Cass. pen., sez. VI, sentenza 29/05/2019, n. 23828
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
seguente SENTENZA sul ricorso presentato da PI HA, nato in [...] il [...] avverso la sentenza del 19/03/2018 della Corte di assise di appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo Canevelli, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso;
udito per l'imputato l'avv. Stefano Pietrabon, che ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di assise di appello di Venezia confermava la pronuncia di primo grado del 11/04/2017 con la quale il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale della stessa città aveva condannato, all'esito di giudizio abbreviato, HA PI alla pena di giustizia in relazione al reato di cui agli artt. 110 e 270-quater, comma 1, cod. pen., per avere, in Longarone e altri luoghi, fino al dicembre del 2013, concorso con IN BO e OK VB nell'arruolamento di SM ME e di NI LE per il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo, inducendoli a recarsi in Siria ed arruolarsi nell'esercito dell'associazione terroristica denominata Isis (Stato Islamico di Siria e Iraq) per il compimento di atti terroristici da realizzare all'interno del territorio siriano e dei Paesi occidentali. Rilevava la Corte territoriale come le emergenze processuali avessero provato la colpevolezza del PI che, quale consigliere del centro islamico di NE, aveva svolto una funzione 'di tramite' tra i due arruolati e l'arruolatore, il Bosinic, all'epoca IM in Bosnia, così favorendo la radicalizzazione dei due combattenti verso la jihad islamica antioccidentale e antisemita.
2.1. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso l'imputato, con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Stefano Pietrabon, il quale, formalmente con tre distinti punti, ha dedotto la violazione di legge, in relazione agli artt. 40, 42 e 43 cod. pen., 546 cod. proc. pen., ed il vizio di motivazione, per contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere la Corte di assise di appello ingiustificatamente confermato la condanna di primo grado valorizzando una serie di elementi indiziari inidonei a dimostrare tanto che il PI avesse dato un apporto causalmente efficiente all'attività di arruolamento riferibile al BO, quanto che il PI fosse consapevole dell'attività di proselitismo militare che lo stesso iman avrebbe svolto nei riguardi dei due soggetti arruolati, poi in effetti partiti, nel novembre del 2013, in Siria per combattere nell'esercito dell'Isis: elementi di conoscenza dal significato tutt'altro che univoco, che avrebbero dovuto condurre, nell'incertezza, ad un esito assolutorio e che, comunque, avrebbero dovuto essere più correttamente interpretati nel senso che il PI si era limitato ad invitare il BO a NE per tenere alcuni sermoni in un contesto religioso, mentre l'opera di 'radicalizzazione' e di ingaggio militare del ME e del LE era avvenuta per esclusiva iniziativa del BO.
2.2. Con memoria depositata il 19/04/2019 il difensore del PI ha ripreso il secondo dei tre punti esposti nel ricorso, evidenziando come il 1° giugno 2013, in occasione della sua visita in Italia, il BO si era recato spontaneamente negli uffici della digos della questura di NE "per essere sottoposto a rilievi foto- dattiloscopici ai fini della sua identificazione": circostanza, questa, che deponerebbe a favore della innocenza del ricorrente, essendo ragionevole ritenere che il PI giammai avrebbe accompagnato il BO in quell'ufficio se avesse avuto consapevolezza dell'attività clandestinamente svolta dal BO di arruolatore per conto dell'Isis ed avesse deciso di contribuire alla realizzazione della specifica iniziativa, divenuta poi oggetto di contestazione penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi del ricorso, esaminabili congiuntamente perché tra loro connessi, sono fondati, sicché l'atto di impugnazione presentato nell'interesse del PI va accolto, sia pur nei limiti e per le ragioni di seguito precisate.
2. L'art. 270-quater cod. pen., introdotto con l'art. 15 d.l. n. 144 del 2005, convertito nella legge n. 155 del 2005, con l'intento di assicurare un più efficace contrasto al fenomeno del terrorismo, soprattutto di quello internazionale e di origine fondamentalista islamica, punisce la condotta di chi «al di fuori dei casi di cui all'articolo 270-bis, arruola una o più persone per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale». Tale norma incriminatrice - al pari di quella contenuta nel successivo art. 270- quinquies cod. pen., che punisce l'addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale - ha l'evidente scopo di ampliare lo spettro dell'intervento punitivo statuale, in quanto è destinata, per un verso, a colpire condotte con finalità di terrorismo anche internazionale poste in essere in Italia da soggetti che non risultino aver aderito ad una associazione ex art. 270-bis cod. pen., così finendo per garantire, come è stato efficacemente messo in luce in dottrina, una forma di anticipazione della tutela penale;
per altro verso, ha la finalità di evitare che autori di condotte di arruolamento che non espongono direttamente lo Stato italiano ad un pericolo di guerra, potessero rimanere impuniti, non essendo integrati gli estremi dei reati in materia di «arruolamento» previsti dagli artt. 244 e 288 cod. pen., né quelli del delitto di «reclutamento» di cui all'art. 4 della legge n. 210 del 1995. Per quanto si avrà modo di evidenziare nel prosieguo, vanno qui evidenziati due aspetti della disposizione in esame.Innanzitutto va osservato che il legislatore della novella ha inteso espressamente distinguere la condotta di «arruolamento» da quella di «reclutamento», talché è necessario differenziare le due fattispecie per meglio definirne i contorni applicativi. Al riguardo, considerato che l'attività di reclutamento, cui fa riferimento il citato preesistente art. 4 della legge n. 210 del 1995, è configurabile laddove non solo sia stata raggiunta una intesa per l'inserimento in una struttura militare o paramilitare di un soggetto disponibile al compimento delle relative operazioni ivi descritte, ma vi sia stato anche l'inquadramento, una "presa di servizio", del reclutato nella struttura militare, l'arruolamento deve ritenersi fondatamente indicare 'qualcosa di meno', cioè solo il mero raggiungimento di un accordo finalizzato all'inserimento di tale soggetto nella struttura militare terroristica: