Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 24/10/2018, n. 27003
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso 27905-2013 proposto da: CAPPELLI FRANCESCO C.F. CPPENC59A29A462M,AGOSTINI DAVIDE C.F. GSTDVD79E25A462D, ANTONIIS ILARIO C.F. DNTLRI57C17A462U, GALANTI ROBERTO C.F. GLNRRT60M07L728H, IONNI LUCIO C.F. NNILCU70B17A462N, VALENTINI GIULIO C.F. VNLGNI62L22A462D, tutti domiciliati in ROM, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREM DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato A S, giusta delega in atti;- ricorrenti -contro START S.P.A. C.F. 01598350443, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROM, VIA GREGORIO VII 134, presso lo studio dell'avvocato B S, rappresentata e difesa dall'avvocato C A N, giusta delega in atti;- controricorrente - avverso la sentenza n. 105/2013 della CORTE D'APPELLO di ANCONA, depositata il 03/05/2013, R.G.N. 107/2012;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/05/2018 dal Consigliere Dott. MRGHERITA MRIA LEONE;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MRIO FRESA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;udito l'Avvocato A S;udito l'Avvocato C A N. RG. n. 27905/2013 FATTI DI CAUSA La Corte di appello di Ancona con la sentenza n. 1072013 aveva accolto l'appello proposto da Start Spa avverso la decisione con la quale il Tribunale di Ascoli Piceno aveva condannato la predetta società a pagare ai lavoratori in epigrafe indicati quanto loro spettante a titolo di lavoro straordinario prestato per nove minuti giornalieri dal 2003. La corte territoriale rilevava che i predetti lavoratori, con mansioni di conducenti di autobus, avevano sostenuto che nonostante l'accordo sindacale aziendale del 17 aprile 2002 avesse fissato i turni giornalieri di lavoro in 6 ore e 10 minuti, l'azienda, a partire dal 1° marzo 2003, aveva preteso turni di 6 ore e 21 minuti. Cio' premesso la corte aveva ritenuto carente la prova dell'effettivo superamento dell'orario di lavoro ordinario come indicato, e quindi la diversità rispetto a quello invece contenuto nei prospetti paga, anche valutando non significativo , a tal riguardo, il contenuto della proposta conciliativa svolta dalla società, non avente natura ne' di confessione e neppure di riconoscimento del debito. Il Giudice del gravame aveva infine considerato che comunque la contrattazione aziendale o territoriale non avrebbe potuto incidere sull'orario di lavoro come stabilito del CCNL 12 luglio 1985 in ragione di quanto espressamente stabilito dal CCNL 27 novembre 2000, con riguardo alla durata settimanale realizzata come media nell'arco di 17 settimane. Avverso detta decisione i lavoratori proponevano ricorso affidandolo a due articolati motivi cui resisteva con controricorso la Start spa che depositava memoria successiva ex art. 378 c.p.c. RAGIONI DELLA DECISIONE 1)- Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa Z,403 applicazione dell'art. 2077 e 2078 cc, art. 1340vfc e dell'art. 3 D.Igs n. 66/2003, nonché l'omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 n. 5 c.p.c..RG. n. 27905/2013 In particolare i ricorrenti lamentano la statuizione relativa alla non modificabilità dell'orario fissato dalla contrattazione collettiva ritenendo in tal senso violato il disposto dell'art. 2077 , 2°co. C.c., secondo il quale, pur affermata la inderogabiltà del cani , deve ammettersi la salvaguardia delle clausole individuali che contengano condizioni di miglior favore per il lavoratore. Altresi' violato il disposto dell'art. 2078 cc e dell'art. 1340 cc perche' non considerata la prevalenza , rispetto alle norme del ccnl , di usi aziendali piu' favorevoli. Il motivo risulta inammissibile in quanto i ricorrenti, pur richiamando clausole di contratto individuale e usi aziendali piu' favorevoli rispetto alla contrattazione collettiva in punto di ordinario orario di lavoro, non hanno allegato in ricorso i termini ed i contenuti delle clausole e le circostanze di fatto attestative degli usi. Con riguardo a questi ultimi, peraltro, non allegano le concrete condizioni fattuali dimostrative degli eventuali comportamenti e/o condizioni rappresentative della consuetudine Questa Corte ha chiarito che "L'uso aziendale, quale fonte di un obbligo unilaterale di carattere collettivo, richiede il protrarsi nel tempo di comportamenti che abbiano carattere generale, in quanto applicati nei confronti di tutti i dipendenti dell'azienda con lo stesso contenuto"( Cass.n.18263/2009). Le richieste caratteristiche di reiterazione nel tempo e di generalità del comportamento devono essere oggetto di specifica allegazione (e conseguente prova) non evincibile nel motivo di ricorso proposto ove neppure e' indicato in che modo tali circostanze siano state sottoposte ai giudici di merito. Nell'articolato motivo e' richiamata anche la violazione degli artt. 2108 c.c. nonché dell'art. 3 d. Lgs n. 66/2003 in quanto ritenuta pacifica la osservanza di un orario di lavoro inferiore a quello disciplinato dal contratto collettivo di categoria ( a seguito di accordi e prassi aziendale),e quindi la possibilità di fissare sia in sede di contrattazione nazionale che decentrata, un orario di lavoro inferiore a quello legale. Anche tale profilo di censura risulta sguarnito di ogni riferimento concreto agli accordi e prassi richiamati , il cui contenuto, come sopra già chiarito, RG. n. 27905/2013 doveva essere inserito nel ricorso in questa sede proposto, al fine di consentirne la valutazione. 2)- Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,420 c.p.c., 116 cpc nonché artt 2719 e 2727 e segg. c.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e' stato oggetto di discussione tra le parti. Ex art. 360 n. 5 c.p.c.. I ricorrenti si dolgono della statuizione relativa al mancato adempimento degli oneri probatori inerenti il maggior orario di lavoro osservato anche rispetto a quello già riconosciuto in via forfettaria. In particolare si dolgono della mancata ammissione dei mezzi istruttori richiesti. Val la pena richiamare l'orientamento di questa Corte secondo cui "Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la "ratio decidendi" venga a trovarsi priva di fondamento (tra le altre Cass. n. 5654/2017). Il principio, cui si intende dare seguito, individua il vizio non nella semplice mancata ammissione della prove testimoniali, ma nello stretto collegamento tra le circostanze oggetto di prova e il diverso giudizio che seguirebbe a tali nuovi elementi processuali. La certezza di un differente esito del processo deve essere ben evidenziata dalla parte ricorrente che denunci il vizio in sede di legittimità. Rispetto a tali condizioni deve ritenersi assente nel caso di specie ogni indizio circa la certa differente soluzione cui sarebbe addivenuto il giudice in presenza delle circostanze oggetto della prova. A riguardo la parte ricorrente non ha neppure indicato con completezza i capitoli di prova limitandosi a richiamarne solo alcuni e altresi' non evidenziando la decisività degli stessi.RG. n. 27905/2013 Deve poi dichiararsi inammissibile il profilo del motivo inerente la contraddittorietà ed insufficienza della motivazione essendo estraneo il vizio denunciato alla attuale formulazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c. A riguardo questa Corte ha precisato che "L'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, prevede l'"omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione", come riferita ad "un fatto controverso e decisivo per il giudizio" ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico - naturalistico, non assimilabile in alcun modo a "questioni" o "argomentazioni" che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate". Cass.n. 21152/2014 Cass. n. 2805/2011). Infine inammissibile il profilo della censura inerente la violazione degli artt.115,116 e 416 c.p.c.e quindi la denunciata erronea valutazione dei mezzi istruttori, in quanto del tutto assente nel ricorso la indicazione delle dichiarazioni della Start contenute nella memoria di costituzione di primo grado richiamate dai ricorrenti. Infine generica la doglíanza relativa alla mancata ammissione delle prove sia con riferimento agli specifici capitoli in ipotesi rilevanti, sia con riguardo alla effettiva e concreta decisività degli stessi. Il ricorso deve essere rigettato.
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