Cass. civ., sez. I, sentenza 03/12/2018, n. 31186
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In tema di società di capitali, le erogazioni in conto di futuro aumento di capitale effettuate da un socio in favore della società, condizionate all'adozione della relativa delibera di aumento capitale entro un determinato termine, nel caso di mancata adozione della delibera (nella specie, per l'intervenuto fallimento della società sottoposta ad amministrazione straordinaria), determinano a carico della società l'obbligo di restituzione di quanto erogato dal socio a tale titolo, poiché in tal caso l'erogazione determina un aumento di capitale solo potenziale, destinato a divenire effettivo solo a seguito della delibera di aumento. Né a tale fattispecie è applicabile l'art. 2467 c.c. poiché tale disciplina riguarda solo i versamenti effettuati a titolo di finanziamento o di mutuo, ai quali è possibile associare un obbligo di rimborso, mentre non è applicabile ai versamenti o ai trasferimenti in conto capitale, in considerazione della diversità della causa che li contraddistingue, assimilabile a quella di capitale di rischio piuttosto che a quella delle obbligazioni creditorie.
Sul provvedimento
Testo completo
31 18 6/2 0 18 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati Società - amm. Presidente CARLO DE CHIARA straord. fallimento trasferimenti in conto ROSA MARIA DI VIRGILIO Consigliere futuro aumento di Consigliere Rel. capitale rivendica - FRANCESCO TERRUSI - principi MASSIMO FLA Consigliere Ud. 12/09/2018 PU Consigliere Cron.
3.1186 EDUARDO CAMPESE R.G.N. 17425/2015 SENTENZA sul ricorso 17425/2015 proposto da: C.U.C.1 Curatela del Fallimento Amia S.p.a., in persona dei curatori avv. M P, prof. P B, prof. avv. A G, elettivamente domiciliata in Roma, Via Lazzaro Spallanzani n. 22/a, presso lo studio dell'avvocato B M, rappresentata e Abbadessa P, giusta procura in calce aldifesa dall'avvocato ricorso;
-ricorrente - contro 1 4 14 18 0 2 Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall'avvocato Geraci Giulio, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente - avverso la sentenza n. 3526/2015 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata il 08/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/09/2018 dal cons. TERRUSI FRANCESCO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l'accoglimento del motivo1, in subordine 6 e 7;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato P. Aessa che ha chiesto l'accoglimento;
udito, per il controricorrente, l'Avvocato G. Geraci che ha chiesto il rigetto.
Fatti di causa
Il comune di Palermo, unico azionista di Amia s.p.a., società di gestione del servizio di igiene ambientale in liquidazione e, poi, a far data dal 12-4-2010, in amministrazione straordinaria, deliberò di trasferire alla detta società il 49 % del pacchetto azionario detenuto in AMG Energia s.p.a. e di conferirle due importanti immobili siti in Palermo - il Palazzo ex Ferrovie in piazzetta Cairoli e il Palazzo La Rosa in via Allorio, oltre a un importo di oltre 59 milioni di euro destinato a ricapitalizzazione. 2 Nelle distinte delibere consiliari, l'operazione venne motivata con la sussistenza del preminente interesse pubblico al risanamento di Amia e fu realizzata, per gli immobili, con atti notarili rispettivamente rogati il 15-10- 2010 e il 3-12-2010 e, per le azioni, con girata del direttore generale del comune, previa delega sindacale, in data 24-9-2010. Il tribunale di Palermo, con decreto del 22-4-2012, dispose la conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, donde il comune presentò domanda di insinuazione chiedendo la restituzione sia del titolo nominativo azionario sia degli immobili, sostenendo che il trasferimento e il conferimento fossero stati effettuati subordinatamente Mancato alla condizione risolutiva del buon esito della prima procedura, e quindi all'effettivo risanamento della società a opera dei commissari straordinari. In via subordinata dedusse che in ogni caso le operazioni di trasferimento erano nulle per violazione del divieto di cui all'art. 6, diciannovesimo comma, del d.l. n. 78 del 2010, conv. con modificazioni in I. n. 122 del 2010. Il giudice delegato dichiarò inammissibile, perché ultratardiva, la domanda di restituzione delle azioni e rigettò quella di restituzione degli immobili. Entrambe le domande sono state invece accolte dal tribunale di Palermo a seguito di opposizione allo stato passivo. In particolare il tribunale ha ritenuto ammissibile anche la domanda avente a oggetto le azioni, poiché legittimata dall'art. 71 del d.lgs. n. 270 del 1999 e in ogni caso giustificata, nell'ottica dell'art. 101, ult. comma, 3 legge fall., dall'interesse alla proposizione, cronologicamente correlato alla chiusura dell'amministrazione straordinaria e alla conversione della stessa in fallimento, e rilevante ai fini della verifica della non imputabilità del ritardo. Da tanto ha dedotto che nessuna ragione poteva giustificare una diversa decisione in ordine all'ammissibilità della domanda in questione rispetto a quella relativa agli immobili, già ritenuta ammissibile dal giudice delegato. Nel merito il tribunale ha ravvisato la fondatezza della pretesa sotto entrambi i profili: (a) perché sia il trasferimento immobiliare che quello azionario, in base alle risultanze in atti (ivi comprese quelle desunte da annotazioni nelle scritture contabili di Amia), dovevano essere inquadrati come versamenti in conto futuro aumento di capitale, essendosi trattato di apporti funzionalmente mancato collegati e risolutivamente condizionati all aumento di capitale programmato . nell'ottica del risanamento della società;
aumento di capitale che avrebbe dovuto essere attuato entro un anno dalla chiusura dell'amministrazione straordinaria, e che, di contro, non vi era stato per il sopravvenuto fallimento;
(b) perché in ogni caso i trasferimenti predetti erano da intendersi affetti da nullità, per contrasto col divieto di cui all'art. 6, diciannovesimo comma, del d.l. n. 78 del 2010, attesa l'insussistenza delle specifiche circostanze di deroga contemplate dalla norma. Per la cassazione del decreto del tribunale di Palermo la curatela fallimentare ha proposto ricorso articolato in dieci motivi, illustrati da memoria. 4 Il comune ha replicato con controricorso. Ragioni della decisione 1. Coi primi due motivi la curatela censura la statuizione con la quale il tribunale ha ritenuto ammissibili le domande restitutorie nonostante fossero ultratardive. Al riguardo denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 101 legge fall. sotto due profili, tra loro subordinati.
1.1. Il primo è legato alla circostanza che, ove anche condivisa sulla linea dell'interesse, da ricondurre alla conversione della procedura in fallimento, la tesi del tribunale sarebbe fallace per il fatto di non aver considerato che la conversione era stata disposta il 22-4-2013 e il termine ex art. 101, primo comma, legge fall. era scaduto il 30-6-2013, decorsi diciotto mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo (30- 9-2011), mentre il ricorso del comune ex art. 93 legge fall. era stato presentato dopo quasi un anno dalla scadenza di tale ultimo termine (il 13- 3-2014). -1.2. Il secondo è da associare al fatto che il comune, tenendo conto dell'art. 53 del d.lgs. n. 270 del 1999 circa la prosecuzione dell'accertamento del passivo, nell'amministrazione straordinaria, secondo il procedimento previsto dall'art. 93 e seg. legge fall., avrebbe potuto e dovuto semmai presentare una domanda di restituzione condizionata, ai sensi dell'art. 96 legge fall.;
sicché non avendolo fatto nei termini di cui alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, esso si sarebbe dovuto considerare decaduto dalla possibilità di proporla. 5 2. - Il primo motivo è inammissibile, poiché non coerente con la specifica ratio decidendi del decreto impugnato. Il tribunale ha tenuto ferma la possibilità di proposizione di una domanda ultratardiva alle condizioni indicati giustappunto nell'ultimo comma dell'art. 101 legge fall., e da questo punto di vista non è esatto affermare che non abbia considerato gli elementi specificati in ricorso. Semplicemente va detto che insistere su quegli elementi non è produttivo in questa sede, poiché quel che rileva è che il tribunale ha dedotto dall'interesse del comune, ricostruito come coincidente con la conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, la non imputabilità del ritardo nella proposizione della domanda restitutoria. Donde la ratio decidendi si rinviene in ciò: che la domanda era in effetti ultratardiva, ma che, non essendosi esaurite le ripartizioni dell'attivo fallimentare, essa era comunque ammissibile, essendo il ritardo dipeso da causa (la sopravvenuta conversione) non imputabile al comune. Ora è del tutto pacifico che, in caso di domanda tardiva di ammissione al passivo ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 101 legge fall., la valutazione della sussistenza di una causa non imputabile, che giustifichi il ritardo del creditore, implica un accertamento di fatto, rimesso alla valutazione del giudice di merito (v. per tutte Cass. n. 19017-17, Cass. n. 20696-13). E l'accertamento di fatto notoriamente sfugge al sindacato di legittimità, salvo che ne sia denunziata l'illogicità del profilo motivazionale, ai sensi dell'art. 360, n. 5, cod. proc. civ. e nei limiti in cui tale vizio è ancora deducibile in cassazione. 6 Giusta o sbagliata che sia, la valutazione in fatto del giudice a quo in ordine alla non imputabilità del ritardo del comune non è stata censurata sul versante della congruità della motivazione. E dunque resta in questa sede intangibile. 3. - Il secondo motivo è infondato. La tesi sostenuta dalla ricorrente muove dalla premessa che, eliminata in tema di accertamento del passivo ogni distinzione tra le domande di insinuazione dei crediti e le domande di rivendica o di restituzione di beni, il comune avrebbe dovuto presentare una domanda di restituzione condizionata nei termini di cui alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, e non avendolo fatto si sarebbe dovuto considerare decaduto dalla possibilità di proporla in via tardiva. L'assunto non può essere condiviso. E' risolutivo che, in sede di verificazione dello stato passivo, la domanda di rivendica non può essere oggetto di ammissione con riserva, tanto che quest'ultima, in quanto atipica ed estranea alle ipotesi tassativamente indicate dall'art. 95 legge fall., anche qualora sia disposta dal giudice, andrebbe considerata come non apposta (v. per gli immobili, ma con principio estensibile a ogni categoria di bene, Cass. n. 20191-17).
4. Coi motivi dal terzo all'ottavo la curatela, in progressiva subordinazione, censura la decisione nella parte afferente il merito della pretesa, specificamente correlato alla qualificazione degli apporti del comune come versamenti in conto futuro aumento di capitale, sottoposti alla condizione