Cass. pen., sez. V, sentenza 10/02/2022, n. 04919
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: PEPÈ DOMENICO nato a ROSARNO il 17/03/1955 avverso l'ordinanza del 12/02/2021 del TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere G F lette: la requisitoria scritta presentata - ex art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con modif. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 - dal Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione LUIGI ORSI, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;le conclusioni presentate, con la memoria presentata ai sensi della stessa norma, dall'avvocato M A B nell'interesse del ricorrente che ha insistito per l'accoglimento del ricorso;(/ì' RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 12 febbraio 2021 (dep. il 19 marzo 2021) il Tribunale di Reggio Calabria - a seguito del riesame interposto nell'interesse di D P - ha confermato l'ordinanza 7 dicembre 2020, con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria ha applicato alla stessa persona sottoposta a indagini la misura della custodia cautelare in carcere poiché gravemente indiziata: - della partecipazione a un'associazione dedita al traffico di stupefacenti - per quel che qui rileva - con l'aggravante di aver agito al fine di agevolare una associazione di tipo mafioso (capo di incolpazione n. 29);- dell'offerta in vendita, in concorso con G P e A P, di sostanza stupefacente (capo n. 31). 2. Avverso il provvedimento collegiale il difensore della persona sottoposta a indagini ha proposto ricorso per cassazione, formulando quattro motivi (di seguito enunciati, nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.). 2.1. Con il primo motivo - richiamando l'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all'art. 273 cod. proc. pen. - sono stati dedotti la violazione della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza a carico del ricorrente dei gravi indizi dei delitti sopra indicati. 2.2. Con il secondo motivo - richiamando l'art. 606, comma 1, lett. b) e e), cod. proc. pen., in relazione all'art. 273 stesso codice - sono state dedotte la violazione della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla circostanza aggravante prevista dall'art. 416-bis.1 cod. pen., ritenuta con riguardo al delitto di cui all'art. 74 d.p.r. 309/1990. 2.3. Con il terzo motivo - richiamando l'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all'art. 273 stesso codice - sono state dedotte la violazione della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione in relazione ai gravi indizi del delitto di cui all'art. 73 d.p.r. 309/1990 (capo 31). 2.4. Con il quarto motivo sono state prospettate la violazione della legge penale e l'omessa motivazione (art. 606, comma 1, lett. b) e e, cod. proc. pen.), in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, anche in relazione al tempo trascorso dai fatti. 3. Con la propria requisitoria scritta il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione ha rappresentato che il ricorso avrebbe riproposto le medesime doglianza già avanzate innanzi ai Giudici di merito relative sia al difetto dei gravi indizi della partecipazione del ricorrente al sodalizio dedito al traffico di stupefacenti e alla sua identificazione, ignorando la motivazione del provvedimento impugnato;ed ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile. La difesa, nel corpo della memoria presentata, ha ribadito quanto dedotto con il ricorso a confutazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (richiamando altresì il tenore di una conversazione intrattenuta il 20 dicembre 2017 dalla coindagata A P con A I, che dimostrerebbe che costei e il padre si occupassero della vendita di materiale edile) e, comunque, a dimostrazione che D P avrebbe svolto il proprio ruolo per un tempo circoscritto. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è inammissibile. 1. Il primo e il terzo motivo possono essere trattati congiuntamente. 1.1. Con il primo motivo - sub specie della violazione della legge penale e del vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza - la difesa ha dedotto che il compendio a carico del PEPÈ, cui è ascritto il delitto associativo poiché avrebbe messo a disposizione di G P i propri contatti criminali, si fonderebbe solo sui dati tratti da conversazioni telefoniche, da cui si sarebbe inferito il suo concorso in un unico reato fine che, a sua volta, costituirebbe la prova logica della partecipazione alla societas;e ciò in violazione dei principi giurisprudenziali relativi alla valutazione degli elementi probatori e ai presupposti perché possa ravvisarsi il delitto associativo in incolpazione. Difatti, il PEPÈ non ha avuto contatti con nessuno dei soggetti ritenuti associati, se non con l'amico G P, il quale lo ha accompagnato a Roma in occasione di un'udienza presso questa Suprema Corte, e la figlia di lui A P;e i collaboratori di giustizia escussi non hanno mai fatto riferimento al ricorrente. Né l'ordinanza di prima istanza né quella emessa dal Collegio distrettuale avrebbero indicato indizi gravi precisi e concordanti dai quali trarre la messa a disposizione del PEPÈ, in maniera permanente e duratura, per ogni attività del sodalizio. Invero: - il PEPÈ sarebbe stato identificato nel soggetto appellato da Giuseppe e A P come «mastro Mimmo muratore» sulla scorta di una mera illazione fondata sul luogo in cui si trova l'abitazione della madre del PACE (quantunque si tratti di una zona molto popolata e sia assurdo che quello fosse il luogo dove il PEPÈ si nascondeva durante la latitanza);- l'ordinanza impugnata non avrebbe considerato - nonostante quanto addotto dalla difesa - che il PEPÈ alla data in cui ha avuto luogo la conversazione da cui è stato tratto tale dato (il 9 dicembre 2017) non fosse edotto dell'esito dell'udienza presso il Giudice di legittimità (celebrata il 29 novembre 2017 e a lui noto soltanto il 1° dicembre 2017);- dalla stessa conversazione del 29 novembre 2017 tra il PACE e Antonio Pietro PIROMALLI risulterebbe che in Roma non vi fu alcun incontro con quest'ultimo;- le rimanenti intercettazioni dovrebbero riferirsi in effetti a lavori edili, in quanto la diversa interpretazione, secondo cui avrebbero a oggetto il traffico di stupefacenti, sarebbe frutto di un'inferenza illogica e anzi di una vera e propria illazione, i dialoghi non sarebbero riferibili al PEPÈ (che non è stato direttamente intercettato) e comunque avrebbero contenuto neutro (anche a ritenere che il ricorrente sia il soggetto captato il 3 dicembre 2017, quando con il telefono del PACE viene contattato Domenico Antonio SURIANO che è proprietario di un ristorante a Policoro);- l'apporto del PEPE non potrebbe dirsi fondamentale perché sarebbe rimasto quasi occulto e avrebbe avuto luogo in un arco di tempo ridottissimo di meno di un mese (dal novembre al dicembre 2017), come riconosciuto in maniera contraddittoria dalla stessa ordinanza impugnata;- gli elementi relativi all'arresto del PEPE non sarebbero dimostrativi della sua partecipazione all'associazione, al più potendo deporre per la sussistenza del reato di favoreggiamento, ovviamente non perpetrato dal ricorrente ma dai suoi presunti sodali;- non è stata compiuta nessuna attività di riscontro del presunto trasporto di stupefacente (di cui al capo 31) nonostante tramite le intercettazioni fosse emersa l'organizzazione del viaggio de quo due giorni prima che esso avesse luogo. Inoltre, l'ordinanza impugnata difetterebbe del tutto di motivazione nella parte relativa al delitto di cui all'art. 497 cod. pen. pure ascritto al PEPE (capo di incolpazione n. 36). Infine, non sarebbe stata «data prova del fatto che l'associazione fosse armata il PACE ne fosse consapevole».
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