Cass. civ., sez. III, ordinanza 12/09/2019, n. 22743

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, ordinanza 12/09/2019, n. 22743
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 22743
Data del deposito : 12 settembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

ato la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 6716/2017 R.G. proposto da: KUWAIT PETROLEUM ITALIA S.P.A. in persona del Direttore degli Affari Legali e Societari, rappresentata e difesa dall'Avv. G C e dall'Avv. F P, con domicilio eletto in Roma, Foro Traiano, 1/A, presso il loro studio;

- ricorrente -

contro

AMBROGIO MORO S.P.A., in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. C C e dall'Avv. S M, con domicilio eletto in Roma, Piazza Bartolomeo Gastaldi, n. 1 presso lo studio dell'Avv. E Z;
- controricorrente e ricorrente incidentale - avverso la sentenza n. 5526/2016 della Corte d'Appello di Roma, depositata il 21 settembre 2016. Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 5 luglio 2019 dal Consigliere M G F

DI CAUSA

La Kuwait Petroleum Italia S.p.A. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 5522/2016 della Corte di Appello di Roma, depositata il 21/09/2016, deducendo la ricorrenza di cinque vizi di legittimità, illustrati con memoria. Resiste con controricorso A M S.p.a. che propone altresì ricorso incidentale, basato su un solo motivo. Nel 1979, quando la A M era grossista nel Nord Italia di prodotti petroliferi, l'allora Presidente propose al Direttore Marketing della Gulf italiana, poi divenuta Kuwait Petroleum Italia S.p.A., che l'attuale controricorrente si rendesse cessionaria di un credito che la Kuwait Petroleum vantava nei confronti della Ditta Pugni, in cambio di un impegno a rifornire di prodotti petroliferi la A M nel periodo settembre 1979-giugno 1980, data la difficoltà di approvvigionamento determinata dai problemi politici nell'area .di produzione del greggio. Fu formalizzato, con scrittura privata del 29/6/1979, il contratto di cessione del credito, ma non quello di fornitura, il cui contenuto risultava solo da: a) un verbale del Consiglio di Amministrazione della società A M in cui si dava atto della convenienza della cessione del credito, definito un favore richiesto dalla Kuwait Petroleum in cambio di un altro favore nei confronti della A M, consistente nella fornitura di maggiori forniture rispetto alle normali assegnazioni;
b) un appunto manoscritto e firmato dal Direttore Marketing della Kuwait Petroleum, datato 19/6/1979, recante l'indicazione dei volumi di prodotti assicurati alla Ditta M per la rilevazione del credito nei confronti della ditta Pugni. Nel 1990 la società A M conveniva in giudizio la Kuwait Petroleum Italia S.p.A. per sentir dichiarare l'invalidità o la risoluzione del contratto di cessione del credito della Ditta Pugni e, quindi, la restituzione del credito rimasto insoluto.Il Tribunale di Roma rigettava le domande attoree, ritenendo che dal contratto di cessione non emergesse l'obbligo della convenuta di provvedere a maggiori forniture di carburante e che non vi fosse prova che la società attrice non avesse ricevuto i quantitativi di prodotti petroliferi richiesti. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza n. 1228/1998, respingeva il gravame proposto dalla A M, perché l'appunto sottoscritto dal Direttore Marketing non proveniva da un rappresentante legale della Gulf Italia. La decisione, oggetto di ricorso, fu cassata da questo Collegio, con la sentenza n. 5916/2001, e la controversia fu rinviata alla Corte d'Appello di Roma, affinché venisse accertato il potere rappresentativo del Direttore Marketing della Kuwait Petroleum non sulla base delle norme che regolano i poteri degli amministratori della società, bensì in base alla preposizione institoria. La Corte d'Appello di Roma, a seguito di riassunzione del processo, respingeva per l'ennesima volta le domande della A M, ritenendo che il contratto di cessione del credito non avesse previsto la risolubilità espressa per il mancato adempimento dell'obbligo di maggiore fornitura, di cui all'appunto del 19/06/1979. La Corte di Cassazione, alla quale si rivolse A M S.p.A., con decisione n. 12061/2014, accogliendone il ricorso, rinviava la controversia alla Corte d'appello di Roma, perché accertasse "la finalità pratica propostasi dalle parti, l'assetto economico globale ed unitario, l'intento comune di perseguire effetti ulteriori rispetto a quelli tipici dei singoli negozi posti in essere". La Corte d'Appello di Roma, in sede di riassunzione, con la sentenza qui impugnata, dichiarava risolto il contratto di cessione e condannava la Kuwait Petroleum a restituire la somma di euro 548.320,98, corrispondente a quanto la società A M non aveva recuperato del credito verso la ditta Pugni, con interessi e rivalutazione. Si dà atto che con ordinanza interlocutoria n. 2963/2019, verificato che il controricorso, contenente il ricorso incidentale, era stato notificato tramite Pec, senza l'adempimento degli oneri di deposito gravanti sui difensori che notifichino gli atti introduttivi tramite Pec e che sulla disciplina riservatagli pendeva una decisione a Sezioni Unite, la trattazione della causa era stata rinviata in attesa di detta pronuncia. La difesa di A M S.p.A., in data 1/02/2019, premesso che la ricorrente non aveva disconosciuto la conformità del controricorso all'originale notificatole, depositava il ricorso completo della relata di notifica, attestandone la conformità all'originale telematico.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorso principale 1. Con il primo motivo, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la ricorrente deduce la violazione dell'art. 347 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c. nonché, ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento e, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo per giudizio (p. 15).

1.1. Il motivo, pur indicando in rubrica una pluralità di ragioni di censura, risulta sviluppato solo relativamente alla violazione dell'art. 347 c.p.c. ed alla omessa pronuncia su una propria eccezione.

1.2. In particolare, la ricorrente rimprovera alla Corte territoriale di aver permesso, con ordinanza del 13/6/2016, alla società A M di produrre il fascicolo di parte dei gradi precedenti di giudizio non depositati al momento della costituzione in giudizio e di non avere esaminato l'eccezione di inammissibilità della rimessione in termini concessa alla A M: eccezione che sarebbe stata formulata per ben due volte (p. 20 del ricorso).

2. Il motivo è, per alcuni versi, inammissibile e, per altri, infondato.

2.1. Viene dedotta una violazione di legge, ma non c'è alcuna correlazione con la parte motiva della sentenza impugnata che avrebbe dato luogo alla lamentata violazione, né con riguardo all'art. 347 c.c. né — soprattutto — circa la distribuzione dell'onere della prova, di cúi all'art. 2647 c.c.

2.2. Difettano anche i presupposti per invocare il vizio di omessa motivazione su un fatto decisivo, perché l'errore che viene attribuito alla Corte territoriale è quello di non essersi pronunciata su una eccezione ritualmente formulata (sulla differenza tra omessa pronuncia su una domanda od una eccezione e omesso esame di un fatto decisivo cfr. Cass. 22/01/2018, n. 1539). 2.3. È vero, tuttavia, che la ricorrente deduce anche la violazione dell'art.360, comma 1, n. 4 c.p.c.: il che, a prescindere dalla eventuale correggibilità ex officio del vizio di sussunzione, permette di superare l'inammissibilità del motivo di ricorso;
senonché la ricorrente non indica, come, invece, avrebbe dovuto, quale pregiudizio al proprio diritto di difesa avrebbe subito, come verrà meglio chiarito appresso.

2.4. Mettendo a confronto la ricostruzione delle parti sul medesimo punto si desume che: a) la A M non aveva ritirato i propri fascicoli di parte dei precedenti gradi di giudizio, dopo averli depositati presso la cancelleria della Corte di Cassazione con il secondo ricorso avverso la sentenza n. 44/08 della Corte d'Appello di Roma in sede di primo rinvio;
b) riscontrato il mancato deposito dei fascicoli dei precedenti gradi di giudizio con i documenti a supporto della domanda nel corso dell'udienza collegiale del 10/06/2016 — la controricorrente si era limitata a depositare il fascicolo del giudizio di rinvio — il giudice a quo aveva concesso alla A M un termine per provvedere al deposito o verificare il motivo della mancanza;
c) la A M aveva rinvenuto i propri fascicoli presso la cancelleria di questa Corte, da cui non erano mai stati ritirati né inviati alla cancelleria della Corte d'appello, aveva, quindi, provveduto a ritirarli il 14/06/2016 e a depositarli, in pari data, presso la cancelleria della Corte d'appello.

3. Fatta tale premessa in fatto, questo Collegio ritiene la censura della Kuwait Petroleum S.p.A. infondata.

3.1. L'assunto difensivo, non è chiaro se volto oppure no ad ipotizzare la esistenza di un obbligo, posto a carico della attuale controricorrente, di deposito dei propri fascicoli dei precedenti gradi di giudizio (tale obbligo non troverebbe riscontro nelle norme processuali: la costituzione in grado di appello, ex art. 347 c.p.c., comma 1 che rinvia agli artt. 165 e 166 c.p.c. mediante deposito del proprio fascicolo di parte attiene al fascicolo contenente l'atto di appello e la sentenza appellata ovvero la comparsa di risposta, dunque, soltanto gli atti predisposti per quel grado di giudizio, e non anche il fascicolo di parte del precedente grado di giudizio: in termini, Cass. 10/10/2017, n. 23658), denuncia comunque, l'assenza dei presupposti affinché la Corte di appello concedesse alla A M un termine per provvedere al deposito.

3.2. Prima di verificare se tale rimessione in termini — in linea generale necessaria solo per impedire che si verificasse una decadenza determinata da una causa non imputabile alla parte perché dettata da un fattore estraneo alla sua volontà, del quale è necessario fornire la prova ai sensi dell'art. 294 c.p.c.: Cass. 06/07/2018, n. 17729 — fosse giustificata nel caso di specie, va sgombrato il campo da alcune delle argomentazioni difensive della ricorrente, poiché si riferiscono all'ipotesi, di cui in questo caso mancano i presupposti, del ritiro e del mancato rideposito del fascicolo di parte o di singoli atti in esso contenuti, cui si attaglia il principio che, essendo quello civile un processo ad iniziativa di parte, qualora il fascicolo di parte sia stato ritirato dalla medesima, avvalendosi della previsione di cui all'art. 169 c.p.c. e dell'art. 77 norme att. c.p.c., e successivamente non più depositato, il giudice può decidere la causa in base ai soli atti a sua disposizione.
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