Cass. civ., SS.UU., ordinanza 17/05/2022, n. 15715

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 17/05/2022, n. 15715
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15715
Data del deposito : 17 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

ato la seguente ORDINANZA sul ricorso 24362-2020 proposto da: ENEL PODUZIONE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E.Q.

VISCONTI

99, presso lo studio dell'avvocato E C, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato I C;

- ricorrente -

contro

REGIONE TOSCANA, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA BARBERINI

12, presso lo studio dell'avvocato M C, rappresentata e difesa dall'avvocato G V;
- con troricorrente - avverso la sentenza n. 55/2020 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 30/04/2020. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/03/2022 dal Consigliere D S;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale F T, il quale conclude affinché la Corte di cassazione, a Sezioni Unite, voglia accogliere il ricorso e cassare senza rinvio la sentenza impugnata. Ric. 2020 n. 24362 sez. SU - ud. 08-03-2022 -2- Rilevato che: la società Enel Produzione s.p.a. agì avanti al T.R.A.P. presso la Corte di Appello di Firenze per sentir dichiarare infondate le pretese della Regione Toscana di aumento dei canoni di concessione di derivazione idroelettrica, previa disapplicazione della delibera n. 816/2016 (da dichiarare illegittima incidenter tantum);
il T.R.A.P., affermata la propria giurisdizione, accolse parzialmente la domanda, dichiarando non dovute le somme richieste a titolo di maggiorazione del canone ai sensi dell'art. 6, comma terzo L.R. Toscana n. 80/2015 (15%) e dell'art. 17 L.R. Toscana n. 68/2016 (10%);
rigettò per il resto il ricorso, confermando come dovuti dalla Enel Produzione gli importi richiesti dalla Regione Toscana a titolo di canoni concessori idroelettrici per l'anno 2016 (comportanti, secondo l'indicazione dell'odierna ricorrente, un aumento da 15 a 37 euro - rispetto all'anno precedente- del canone unitario di concessione per Kw);
pronunciando sull'impugnazione della Enel Produzione, il T.S.A.P. l'ha rigettata, affermando -fra l'altro e per quanto di specifico interesse in questa sede- che: «è pur vero che la giurisprudenza di legittimità [...] ha affermato che, in tema di riparto dell'onere della prova, ai sensi dell'art. 2697 cod. civ., l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo. Tuttavia, nella specie, occorre chiarire che la stessa delibera n. 816 del 2016 in questione dà atto che, poiché le analisi economiche dei piani di gestione dei distretti idrografici non fornivano un quadro aggiornato dei dati e delle variabili da valutare ai fini della sostenibilità degli utilizzi idrici, non vi erano le condizioni per una puntuale ricognizione dei costi delle misure per il ripristino, mantenimento e miglioramento ambientale, nonché per una ricognizione delle inefficienze strutturali del sistema degli usi della risorsa idrica, ragione per la quale occorreva fare riferimento ai criteri "dell'analisi delle pressioni e degli impatti dei prelievi sui corpi idrici, attribuendo importi maggiori alle categorie di uso maggiormente impattanti sui corpi idrici, nonché sulla base dei costi della risorsa, ovvero delle mancate opportunità imposte ad altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo della risorsa"»;
dato atto che «tali criteri, come risulta dalla delibera, venivano applicati con riguardo alle diverse categorie d'uso d'acqua», compreso quello idroelettrico, ha aggiunto che «dunque, tenuto conto dei suddetti dati, in virtù di un ragionamento logico di tipo presuntivo (cfr. Cass. n. 5279/2020), è verosimile, in considerazione dell'agire procedimentalizzato dell'amministrazione pubblica (legge n. 241 del 1990), sostenere lo svolgimento di un'attività istruttoria in merito, risultando pertanto indimostrato, come afferma il TRAP, l'assunto della società che la Regione non avrebbe fatto alcuna istruttoria per valutare l'impatto ambientale della concessione del corpo idrico. Pertanto spettava all'appellante provare ex art. 2697, secondo comma, cod. civ., le circostanze negative contrapposte a quelle che risultano per tabulas dalla delibera»;
sotto altro profilo, il T.S.A.P. ha affermato che «nelle determinazioni della delibera n. 816 del 2016 [...] non sono ravvisabili i vizi dedotti dall'appellante sia di violazione di legge, che di eccesso di potere, questi ultimi sindacabili in questa sede nei limiti sopra indicati, in ragione della esclusione di ogni interferenza con il cd. merito amministrativo», e che «l'avere la Regione fatto riferimento all'analisi delle pressioni e degli impatti dei prelievi sui corpi idrici, rilevando l'altissimo impatto dell'uso idroelettrico sullo stato di qualità dei corpi idrici superficiali e dell'ambiente idrico circostante, non dà luogo, dunque, ai vizi denunciati»;
ha concluso che «la valutazione dell'Amministrazione, pur non avendo essa fatta applicazione dell'analisi economica dell'utilizzo idrico, è sorretta dall'applicazione di criteri che trovano conferma nella scheda 3 dell'allegato A del D.M. 39 del 2015, in relazione alla definizione dei costi ambientali, effettuata con riguardo ai diversi usi in relazione alla realtà territoriale»;
ha proposto ricorso per cassazione la Enel Produzione s.p.a., affidandosi a due motivi, illustrati da memoria;
la Regione Toscana ha resistito con controricorso;
il Pubblico Ministero ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo l'accoglimento del ricorso, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al T.S.A.P.. Considerato che: il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 2697 e 2729 c.c. e, altresì, dell'art. 132 c.p.c.;
premesso di avere censurato la sentenza del T.R.A.P. in quanto aveva affermato che gravava su Enel Produzione l'onere di dimostrare il mancato svolgimento, da parte della Regione, dell'istruttoria prescritta dagli artt. 11 e 12 L.R. Toscana n. 80/2015, dall'art. 119, comma 1 D. Lgs. n. 152/2006 e dall'art. 14, comma 2 del regolamento regionale n. 61/R, la ricorrente impugna la sentenza del T.S.A.P. nella parte in cui, pur riconoscendo che -a norma dell'art. 2697 c.c.- l'onere di provare i fatti costitutivi incombe sulla parte che intenda far valere un diritto, ancorché sia convenuta in un giudizio di accertamento negativo, «ha tuttavia affermato essere "verosimile", in considerazione dell'agire procedimentalizzato dell'amministrazione pubblica, sostenere lo svolgimento di attività istruttoria in merito»;
contesta la possibilità di «fare ricorso ad una presunzione fondata "sull'agire procedimentalizzato" della pubblica Amministrazione», rilevando come sia «proprio il modo di agire "procedimentalizzato" che impone alla P.A. l'osservanza della forma scritta per i propri atti, ed in particolare l'obbligo della verbalizzazione dell'attività dei collegi amministrativi, quale requisito essenziale dell'attività stessa», con la conseguenza che «lo stesso principio invocato dal TSAP impedisce l'utilizzazione della prova presuntiva del concreto svolgimento di un'attività amministrativa»;
sostiene che, «per rispettare [...] il modo di agire "procedimentalizzato", la Giunta regionale avrebbe dovuto quindi verbalizzare sia le modalità della "analisi economica" da essa svolta, sia i singoli "costi ambientali" da essa riscontrati» ed evidenzia che ciò non risulta dalla sentenza impugnata, «la quale ha invece "presunto" lo svolgimento di tali concrete attività amministrative»;
aggiunge che dalla stessa sentenza emerge che Enel Produzione aveva contestato proprio la mancanza di prova dello svolgimento, da parte della Regione, dell'attività istruttoria diretta alla determinazione del canone di concessione ed evidenzia che la decisione presenta una «insanabile contraddizione interna» che ne determina la nullità per motivazione apparente;
il motivo è -sotto ogni profilo- infondato;
va escluso che il T.S.A.P. sia incorso in una violazione dell'art.2697 c.c., ossia in un erroneo riparto dell'onere probatorio, giacché ha correttamente posto a carico della parte convenuta in giudizio di accertamento negativo l'onere di provare la fondatezza della propria pretesa (cfr. Cass. n. 12108/2010, Cass. n. 22862/2010 e Cass. n. 19154/2018) e, nello specifico, della correttezza del procedimento seguito per la nuova determinazione del canone concessorio, mentre ha onerato la parte che ha agito in accertamento negativo dell'onere di provare, ex art. 2697, 2° co. c.c., le «circostanze negative contrapposte» a quelle che ha ritenuto provate per tabulas dalla delibera contestata;
va parimenti esclusa la violazione dell'art. 2729 c.c., in quanto il T.S.A.P. non ha fondato la presunzione sulla mera considerazione dell'agire procedimentalizzato della pubblica amministrazione, bensì sul contenuto della delibera impugnata, che, dando atto del fatto che le analisi economiche dei piani di gestione dei distretti idrografici non fornivano un quadro aggiornato dei dati e delle variabili da valutare e che pertanto occorreva fare riferimento ai criteri dell'analisi delle pressioni e degli impatti dei prelievi dei corpi idrici, ha attestato il compimento di un'attività ricognitiva e valutativa che il TSAP ben poteva considerare come integrante lo svolgimento di attività istruttoria;
risulta conseguentemente infondata anche la censura di insanabile contraddittorietà interna e apparenza della motivazione;
il secondo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 11 e 12 della L.R. Toscana n. 80/2015, nonché la violazione «del principio di legalità dell'azione amministrativa, racchiuso nell'art. 97 della Costituzione», dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e dell'art. 132 c.p.c.;
premesso che risultava per tabulas che la Giunta regionale aveva deviato rispetto al modello procedimentale stabilito dal legislatore regionale, giacché non aveva fatto riferimento, ai fini della determinazione dei costi ambientali della risorsa idrica, all'analisi economica dell'utilizzo idrico di cui all'art. 119, comma 1 D. Lgs. n. 152/2006, come risultante dalla pianificazione distrettuale (prevista dall'art. 12 della L.R. Toscana n. 80/2015), la ricorrente censura la sentenza per avere considerato sufficiente l'applicazione dei criteri di cui all'allegato A del D.M. n. 39/2015, così ritenendo che le modalità di determinazione dei costi ambientali indicate nell'anzidetto D.M., «anziché dover integrare l'analisi economica risultante dalla pianificazione di bacino, potessero sostituirla», in tal modo effettuando «una lettura dell'art. 12 della legge regionale n. 80/2015 in violazione del canone ermeneutico racchiuso nell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale» ed arbitrariamente equiparando «il metodo di calcolo indicato dal legislatore regionale a quello effettuato dall'amministrazione, sol perché non in contrasto con il contenuto di un decreto richiamato dal Regolamento 61/R, che della legge regionale avrebbe dovuto fare applicazione»;
il motivo è inammissibile in quanto si limita, a ben vedere, ad un'attività meramente assertiva, espressa in termini generali e astratti, senza individuare specificamente il come e il perché le norme individuate nella rubrica risulterebbero violate;
in particolare, senza spiegare perché, in concreto, il criterio desumibile dal Regolamento regionale 61/R e dal D.M. n. 39 del 2015 (che il T.S.A.P. ha ritenuto applicato dalla Regione Toscana) risulti contrastante con le previsioni di cui alla L.R. n. 80/2015 e con gli artt. 119 e 154 del D.Lgs. n. 152/2006;
in relazione all'oggettiva complessità delle questioni controverse (che involgono la ricognizione e l'applicazione di un variegato e articolato formante normativo), sussistono —ai sensi dell'art. 92, 2° co. c.p.c., come risultante a seguito di Corte Cost. n. 77/2018- le condizioni per l'integrale compensazione delle spese di lite;
ricorrono altresì le condizioni per l'applicazione dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002.
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