Cass. civ., sez. V trib., sentenza 22/12/2022, n. 37596
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’art. 41 del d.P.R. n. 636/1972 prevedeva che «Contro le decisioni delle commissioni tributarie, che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate, è ammessa la revocazione ai sensi degli articoli 395 e 396 del codice di procedura civile. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del presente decreto relative al giudizio dinanzi alla commissione di secondo grado». L’art. 1 del d.lgs. n. 545/1992 riordinò gli organi di giurisdizione in materia tributaria individuati dal d.P.R. n. 636/1972, insediando dal 1° aprile 1996 (v. art. 42 del citato decreto) le commissioni tributarie provinciali e quelle regionali, mentre l’art. 42, commi 2 e 3, del citato decreto n. 545/1992 stabilì la soppressione delle commissioni tributarie di primo e di secondo grado e della commissione tributaria centrale, prevedendo, però, per quest’ultima, la cessazione del suo funzionamento, tenendo conto dei ricorsi pendenti, entro la data stabilita dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle Finanze. Nello specifico, per le cause ancora pendenti al 1° aprile 1996 davanti alla commissione tributaria centrale, nonché quelle per le quali ancora non era spirato iltermine per l’impugnativa dinanzi allo stesso giudice “centrale”, l’articolo 75 del d.lgs. n. 546/1992 ha previsto l’applicazione della disciplina processuale contemplata dal d.P.R. n. 636/1972 e successive integrazioni e modificazioni, stabilendo, all’art. 76, per le controversie in sede di rinvio, che «Se alla data prevista all'art. 72, a seguito di rinvio disposto dalla Corte di cassazione, pende il termine per la riassunzione davanti alla commissione tributaria centrale, detto termine decorre da tale data e la riassunzione va fatta davanti alla commissione tributaria regionale competente». L’art. 80, co. 2, del d.lgs. 546/1992, infine, ha disposto che «Le disposizioni del presente decreto hanno effetto dalla data di insediamento delle commissioni tributarie provinciali e regionali» e cioè –come detto - dal 1° aprile 1996. 12. Tanto ricapitolato, si osserva che la fattispecie in esame risulta regolata dall’art. 75 del d.lgs. n. 546/1992, in quanto alla data del 1°aprile 1996 il processo deciso dalla Commissione tributaria centrale ancora pendeva innanzi alla stessa, come si desume dai contenuti della sentenza impugnata da cui emerge che la pronuncia della Commissione di secondo grado risale all’anno 1990/1991, mentre quella della Commissione tributaria c entrale è del 2013/2014. Dal rilievo che precede consegue che il procedimento di revocazione della decisione della Commissione tributaria centrale oggetto della sentenza impugnata deve considerarsi disciplinato dall’art. 41 del d.P.R. n. 636/1972, tenuto conto della disciplina transitoria contenuta nell’art. 75 del d.lgs. n. 546/1992, che, per l’appunto, ha previsto l’applicazione del citato decreto presidenziale (e quindi anche del relativo art. 41) per le controversie ancora pendenti, alla data del 1° aprile 1996, innanzi alla Commissione centrale, avendo in tal modo il legislatore disciplinato, in via transitoria ed in termini conformi alla previgente normativa, le impugnazioni delle pronunce di terzo grado in vista della soppressione del relativo giudizio. 13. Sta di fatto che il legislatore, pur stabilendo la soppressione della Commissione tributaria centrale, non ha individuato il giudice competente a decidere sulla revocazione delle sentenze da essa emanate. Nondimeno, l’assenza di una specifica previsione normativa può essere colmata sul piano interpretativo, soccorrendo le seguenti considerazioni. 14.In linea con la prevalente dottrina e diversamene da quanto sostenuto nella sentenza impugnata, la Corte ritiene che il giudice innanzi al quale proporre il ricorso per revocazione contro le decisioni della Commissione tributaria centrale vada individuato nella commissione tributaria regionale (ora, a mente della legge n. 130/2022, nella corte di giustizia tributaria di secondo grado) competente per territorio;e ciò, per le seguenti ragioni. Un primo aggancio, di natura normativa, può rinvenirsi nella previsione dell’art. 76, co. 3, del d.lgs. n. 546/1922, che, come sopra esposto, individua la commissione tributaria regionale competente (per territorio) il giudice innanzi al quale riassumere e, quindi, proseguire il giudizio all’esito della pronuncia di cassazione (con rinvio) della Corte di legittimità. La norma si riferisce al giudizio di rinvio, ma da essa può, quantomeno, desumersi un solido argomento per negare ingresso all’orientamento sostenuto dalla minoritaria dottrina, che individua nella Corte di cassazione il giudice competente a decidere sulla revocazione delle decisioni della Commissione tributaria centrale, basando tale soluzione su ragioni di coerenza logica - giuridica, reputando “asistematico” concepire che la revocazione potesse essere trattata da un giudice di grado inferiore a quello che aveva pronunciato la decisione impugnata. Il Giudicea quo non giunge a tale conclusione e, p er la verità, non si comprende quale giudice consideri, nel delineato contesto, competente, che pertanto omette di indicare, limitandosi a dichiarare il ricorso inammissibile sul rilievo che la pronuncia oggetto di revocazione era stata emessa da un giudice di grado superiore a quello regionale. Tale ordine di idee, tuttavia, non può essere condiviso, intanto perché è smentito dalla citata disposizione (art. 76, co. 3, del d.lgs. n. 546/1992), che individua, nella suddetta ipotesi, l’ufficio giudiziario competente in un giudice di “grado inferiore” rispetto a quello della sentenza cassata, il che rende assi debole l’argomento su cui poggia la sentenza impugnata, peraltro noncurante dell’intervenuta soppressione della Commissione tributaria centrale. In realtà, non sembra appropriato far leva sul diverso grado della giurisdizione e ciò per la dirimente ragione che nella fattispecie in rassegna il “giudice superiore”, che aveva emesso la pronuncia oggetto di revocazione, è stato, per l’appunto, soppresso ed ha cessato le sue funzioni. Già tali riflessioni inducono ad orientate la valutazione nel senso di individuare nelle commissioni tributarie regionali il giudice competente a trattare i giudizi di revocazione delle decisioni della cessata commissione tributaria centrale. Ebbene, tale opzione risulta –a giudizio della Corte – suffragata dalle previsioni dell’art. 1, commi 351/352, della legge n. 244/2007, con le quali, a decorrere dal 1° maggio 2008, s’è ridotto a ventuno il numero delle sezioni della Commissione tributaria centrale, stabilendo la loro sede presso ciascuna Commissione tributaria regionale avente sede nel capoluogo di ogni regione e prevedendo che «I processi pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale alla data di insediamento delle sezioni di cui al comma 351, ad eccezione di quelli per i quali è stato già depositato il dispositivo, sono attribuiti alla sezione regionale nella cui circoscrizione aveva sede la commissione che ha emesso la decisione impugnata». Risulta, in tal modo, essere stato sancito il decentramento delle sezioni della Commissione tributaria centrale presso le Commissione tributarie regionali mediante l’attribuzione della relativa competenza a decidere i processi pendenti presso la Commissione centrale. Anche alla luce di tale previsione, pur in assenza di una specifica disposizione, può, allora, ritenersi che la competenza a decidere sulla revocazione delle decisioni della Commissione tributaria centrale spetti alla Commissione tributaria regionale ed ora alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente, nella specie da individuarsi in quella della Lombardia (Milano). 15. Alla stregua delle valutazioni che precedono, la sentenza impugnata va cassata in relazione al primo motivo di ricorso, che assorbe l’esame delle altre doglianze, rinviando la causa alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, onde consentire la pronuncia sui motivi di revocazione proposti contro la pronuncia n. 55/2/2014 della Commissione tributaria centrale, nonché per regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
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