Cass. civ., sez. II, sentenza 22/12/2005, n. 28419
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In tema di impugnazione dell'ordinanza anticipatoria di condanna, con il deposito in cancelleria dell'atto di rinuncia alla pronuncia della sentenza notificato dall'intimato all'altra parte, l'ordinanza si converte in sentenza direttamente appellabile; qualora non si verifichi detta sequenza procedimentale, l'ordinanza mantiene il carattere di provvedimento di natura non decisoria, revocabile con la sentenza conclusiva del giudizio. Pertanto, in nessun caso essa acquista natura di sentenza non definitiva, rispetto alla quale sia ammissibile eventuale riserva di impugnazione, la quale, se effettuata dall'intimato all'atto della rinunzia, resta senza effetto, con la conseguenza che, se il gravame avverso l'ordinanza anticipatoria non è proposto tempestivamente, essa non è più soggetta ad appello. (Nella specie, il deposito dell'atto di rinunzia alla sentenza, notificatogli dagli intimati, era stato effettuato dall'intimante e la causa davanti al tribunale si era conclusa con il rigetto in sentenza delle domande riconvenzionali dei convenuti intimati).
In tema di impugnazione dell'ordinanza anticipatoria di condanna, la disposizione di cui all'art. 186 - quater cod. proc. civ, secondo la quale, con la notificazione alla controparte dell'atto di rinuncia alla pronuncia della sentenza e con il deposito in cancelleria dell'atto di rinuncia notificato, l'ordinanza acquista, dalla data del suddetto deposito, l'efficacia della sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza, va interpretata nel senso che il deposito dal quale decorre l'efficacia di sentenza dell'ordinanza anticipatoria può essere effettuato non solo dall'intimato, ma anche dall'intimante, atteso che la norma non indica espressamente quale parte deve provvedere al deposito della rinuncia, né esclude alcuna di esse dal potere di compiere detto incombente. All'intimato è riservato, in quanto unica parte incisa dall'ordinanza anticipatoria, il potere di scelta tra subire il provvedimento ovvero attendere la sentenza, ma, una volta avvenuta la rinunzia, il deposito della stessa ha la finalità di porre tale atto a disposizione del giudice e di tutte le parti del processo, per evitare che il giudice stesso pronunci la sentenza, sicchè non può essere configurato come atto esclusivo dell'intimato, potendo provenire, per il principio di autoresponsabilità" delle parti, anche da un soggetto diverso da quest'ultimo.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S M - Presidente -
Dott. C C - Consigliere -
Dott. S G - rel. Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. C V - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
IACOBINO PASQUALE, CAPUTO LETIZIA GIUSEPPINA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA L. MANTEGAZZA 24, presso il sig. GARDIN, difesi dall'avvocato C R giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
DE C P, elettivamente domiciliato in ROMA V.LE MAZZINI 132, presso lo studio dell'avvocato F G, difeso dall'avvocato P P giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 192/2001 della Sezione distaccata di Corte d'Appello di TARANTO, depositata il 15/11/2001;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 16/06/2005 dal Consigliere Dott. G S;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R R G che ha concluso per accoglimento per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 02/03/1994 P D C conveniva davanti al Tribunale di Tarante i coniugi I P e C L e, deducendo che costoro, dopo avergli venduto, con atto per notaio Leccese del 04/11/1991, alcuni immobili, si rifiutavano di consegnarglieli nonostante il già avvenuto pagamento del prezzo, chiedeva che fossero entrambi condannati all'immediato rilascio dei beni e al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede.
I convenuti, costituitisi, assumevano di essere stati vittima di un disegno usurario da parte dell'attore a carico del quale, per tali fatti, pendeva un parallelo processo penale. Chiedevano, pertanto, in via principale, la sospensione del giudizio fino alla definizione del processo penale. In via subordinata, sostenendo che il contratto di compravendita era simulato perché dissimulava un patto commissorio, chiedevano riconvenzionalmente che il contratto fosse dichiarato mulo ovvero inefficace.
Respinta la richiesta di sospensione del giudizio, l'Istruttore, con ordinanza 12/02/1996 pronunziata su istanza dell'attore ex art. 186 quater c.p.c., intimava ai convenuti il rilascio immediato degli
immobili regolando le spese processuali e fissando l'udienza del 19/04/1996 per l'eventuale proseguimento della causa. I convenuti, con atto notificato all'attore il 17/04/1996, dichiaravano di rinunziare alla pronuncia della sentenza "con salvezza di impugnazione".
Alla fissata udienza del 19/04/1996, mentre i convenuti chiedevano un termine per depositare l'atto di rinunzia, l'attore provvedeva al deposito della copia a lui notificata.
Il processo, proseguito con la richiesta di mezzi istruttori sulle domande riconvenzionali dei convenuti, veniva interrotto per morte di un difensore;successivamente riassunto, si concludeva con sentenza del 02/02/2000, con la quale il Tribunale di Tarante accoglieva la domanda del D C, rigettava le domande riconvenzionali dei coniugi Iacobino e confermava l'ordinanza anticipatoria. Avverso la sentenza i convenuti proponevano appello con atto notificato il 19/06/2000, al quale resisteva il D C proponendo, a sua volta, appello incidentale.
Con sentenza 15/01/2001, la Corte d'appello di Lecce (Sezione distaccata di Taranto), ritenuto l'appello avverso l'ordinanza anticipatoria intempestivo perché era stato proposto ben quattro anni dopo il deposito della rinunzia ex art. 186 quater c.p.c. rendendo l'ordinanza definitiva in ordine anche alle questioni che formavano oggetto della domande riconvenzionali, dichiarava l'appello principale inammissibile e quello incidentale inefficace. Contro la sentenza i coniugi Iacobino-Caputo hanno proposto ricorso per Cassazione affidando il mezzo a due motivi di censura illustrati da una memoria.
Il D C ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1 - Col primo motivo di ricorso si denuncia l'erronea applicazione dell'art. 186 quater c.p.c., in relazione agli artt. 325, 326, 327 e 340 c.p.c., censurando la sentenza impugnata sotto tre distinti profili.
Sotto il primo profilo, si lamenta che erroneamente il giudice d'appello ha ritenuto che i ricorrenti - dopo che con ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. era stato loro intimato dall'Istruttore il rilascio dell'immobile - avevano rinunziato alla pronuncia della sentenza con atto notificato il 17/04/1996 e depositato all'udienza 19/04/1996, non avendo il giudicante considerato che il deposito della rinunzia era stato effettuato dall'intimante, anziché dai ricorrenti, che, quali intimati, erano l'unica parte legittimata a provvedervi.
1.2 - Sotto il secondo profilo si deduce che, anche volendo ritenere il deposito eseguito dall'intimante idoneo a rendere immediatamente efficace l'ordinanza anticipatoria, questa, avendo deciso solo alcune questioni senza definire il giudizio doveva considerarsi come sentenza non definitiva, che, in virtù della riserva di impugnazione formulata dai ricorrenti all'atto della rinunzia, era impugnabile unitamente alla sentenza definitiva di primo grado, con la conseguenza che l'appello, proposto dai ricorrenti entro l'anno dalla pubblicazione della sentenza del Tribunale, non poteva essere dichiarato inammissibile.
1.3 - Sotto il terzo profilo si deduce che l'ordinanza anticipatoria, avendo efficacia circoscritta all'oggetto dell'istanza (costituito soltanto dal rilascio degli immobili) e natura di provvedimento sommario cautelare (come tale revocabile con la sentenza conclusiva del giudizio ex art. 177 c.p.c.), in nessun caso poteva pregiudicare la decisione sulle questioni relative alla validità ed efficacia del contratto oggetto di causa. Il giudice di appello era, perciò, tenuto a esaminare compiutamente nel merito tali questioni e non limitarsi, come invece era avvenuto, a richiamare il contenuto dell'ordinanza anticipatoria, che le aveva disattese sulla base di un sommario esame.