Cass. pen., sez. IV lav., sentenza 18/04/2023, n. 16323

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV lav., sentenza 18/04/2023, n. 16323
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16323
Data del deposito : 18 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: TARANTINO GIUSEPPE nato a CAMPOREALE il 14/10/1952 avverso l'ordinanza del 01/02/2021 della CORTE APPELLO di PALERMOudita la relazione svolta dal Consigliere D D;
lette/sentite le conclusioni del

PG RITENUTO IN FATTO

1. T G, a mezzo del difensore, ricorre avverso l'ordinanza della Corte di appello di Palermo che ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione dallo stesso proposta, per essere stato sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere in ordine al delitto di cui all'art. 416-bis cod. pen., quale partecipe dell'associazione mafiosa denominata "Cosa Nostra" e, in particolare, della sua articolazione territoriale operante a Camporeale.

1.2. La misura veniva dichiarata cessata dal Giudice dell'udienza preliminare di Palermo con la sentenza con cui, in data 16/01/2017, il T veniva assolto dal reato associativo per non aver commesso il fatto, ai sensi dell'art. 530, comma 2, cod. proc. pen. La sentenza di assoluzione, oggetto di impugnazione da parte del Procuratore generale, veniva infine confermata dalla Corte di appello con sentenza del 04/05/2018. 2. Il ricorso consta di tre motivi con cui si deducono:

2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione, sotto il profilo del travisamento delle fonti di PIA/f prova decisive fl_p_g del giudizio e della illogicità della motivazione, in relazione agli artt. 314, 315, 125 e 546, lett. e), cod. proc. pen. La Corte di appello ha motivato il rigetto sulla base di due elementi: l'avere l'istante già riportato nel 1999 una sentenza di condanna, ai sensi dell'art.444 cod. proc. pen., per il delitto di associazione mafiosa;
e le presunte frequentazioni di soggetti malavitosi desunte dalle intercettazioni indirette. Quanto al primo motivo del rigetto, l'ordinanza impugnata non ha fornito alcuna motivazione sull'esistenza di un nesso di concausalità tra il precedente penale e il successivo provvedimento restrittivo che ha interessato l'istante;
quanto alla seconda ragione del rigetto, l'ordinanza impugnata ha ribaltato le valutazioni dei Giudici di merito, rivelandosi altresì contraddittoria. Sono, infatti, state travisate le stesse captazioni laddove si legge che "viceversa poco rilevanti apparivano sin da subito le conversazioni alle quali partecipava direttamente l'odierno ricorrente" quando in realtà non esistono intercettazioni di conversazioni dirette con l'odierno ricorrente, giacché„ agli atti del fascicolo, esistevano solo intercettazioni indirette, ritenute dai Giudici della cognizione non sufficienti a fondare un giudizio di penale responsabilità in capo al T. La circostanza che l'odierno ricorrente non abbia partecipato ai dialoghi in questione esclude che egli, per dolo o per colpa grave, possa aver dato causa alla propria carcerazione. È la stessa Corte di appello di Palermo a rilevare, con riguardo alle intercettazioni indirette, come queste risultassero assolutamente vaghe e indeterminate, prive di elementi che potessero in qualche modo qualificare un ruolo o un'attività compiuta materialmente dal T nell'ambito della consorteria mafiosa: ragione per la quale, in totale mancanza di detti elementi certi, il Giudice di appello ha confermato la sentenza assolutoria. La Corte territoriale non ha tenuto in considerazione il comportamento processuale dell'istante.
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