Cass. civ., sez. V trib., sentenza 15/03/2023, n. 07437
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
to la seguente SENTENZA Sul ricorso n. 14698-2018, proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE, cf 06363391001, in persona del Direttore pt., elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende - Ricorrente CONTRO CEVA LOGISTICS ITALIA s.r.1, c.f. 04758580155, CEVA LOGISTICS HOLDING ITALY s.p.a., c.f. 12363470159, ciascuna in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliate in Roma, via Giuseppe Cuboni n. 12, presso lo studio Macchi di Cellere Gangemi, rappresentate e difese dagli avv. S P e A V - Controricorrenti Avverso la sentenza n. 355/01/2018 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 21.02.2018;udita la relazione della causa svolta dal Consigliere dott. F F nell'udienza pubblica dell'8 novembre 2022, celebrata nelle forme dell'art. RGN 14698/2018 Consi e e t. Federici _ 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni con I. 18 dicembre 2020, n. 176;Lette le conclusioni della Procura Generale, in persona del Sost. Proc. Generale dott. R M, che ha chiesto l'accoglimento del settimo motivo e il rigetto degli altri;FATTI DI CAUSA Dalla sentenza impugnata si evince che a seguito della redazione del processo verbale di constatazione e dell'attività di verifica relativa alla deduzione di quote d'ammortamento, ritenute dall'Amministrazione finanziaria non spettanti per carenza dei presupposti, alla Ceva Automotive Logistics Italia (cd. TAL), poi incorporata nella Ceva Logistics Italia s.r.I., furono notificati quattro avvisi d'accertamento, relativi agli anni d'imposta 2007 e 2008, con i quali furono richieste maggiori imposte a titolo di Ires e Ira p. L'ufficio, con due rilievi, 1) riprese a tassazione la quota d'ammortamento (pari ad C 250.000,00) dell'avviamento derivante dall'acquisto, avvenuto il 31 marzo 2003, da parte della TNT Inbound Logistics s.r.l. (cd. TIL) dalla consociata controllante TNT Production Logistics s.p.a. (cd. TPL), di un ramo d'azienda produttivo. L'ammortamento fu ritenuto indeducibile per violazione dell'art. 103, comma 3, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917;2) riprese inoltre a tassazione la quota d'ammortamento (imponibile pari ad C 265.406,00) dell'avviamento derivante dall'allocazione del disavanzo originato dall'operazione di fusione della TNT Inbound Logistics s.r.l. (cd. TIL) nella TNT Automotive Logistics s.p.a. (cd. TAL), poi a sua volta incorporata nell'odierna controricorrente. L'ufficio in particolare ritenne che la quota d'avviamento fosse indeducibile per violazione dell'art. 6, commi 3 e 4, del d.lgs. 8 ottobre 1997, n. 358 (ratione temporis vigente, poi abrogato dall'art. 3, comma 2, del d.lgv. 12 dicembre 2003, n. 344, in vigore dall'I. gennaio 2004);ritenne inoltre che l'operazione violasse l'art. 37-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Le odierne (ricorrenti, rispettivamente consolidante e consolidata, succedute nei rapporti delle originarie società a seguito di varie operazioni di fusione per incorporazione, contestarono le riprese ad imponibile delle quote d'ammortamento, adendo a tal fine la Commissione tributaria provinciale di Torino, che, previa riunione dei ricorsi, accolse le ragioni delle RG N 14698/2018 Consi e est. Federici contribuenti con sentenza n. 991/01/2015. L'Agenzia delle entrate propose appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, che con sentenza 355/01/2018, ora al vaglio della Corte, rigettò l'impugnazione, confermando la sentenza di primo grado. Il giudice regionale, richiamando i principi contabili e le norme civilistiche, con riguardo al primo rilievo ritenne di escludere il potere dell'Amministrazione finanziaria di contestare i criteri di redazione del bilancio di esercizio. Reputò pertanto che l'ufficio avesse erroneamente disconosciuto il valore dell'avviamento indicato in bilancio, determinato dagli amministratori secondo regole di prudente apprezzamento, supportato dal parere del collegio sindacale. Quanto invece al secondo rilievo, ha ritenuto che legittimamente le contribuenti avessero prodotto in sede contenziosa la documentazione relativa all'operazione di fusione ed alla emersione dei presupposti per il riconoscimento del diritto all'ammortamento del disavanzo da fusione, senza che potesse assumere rilievo l'omesso inserimento della richiesta di affrancamento del disavanzo nella dichiarazione dei redditi relativa al 2004. Ha quindi anche escluso intenti elusivi nell'operazione di fusione, rigettando infine l'intero appello. L'Agenzia delle entrate ha censurato la sentenza e chiesto la sua cassazione, affidandosi a dieci motivi, cui hanno resistito le società con controricorso, depositando anche memoria ai sensi dell'art.. 378 c.p.c. All'esito della pubblica udienza dell'8 novembre 2022, celebratasi per via cartolare, la causa è stata riservata per la decisione. RAGIONI DELLA DECISIONE Deve preliminarmente esaminarsi la eccepita inammissibilità del ricorso, che le controricorrenti hanno sollevato ai sensi dell'art. 366, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., denunciando la carenza di autosufficienza. Questa Corte ha affermato che nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall'art. 366 n. 3 cod. proc. civ., dell'esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, cui il ricorrente deve provvedere in modo sintetico, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonché alla verifica dell'ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (ex multis Cass., 24 aprile 2018, n. 10072;12 marzo 2020, n. 7025). Il ricorso in cui manchi o sia insufficiente l'esposizione dei fatti di causa e del contenuto del RGN 14698/2018 Consigl e est. Federici provvedimento impugnato è inammissibile, né tale carenza può essere superata attraverso l'esame delle censure in cui si articola l'atto, non essendone garantita l'esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, né attraverso l'esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione (Cass., Sez. U, 22 maggio 2014, n. 11308). Si afferma infatti che il ricorso per cassazione si configura come un vero e proprio "modello legale" che, quanto al requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa, deve avere ad oggetto i fatti sostanziali e processuali necessari alla comprensione dei motivi, e tale requisito è richiesto, prima ancora che nell'interesse della controparte, in funzione del sindacato che la Corte di cassazione è chiamata ad esercitare ai fini della verifica della fondatezza delle censure proposte. Si è a tal fine affermato che «esiste ....un rapporto di complementarità tra il requisito della "esposizione sommaria dei fatti della causa" di cui n. 3 dell'art. 366 cod. proc. civ. e quello - che lo segue nel modello legale del ricorso - della "esposizione dei motivi peri quali si chiede la cassazione» (n. 4 dell'art. 366 cod. proc. civ.), essendo l'esposizione sommaria dei fatti funzionale a rendere intellegibili, da parte della Corte, i motivi di ricorso di seguito formulati» (Cass, 10072 del 2018 cit.). La chiarezza e completezza dunque, sia pur nella prescritta sommarietà espositiva, è funzionale al giudizio critico sui motivi di ricorso. E il requisito non può dirsi neppure soddisfatto con la riproduzione della sentenza impugnata, quando questa non contenga la descrizione dello svolgimento del processo, né una chiara esposizione dei fatti sostanziali e processuali. Ne discende che la mancanza o la carenza espositiva dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato ex se determina l'inammissibilità del ricorso. Nel caso di specie va escluso che il ricorso sia affetto da carenza di autosufficienza. Sia pur con una tecnica espositiva complessa, la descrizione dei fatti, delle ragioni degli accertamenti, dello sviluppo processuale del contenzioso, delle questioni giuridiche sottoposte al vaglio degli organi giudicanti nei gradi di merito sono ben comprensibili, così che l'atto è ammissibile e l'eccezione infondata. Esaminando quindi il merito, con il primo motivo l'Agenzia delle entrate denuncia la nullità della sentenza per violazione dell'art. 36 del d.lgv. 31 RGN 14698/2018 Consi.Liere e1st. Federici dicembre 1992, n. 546, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., perché viziata da motivazione apparente. Riassumendo le ragioni a sostegno del vizio denunciato si sostiene che lo sviluppo argomentativo non disvelerebbe le ragioni della controversia, dando, pare di comprendere, delle risposte slegate e prive di logica consequenziale, traducendosi in una "motivazione meramente parvente". Questa Corte ha affermato che sussiste l'apparente motivazione della sentenza ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonché quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sull'esattezza e logicità del suo ragionamento (Sez. U, 3 novembre 2016, n. 22232;cfr. anche 23 maggio 2019, n. 13977;1 marzo 2022, n. 6758). Ed in sede di gravame, pur se la decisione può essere legittimamente motivata per relationem ove il giudice d'appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purché il rinvio sia operato così da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata, va invece cassata quando il giudice si sia limitato ad aderire alla pronuncia di primo grado senza che emerga, in alcun modo, che a tale risultato sia pervenuto attraverso l'esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (cfr. Cass., 19 luglio 2016, n. 14786;7 aprile 2017, n. 9105). La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione è apparente anche quando, ancorché graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull'esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111, sesto comma, Cost. (Cass., 30 giugno 2020, n. 13248;cfr. anche 5 agosto 2019, n. 20921). È altrettanto apparente ogni qual volta evidenzi una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio RGN 14698/2018 Consiì1e es . Federici convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio (Cass., 14 febbraio 2020, n. 3819). L'apparenza della motivazione, incidendo sul contenuto della sentenza, la inficia, determinandone la nullità. Nel caso di specie non emerge alcuna delle ipotesi a cui viene ordinariamente collegata l'apparenza della motivazione. Differentemente dalla rappresentazione offerta dalla ricorrente, la pronuncia esamina partitamente i rilievi elevati dall'ufficio nei riguardi delle annualità d'imposta attinte dagli atti impositivi, rispondendo succintamente ma con sufficienza e pertinenza alle questioni sottoposte al suo vaglio. Manca ogni genericità e mancano inutili sovrapposizioni nel ragionamento articolato, tenendo anche conto della rilevante tecnicità delle questioni su cui vede il contenzioso. i rilievi sono esaminati sia in ordine ai requisiti e ai presupposti prescritti dalla disciplina positiva e dalle regole contabili per l'accesso alla deduzione delle quote d'ammortamento oggetto di contrasto, sia in riferimento alla documentazione a sostegno delle rispettive posizioni. Il primo motivo va dunque rigettato. Le ragioni appena esposte vanno ribadite anche per i motivi terzo, sesto e ottavo, con cui la difesa dell'Amministrazione finanziaria lamenta l'apparenza della motivazione, sempre invocando l'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. In particolare, con il terzo motivo la ricorrente ha denunciato la nullità della sentenza per violazione dell'art. 36 del d.lgv. n. 546 del 1992, quanto alla apparenza della motivazione relativamente al secondo rilievo sollevato dall'Amministrazione finanziaria;con il sesto si è doluta della nullità della sentenza per violazione dell'art. 36 del d.lgv. n. 546 del 1992, quanto all'apparenza della motivazione, sempre riferita al secondo rilievo e nello specifico alla questione della mancata indicazione dell'affrancamento del disavanzo da fusione nella dichiarazione dei redditi 2005 per l'anno 2004;con l'ottavo motivo si è lamentata della violazione dell'art. 36 del d.lgv. n. 546 del 1992, sempre in ordine al secondo rilievo e nello specifico al prospettato intento elusivo perseguito attraverso l'operazione di fusione per incorporazione. A differenza delle ragioni in cui si diffonde la difesa dell'Agenzia delle entrate la sentenza, per quanto già chiarito, è esente da motivazione apparente. RGN 14698/2018 Cons eaZderici I suddetti motivi vanno pertanto tutti rigettati. Con il secondo motivo, per la parte dedicata al primo rilievo (indeducibilità delle quote d'ammortamento relative all'acquisto di un ramo d'azienda produttivo), la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 39 e 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, degli artt. 103 e 109 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nonché dei principi generali in materia di contabilità e bilancio (per questi ultimi senza alcun'altra specificazione), in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., quanto alla affermazione della pronuncia, secondo cui, con riguardo al primo rilievo e al disconoscimento del valore di avviamento di un plesso aziendale iscritto in bilancio e delle relative quote di ammortamento dedotte, l'Amministrazione finanziaria, disconoscendo quel valore e la deducibilità delle quote, aveva travalicato i suoi poteri accertativi. Preliminare al vaglio del motivo è tuttavia la questione, sollevata dalle contribuenti, dell'efficacia di giudicato esterno che sulla suddetta indeducibilità sortirebbe la sentenza definitiva pronunciata nel giudizio instaurato avverso l'avviso d'accertamento n. R260030400046/2007, per l'anno d'imposta 2003, relativo al rilievo afferente il medesimo ammortamento. Il rilievo era stato infatti elevato per la prima volta dall'ufficio fiscale di Pinerolo (operazione d'acquisto di ramo d'azienda effettuata da TIL in data 31 marzo 2003, con avviamento acquisito a titolo oneroso e iscritto per l'importo pari al costo sostenuto di C 4.500.000,00;quota d'ammortamento di 1/18, e dunque C 250.000,00). Sulla contestazione dell'ufficio e sul suo recupero a tassazione per l'anno d'imposta 2003 la Commissione tributaria regionale del Piemonte aveva accolto le ragioni della contribuente con sentenza n. 4/06/2010, passata in giudicato a seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, dichiarata con sentenza di questa Corte n. 14918 del 2018. Ebbene, in tema di efficacia del giudicato esterno, è vero che qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile RGN 14698/2018 Consigfi est Federici della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell'autonomia dei periodi d'imposta (Sez. U, 16 giugno 2006, n. 13916). Con riguardo a tale ultimo aspetto, la medesima pronuncia ha ritenuto opportuno puntualizzare che, pur se tale autonomia comporta l'indifferenza della fattispecie costitutiva dell'obbligazione relativa ad un periodo d'imposta rispetto ai fatti che si siano verificati fuori dal periodo considerato, tale indifferenza trova giustificazione solo in relazione a quei fatti che non abbiano caratteristica di durata e siano comunque variabili da periodo a periodo, ritenendo al contrario che facciano stato le qualificazioni giuridiche (residente o non residente, ente commerciale o non commerciale, ecc.) o altri elementi preliminari, capaci di avere una stabilità ultrannuale. Da tale ultima considerazione può trarsi, quale conseguenza logica, l'affermazione secondo cui in relazione alle imposte periodiche l'effetto vincolante del giudicato esterno è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o fattispecie per le •quali l'accertamento concerne la "qualificazione" di un rapporto ad esecuzione prolungata (cfr. Cass., 4 marzo 2021, n. 5939;28 novembre 2019, n. 31084). Deve cioè trattarsi di elementi costitutivi della fattispecie, capaci di estendersi ad una pluralità di periodi di imposta, assumendo così carattere tendenzialmente permanente (cfr. Cass., 15 settembre 2017, n. 21395;inoltre 7 dicembre 2021, n. 38950;3 marzo 2021, n. 5766;10 ottobre 2019, n. 25516;si veda anche 16 maggio 2019, n. 13152). Così perimetrato l'alveo entro cui occorre apprezzare "l'oggetto" dell'efficacia del giudicato esterno, nel caso ora all'attenzione del collegio la sentenza n. 4/06/2010, di cui si invoca il giudicato esterno, aveva motivato l'accoglimento delle ragioni delle contribuenti con un espresso richiamo alla «correttezza degli Amministratori della Società verificata, in termini di esistenza di redditività futura», che risultava pertanto essere confermata. Dopo una lunga premessa sui riferimenti normativi utili a dirimere la RGN 14698/2018 Consi ete:lederici questione (art. 2423 cod. civ., in riferimento alle regole veritiere e corrette;art. 2423-bis cod. civ., con richiamo al principio della prudenza operativa economico/commerciale;art. 2426, primo comma, n. 6, cod. civ., iscrizione dell'avviamento nell'attivo di bilancio con consenso del collegio sindacale;principio contabile OIC 24, sul prudente apprezzamento) ed il richiamo alle risoluzioni della stessa Agenzia delle entrate (Risoluzione n. 154/E del 15.12.2004, in cui si riconosce che il valore di avviamento iscritto in bilancio secondo corretti principi contabili va assunto a base dell'ammortamento fiscalmente ammesso, da determinarsi ai sensi dell'art. 103, comma 3, Tuir) ed, ancora, il richiamo ad alcuni precedenti della Corte di legittimità (Cass., 7 febbraio 2008, n. 2831) nella sentenza erano condivise le ragioni prospettate dalle società, ossia «che il ramo d'azienda acquistato ha consentito alla Società di entrare nel settore della logistica di produzione con un rilevante numero di contratti stipulati con importanti operatori, soprattutto nel settore automobilistico...». Concludeva dunque con il rilevare che «il ramo aziendale acquistato presentava quindi una redditività futura che si è manifestata nonostante che i verificatori abbiano contestato e ritenuto insignificante il prospetto contabile redatto ai tempi del bilancio...», riconoscendo pertanto «l'effettiva concretezza del bene immateriale iscritto a bilancio quale posta attiva di avviamento, e con esso i valori economici positivi/negativi del conto economico derivati, per come sopra dettagliatamente dimostrato e richiamato (EBITDA)». Tali passaggi sono già sufficienti a riconoscere che le valutazioni operate dal giudice regionale nella sentenza 4/06/2010 avessero ponderato l'esistenza dei requisiti della correttezza -sotto il profilo delle regole codicistiche e dei principi contabili- della iscrizione dell'avviamento al valore dell'operazione d'acquisto del ramo d'azienda (€ 4.500.000,00) e che tale accertamento, una volta passato in giudicato, non potesse che riflettersi sulla correttezza delle quote d'ammortamento annuali dedotte anche negli anni d'imposta successivi, dipendenti sul piano logico e materiale dai fatti come accertati e qualificati con riguardo all'anno d'imposta in cui per la prima volta l'ammortamento era stato iscritto nel bilancio tra i beni immateriali, dando luogo alla legittimità della deducibilità delle singole quote d'ammortamento ai sensi dell'art. 103, comma 3, del d.P.R. n. 917 del 1986 (1/18 annuo). RGN 14698/2018 Consiì e t derici Ne discende che quel giudicato fa stato sul primo rilievo e il secondo motivo, quanto al primo rilievo, è pertanto infondato. Con il medesimo motivo l'Agenzia delle entrate ha criticato la pronuncia, sotto l'aspetto dell'errore d'interpretazione delle norme quanto alla conferma della sentenza di primo grado relativamente all'annullamento del secondo rilievo degli atti impositivi, ossia alla ripresa ad imponibile della quota d'ammortamento dell'avviamento derivante dall'allocazione del disavanzo originato dall'operazione di fusione della TNT Inbound Logistics s.r.l. (cd. TIL) nella TNT Automotive Logistics s.p.a. (cd. TAL), poi a sua volta incorporata nell'odierna controricorrente (quota d'ammortamento annuale pari ad € 265.406,00). Al secondo rilievo sono peraltro dedicati gli ulteriori motivi, e in particolare il quarto, con cui ci si duole della violazione e falsa applicazione dell'art. 2427 e 2629 cod. civ., 116 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., quanto alla affermazione del giudice regionale, secondo cui la nota integrativa al bilancio prova la rivalutazione della partecipazione sostenuta dalle contribuenti;il quinto motivo, con cui si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ. e dei principi generali in materia di prova documentale, in relazione all'art. 360, primO comma, n. 3, cod. proc. civ., quanto all'affermazione secondo cui i documenti privi di data certa hanno parimenti dignità probatoria quando extracontabili;il settimo, con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 6 del d.lgv. 8 ottobre 1997, n. 358 (ratione temporis vigente), dell'art. 2627 cod. civ., e dell'art. 115 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., quanto al riconoscimento dell'esistenza del disavanzo da fusione, pur se non risultava formulata la richiesta, nella dichiarazione dell'anno di competenza (2004), dell'applicazione del regime dei disavanzi derivanti da operazioni di fusione, così come previsti dai commi 1 e 2 del predetto art. 6;il nono, con cui ci si duole della violazione e falsa applicazione dell'art. 37-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., quanto al riconoscimento delle valide ragioni economiche dell'operazione di fusione, inquadrata nel piano di ristrutturazione del gruppo societario;RGN 14698/2018 Consi re etsy2derici il decimo, con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 37-ter del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., quanto alla esclusione di un intento elusivo, perseguito con l'operazione di fusione, perché essa era comunque inquadrabile in un disegno complessivo teso al raggiungimento di più ampi obiettivi. I motivi possono essere trattati unitariamente perché tutti finalizzati a criticare la sentenza del giudice regionale che ha escluso l'indeducibilità delle quote d'ammortamento del disavanzo derivante dall'operazione di fusione, contestata invece dall'Ufficio sia quanto ai presupposti e requisiti, sia quanto alla finalità elusiva con essa perseguita. Va sul punto chiarito che nel caso di specie, a seguito della fusione per incorporazione della cd. TIL in TAL, la partecipazione della seconda nella prima si annullò, facendo emergere un divanzo da fusione (per incorporazione). Tale disavanzo, che secondo quanto previsto dall'art. 6, comma 1 del d.lgv. n. 358 del 1997 può essere fiscalmente riconosciuto, quando iscritti i maggiori valori in bilancio, se assoggettati all'imposta sostitutiva, è stato contestato dall'Amministrazione finanziaria sotto due profili: il primo per assenza dei presupposti sostanziali e formali previsti dalla disciplina dettata dall'art. 6 del d.lgv. n. 358 cit.;il secondo perché l'operazione di fusione e l'insorgenza del disavanzo è stata inquadrata in un'operazione con cui la società perseguiva intenti elusivi. Entrambe le prospettive sono state disattese dalla commissione regionale, che ha pertanto annullato il rilievo con cui era stata riconosciuta indeducibile la quota d'ammortamento dell'avviamento derivante dall'allocazione del disavanzo originato dall'operazione di fusione. Ebbene, tenendo conto delle critiche complessive sollevate, in ossequio alla ragione più liquida, è utile affrontare il settimo motivo, con il quale l'Agenzia delle entrate ha criticato la decisione per aver ritenuto di riconoscere l'esistenza del disavanzo da fusione, ancorché la società nella dichiarazione dell'anno 2004 avesse omesso di formalizzare la richiesta di applicazione del regime dei disavanzi derivanti da operazioni di fusione, così come previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 6 del d.lgv. 358 del 1997. La sentenza ha condiviso le difese delle contribuenti sul punto affermando che «neppure l'omesso inserimento dell'affrancamento nella dichiarazione dei redditi Unico SC 2005/2004 può costituire, per disposizione RG N 14698/2018 ConsigJre est. Federici della stessa Amministrazione finanziaria, motivo sufficiente a riconoscere la correttezza del comportamento di parte appellata. Con la circolare 20/E/2016 l'Agenzia delle entrate ha risolto, infatti, la dibattuta questione relativa al carattere formale o meno della mancata indicazione di cui trattasi (rivalutazione delle partecipazioni) stabilendo la natura non sostanziale della violazione e, quindi, la sua inidoneità a pregiudicare gli effetti della rivalutazione». Sennonché tali conclusioni non possono essere condivise, ancorché richiamata la circolare dell'Agenzia delle entrate, la quale, in ordine alla ininfluenza della omissione della richiesta di rivalutazione delle partecipazioni, afferisce all'art. 176, comma 2-bis del Tuir e in ogni caso alla disciplina comunque successiva al d.lgv. n. 358 del 1997, che invece deve applicarsi al caso di specie. Essa dunque, a parte l'irrilevanza sul piano normativo di una circolare esplicativa dell'Agenzia delle entrate, non è del tutto pertinente all'oggetto della controversia. Di contro la giurisprudenza di legittimità, rilevando che la dichiarazione dei redditi affetta da errori è emendabile con limitato riguardo ai dati riferibili ad esternazioni di scienza o di giudizio, mentre, nel caso di errori relativi all'indicazione di dati costituenti espressione di volontà negoziale, il contribuente ha l'onere, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli artt. 1427 e ss. c.c., di fornire la prova della riconoscibilità e dell'essenzialità di detti errori, ha escluso, sul presupposto della valenza negoziale della mancata scelta del contribuente di affrancare gratuitamente il disavanzo di fusione ex art. 6 del d.lgs. n. 358 del 1997 -in alternativa all'iscrizione di una posta a titolo di avviamento-, che essa possa integrare un'ipotesi di errore riconoscibile. Ha pertanto escluso che sia emendabile l'omessa compilazione dei righi RR24-RR29 della dichiarazione (Cass., 23 novembre 2018, n. 30404;17 giugno 2022, n. 19591). Pacifico che la società omise di fare espressa richiesta in dichiarazione di applicazione di una delle due opzioni previste in ipotesi di fusione dai commi 1 e 2 dell'art. 6, doveva escludersi l'efficacia di quel trattamento, atteso che lo stesso art. 6, comma 4, del d.lgv. n. 358 cit. prevede che «restano ferme, in caso contrario, le disposizioni in materia di fusioni e di scissioni di società attualmente vigenti». RGN 14698/2018 Consi e esI. Federici cCA•<-(-:`-« Ne consegue che la decisione della Commissione regionale non si è attenuta al principio di diritto dispensato da questa Corte. Il motivo trova dunque accoglimento, con assorbimento di tutti gli altri. Restano peraltro assorbiti anche gli ultimi due motivi, nono e decimo, per quanto riconducibile alla denuncia delle finalità elusive perseguite dalle società. Il ricorso trova dunque accoglimento nei limiti del motivo accolto e la sentenza va pertanto cassata e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di II grado del Piemonte, che, in diversa composizione, oltre che liquidare le spese processuali del giudizio di legittimità, provvederà al riesame degli appelli introdotti da entrambe le parti,
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi