Cass. civ., SS.UU., sentenza 09/05/2006, n. 10591

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 09/05/2006, n. 10591
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10591
Data del deposito : 9 maggio 2006
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE EN - Presidente aggiunto -
Dott. PRESTIPINO Giovanni - Presidente di sezione -
Dott. VITTORIA Paolo - Presidente di sezione -
Dott. PREDEN Roberto - Consigliere -
Dott. MORELLI Mario Rosario - rel. Consigliere -
Dott. GRAZIADEI Giulio - Consigliere -
Dott. TRIFONE Francesco - Consigliere -
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere -
Dott. BONOMO Massimo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
UL VI, IN AN, in proprio e quali eredi di UL IG, nonché RE AN, US SS, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA XXIV MAGGIO 43, presso lo studio dell'avvocato AN NUZZO, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato US SS, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro
BANCA POPOLARE DELL'IRPINIA S.P.A. (già SOC. COOP. a.r.l.) in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. DENZA 15, presso lo studio dell'avvocato STEFANO MASTROLILLI, rappresentata e difesa dall'avvocato TEDESCHI MARIO, giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 3198/01 della Corte d'Appello di NAPOLI, depositata il 14/11/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/04/06 dal Consigliere Dott. Mario Rosario MORELLI;

uditi gli avvocati Mario BUSSOLETTI per delega dell'avvocato Antonio Nuzzo, Mario TEDESCHI;

udito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. MARTONE A. che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Decidendo sul gravame proposto da IG e EN LI ed ZI AN - rappresentanti dagli avvocati Cecere Antonio e Peluso Massimo "giusto mandato a margine della comparsa conclusionale di primo grado" - la Corte di Napoli, con sentenza del 14 novembre 2001, dichiarava inammissibile, per esclusa ultrattività della procura, l'impugnazione proposta per conto del LI IG deceduto dopo la chiusura della discussione nel giudizio di primo grado, e confermava, nei confronti degli altri due, la sentenza del Tribunale che aveva condannato tutti i convenuti, in solido, a pagare alla AN Popolare dell'Irpinia la somma di L.

7.684.241.469 ed accessori per pregresse prestate fideiussioni.
La conseguente condanna alle spese di lite era pronunziata a carico direttamente dei difensori limitatamente all'appello da essi proposto (anche) per conto del già deceduto LI.
Avverso quest'ultima sentenza propongono ora contestuale ricorso per cassazione LI EN ed ZI AN, nonché, in proprio, gli avvocati Cecere e Peluso, per contestare, i primi due, la statuizione di condanna nei confronti della AN e, i secondi due, la statuizione di condanna alle spese di lite relativamente alla, previamente censurata (per il profilo della negata ultrattività della procura), dichiarazione di inammissibilità dell'appello da essi proposto in nome del LI IG.
Resiste la AN con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria n. 4247 del 2006, la Sezione 1^ ha disposto la rimessione degli atti al Primo Presidente, che ha quindi assegnato la causa a queste Sezioni unite in relazione al ravvisato contrasto di giurisprudenza in ordine alla questione della ammissibilità della condanna al pagamento delle spese giudiziali a carico del difensore dell'appellante privo di efficace procura a seguito della morte del proprio assistito avvenuta dopo la chiusura della discussione nel giudizio di primo grado e prima della pubblicazione della sentenza impugnata.
Tutte le parti hanno depositato successive memorie in ordine alla riferita questione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. È preliminare all'esame della questione oggetto del denunciato contrasto di giurisprudenza la soluzione del quesito, negativamente risolto in premessa dalla Corte di merito, in ordine alla eventuale ultrattività del mandato, comprendente il potere di impugnazione, rilasciato dalla parte poi deceduta, come in questo caso, nel periodo compreso tra la chiusura della discussione nel giudizio di primo grado e la pubblicazione della correlativa sentenza. Evidente essendo che, ove in ipotesi ammessa una tale ultrattività, verrebbe meno la statuizione di inammissibilità dell'appello (per difetto appunto di procura), in correlazione alla quale si pone il problema di individuazione del soggetto soccombente agli effetti del regolamento delle spese.
Sul punto va condivisa, comunque, la soluzione adottata dalla Corte napoletana.
La quale risulta in linea con l'indirizzo di recente espresso da queste Sezioni unite, con sentenza n. 15783 del 2005, per cui, in assenza di specifica regolamentazione del mandato ad litem, deve trovare applicazione, anche con riguardo allo stesso, la normativa codicistica sulla rappresentanza e sul mandato, avente carattere generale rispetto a quella processualistica, e quindi - per quel che qui interessa - il principio dettato dall'art. 1722 c.c., n. 4, secondo il quale la morte del mandante estingue il mandato. Con la conseguenza che la regola dettata dall'art. 300 c.p.c., commi 1 e art. 28 c.p.c., che attribuisce al procuratore la facoltà di continuare a rappresentare in giudizio la parte che gli abbia conferito il mandato ancorché defunta dopo la costituzione in giudizio - come pure la regola, di cui all'ultimo comma della stessa norma, che cristallizza il giudizio tra le parti originarie in caso di morte di una di queste verificatasi dopo la chiusura della discussione davanti al Collegio - in quanto costituiscono deroga al su riferito principio generale, vanno contenute entro il rigoroso ambito, ivi previsto, della fase processuale, appunto, in cui l'evento si è verificato, e non possono dunque espandersi nella successiva fase di quiescenza e di riattivazione del rapporto processuale.

2. Rimanendo così ferma la statuizione di inammissibilità dell'appello del LI IG per difetto di procura, viene ora appunto in rilievo la statuizione consequenziale di condanna alle spese del gravame, quale adottata dalla Corte napoletana nei confronti degli avvocati Cecere e Peluso - sul rilievo che il rapporto processuale si sarebbe "instaurato

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