Cass. civ., sez. III, sentenza 19/02/2019, n. 04733
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nunciato la seguente Ud. 13/12/2019 SENTENZA PU sul ricorso 14276-2015 proposto da: M V, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAllA SANTIAGO DEL CILE 7, presso lo studio dell'avvocato F M, rappresentato e difeso dall'avvocato V N giusta procura speciale in calce al ricorso;- ricorrente -contro GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA in persona del procuratore speciale Dr. P H J B, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO, 62, presso lo studio dell'avvocato L C, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato C D V giusta procura speciale in calce al controricorso;- controricorrente - avverso la sentenza n. 396/2015 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 17/03/2015;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/12/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C S che ha concluso per il rigetto;udito l'Avvocato V N;udito l'Avvocato L C;FATTI DI CAUSA 1. V M convenne in giudizio la s.p.a. Nuova Tirrena, davanti al Tribunale di Lucera, Sezione distaccata di Apricena, chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni conseguenti a comportamenti asseritamente diffamatori tenuti nei suoi confronti. A sostegno della domanda espose di aver svolto funzioni di Giudice di pace presso la sede di Apricena e che, nel corso della trattazione di una causa a lui assegnata, la società convenuta aveva inserito in comparsa conclusionale una serie di considerazioni ritenute lesive del suo prestigio professionale e del suo onore;comportamento, questo, che aveva trovato ulteriore conferma nella presentazione, da parte della medesima convenuta, di otto istanze di ricusazione nei suoi confronti, tutte respinte. Ritenne l'attore, pertanto, che nel comportamento tenuto dalla convenuta fossero ravvisabili gli estremi dei reati di cui agli artt. 594 e 595 cod. pen., con conseguente suo diritto al risarcimento del danno ai sensi dell'art.2059 del codice civile. Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda. Rilevò la predetta che le espressioni in questione erano da ricondurre, semmai, al suo difensore in quel giudizio;che si trattava di frasi prive di ogni offensività, contenendo esse soltanto alcune perplessità in ordine all'operato dell'Ufficio del Giudice di pace di Apricena in generale, e che doveva comunque ritenersi applicabile l'esimente di cui all'art. 598 del codice penale. Il Tribunale rigettò la domanda accogliendo l'eccezione di difetto di legittimazione passiva della convenuta;ciò sul rilievo che, trattandosi di responsabilità per risarcimento dei danni derivanti da reato, della condotta criminosa non poteva che rispondere il suo autore, cioè il difensore della società convenuta. 2. La sentenza è stata impugnata dall'attore soccombente e la Corte d'appello di Bari, con sentenza del 17 marzo 2015, ha rigettato il gravame ed ha condannato l'appellante al pagamento delle spese del grado.Ha osservato la Corte territoriale che le argomentazioni dell'appellante non valevano a superare l'affermazione di fondo della sentenza di primo grado secondo cui l'art. 27, primo comma, Cost., stabilisce il principio che la responsabilità penale è personale. Richiamato il contenuto dell'art. 598, primo e secondo comma, cod. pen., la Corte ha rilevato che tale norma, predisponendo un sistema di tutela contro «gli eccessi "offensivi" del diritto di difesa», ha una valenza encloprocessuale, nel senso che rimane circoscritta al giudizio nel quale tali eccessi si sono evidenziati, con conseguente impossibilità di farne un'applicazione esterna. Allo stesso modo, non poteva neppure ritenersi corretto il richiamo fatto dall'appellante all'art. 89 cod. proc. civ., pcsto che tale disposizione delinea un «sistema sanzionatorio endoprocessuale contro le difese "offensive" delle parti», sistema di per sé inapplic:abile qualora - come nel caso di specie - la persona offesa sia il giudice. D'altra parte lo stesso appellante aveva escluso, proprio in quanto giudice della causa nella quale )7, ,. erano state usate le affermazioni asseritamente diffamatorie, di poter liquidare in proprio favore una somma ai sensi dell'art. 89 del codice di rito civile;e poiché l'art. 89 cit. deve essere letto unitamente tra i due commi, da tanto derivava l'inapplicabilità del sistema ivi previsto nel caso di specie. La presenza di tale sbarramento pregiudiziale impediva, secondo la Corte barese, l'esame del merito delle censure.
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