiviata (come avvenne il 21 marzo 2018);
- che, per ottenere l'archiviazione della procedura, O giunse fino «a svilire l'opera per dimostrarne l'interesse soltanto locale» pur avendo versato per l'acquisto la non modica somma di 100.000 euro;
- che, se avesse acquistato in buona fede, O «non si sarebbe curato di "legittimare" l'acquisto opponendosi all'imposizione del vincolo in sede genovese, ma avrebbe manifestato [...] le proprie doglianze contro la casa d'aste, chiamandola a rispondere in ogni sede per il correlato danno economico sofferto»;
- che la qualità di terzo, da riconoscersi in capo all'O rispetto al reato per il quale si procede a carico della Olmo e delle due figlie, «non preclude la potenziale configurazione nei suoi confronti - naturalmente rimessa alla futura ed eventuale iniziativa del Pubblico ministero - degli estremi di una diversa condotta penalmente illecita», consistente nell'aver ricevuto, al fine di procurarsi profitto, «una cosa proveniente da un delitto, quello di cui all'art. 173 d.lgs. 42/2004, del quale sono chiamate a rispondere le sole tre imputate»;
- che pur non essendo possibile configurare «già in oggi» il fumus del delitto di ricettazione, il comportamento di O è «sovrapponibile a quello di un soggetto che abbia agito nella consapevolezza di realizzare un "affare", acquistando all'asta [...] un bene inalienabile senza la dovuta autorizzazione amministrativa», e tanto basta ad escludere «quell'estraneità "sostanziale" rispetto al reato che, sola, può giustificare l'applicazione dello statuto di favore previsto dall'art. 240, comma 3, cod. proc. pen.».
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