Cass. civ., sez. II, sentenza 29/09/2004, n. 19598

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Massime1

In tema di accettazione dell'eredità, poiché le persone giuridiche diverse dalle società non possono, ai sensi dell'art.473 cod. civ., accettare le eredità loro devolute se non con il beneficio d'inventario (e, per le eredità devolute prima dell'entrata in vigore dell'art. 13 della legge 15 maggio 1997, n. 127, se non munendosi altresì dell'autorizzazione governativa di cui all'art.17 cod. civ.), qualora l'accettazione, nell'unica forma consentita dalla legge, sia divenuta inefficace (nella specie, per mancata redazione dell'inventario entro tre mesi dall'accettazione, in assenza di richiesta di proroga del termine), si deve ritenere che, non potendo trovare applicazione, per evidente incompatibilità, la diversa disposizione in forza della quale il chiamato è da considerare erede puro e semplice, va esclusa l'esistenza stessa dell'accettazione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 29/09/2004, n. 19598
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19598
Data del deposito : 29 settembre 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S M - Presidente -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. D J R - Consigliere -
Dott. S G - rel. Consigliere -
Dott. M V - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROVINCIA DELLA NATIVITÀ BMV (ORDINE DELLA SANTISSIMA TRINITÀ), in persona del legale rappresentante pro tempore P A B, elettivamente domiciliato in

ROMA VLE GIULIO CESARE

71, c/o Avv. P Z rappresentato e difeso dall'avvocato C B, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
C B, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.

SCALIA

39, presso lo studio dell'avvocato M M, rappresentato e difeso dall'avvocato C T, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 717/00 della Corte d'Appello di NAPOLI, depositata il 24/03/00;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 21/05/04 dal Consigliere Dott. G S;

udito l'Avvocato G G CRDONE con delega dell'Avvocato B, difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO

Rosario che ha concluso per rigetto previa correzione della motivazione della sentenza impugnata.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Provincia della Natività B.V.M. dell'Ordine della Santissima Trinità (di seguito indicata per brevità "Provincia"), assumendo d'essere erede a titolo universale per testamento olografo 1.1.79 di Gaetano Cante, deceduto il 3.11.90, ed, a tale titolo, comproprietaria pro indiviso d'un immobile sito in Mugnano, alla via Sequino n. 8, unitamente a B C, a sua volta comproprietario per successione a Concetta Cante, questi conveniva innanzi al tribunale di Napoli, con citazione 16.7.96, onde ottenere lo scioglimento della comunione e la divisione dell'immobile. B C, costituendosi, si opponeva all'accoglimento dell'avversa domanda eccependo, tra l'altro, l'incapacità della controparte a succedere al testatore non avendo provveduto alla redazione dell'inventario nel termine di tre mesi dall'accettazione nè avendo chiesto la proroga del detto termine.
L'adito tribunale, con sentenza 2.1.98, atteso che la Provincia aveva accettato l'eredità con beneficio d'inventario per atto notar Trinchino di Napoli 7.7.93 su autorizzazione per d.p.r. 29.5.87 n. 461 ma non aveva, poi, tempestivamente provveduto alla redazione
dell'inventario, accoglieva l'eccezione del convenuto e rigettava la domanda.
Avverso tale decisione la Provincia proponeva gravame imputando al primo giudice d'aver erroneamente ritenuto applicabili alle persone giuridiche, obbligate ex lege ad accettare con beneficio d'inventario le eredità loro devolute, le decadenze di cui all'art. 487 C.C., previste Invece, a suo avviso, per i soli chiamati all'eredità cui sia concessa ma non imposta l'accettazione beneficiata. Resisteva il Cante contestualmente proponendo gravame incidentale per le spese.
La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza 24.3.00, rigettava entrambi i gravami:quanto al principale, sul rilievo che la mancata redazione dell'inventario nel termine di legge, determinando la decadenza dal beneficio e l'assunzione della qualità d'erede puro e semplice, implicasse per le persone giuridiche, alle quali non è consentito d'assumere tale qualità, il prodursi d'una sopravvenuta situazione d'incapacità a succedere;quanto all'incidentale, sul rilievo che la compensazione operata dal primo giudice fosse giustificata dalla natura della controversia.
La Provincia impugnava, quindi, per Cassazione detta pronunzia con ricorso affidato ad un unico complesso motivo.
Resisteva B C con controricorso, cui faceva anche seguire memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si duole la ricorrente - denunziando violazione degli artt. 473 e 487 C.C. nonché vizi di motivazione - che la corte territoriale abbia
erroneamente ritenuto possa verificarsi anche nei confronti delle persone giuridiche, alle quali è imposta ex lege l'accettazione con beneficio d'inventario delle eredità loro devolute, l'effetto della decadenza dal beneficio stesso, prevista invece, in caso di mancata tempestiva redazione dell'inventario, per le sole persone fisiche, e, nell'impossibilità dell'assunzione da parte delle persone giuridiche della qualità d'erede puro e semplice, determinarsi a carico delle stesse una condizione d'incapacità a succedere non prevista dall'ordinamento;erroneità prospettata sulla considerazione che le vicende dell'erezione o meno dell'inventario non influiscano sull'acquisizione della qualità d'erede atteso che, per contro, tale qualità è acquisita dagli enti ecclesiastici con l'autorizzazione governativa all'accettazione e, per il principio semel heres semper heres, non può successivamente venir meno ne' considerata la tipicità delle cause d'incapacità a succedere, di queste possono crearsene, per analogia, altre diverse da quelle espressamente previste.
Il motivo non merita accoglimento per due distinti ordini di considerazioni.
L'unico noto precedente di legittimità in termini è quello di Cass.

8.5.79 n. 2617
- al quale si è palesemente adeguato il giudice a quo
nella sua decisione - nella cui motivazione si è ritenuto tout court che "poiché, d'altra parte, la persona giuridica non può accettare puramente e semplicemente l'eredità, dalla decadenza del beneficio d'Inventario non può che derivare la sua incapacità a succedere nell'eredità devoluta".
Tesi siffatta, non crea, come erroneamente ritiene parte ricorrente, una causa atipica d'incapacità a succedere bensì, pur nell'apoditticità della riportata motivazione, è evidentemente ispirata allo schema classificatorio della capacità giuridica nelle due categorie della capacità generale, per la quale il soggetto diviene titolare di diritti e doveri e può avvalersi della tutela accordata dall'ordinamento con il solo suo venire ad esistenza, e della capacità speciale, configurata ogni qual volta particolari esigenze di carattere naturale o sociale o morale la richiedano quale presupposto per l'attribuzione o l'esclusione di singoli diritti o doveri.
In vero, venendo alla questione che qui interessa, mentre la capacità a succedere s'identifica con la capacità giuridica generale del successibile per le persone fisiche, in relazione alla loro esistenza in vita od al loro concepimento (nella successione legittima) od anche alla loro condizione di figli pur non ancora concepiti di determinate persone viventi (nella successione testamentaria) al momento dell'apertura della successione, viceversa per le persone giuridiche diverse dalle società la capacità a succedere non è configurata in relazione soltanto al loro avvenuto riconoscimento al medesimo momento o ad un loro riconoscimento avviato entro l'anno dallo stesso, ma anche, a tutela del loro patrimonio in ragione delle finalità morali e sociali d'interesse collettivo dalle stesse perseguite, alla successione in universum ius mediante aditio nella particolare forma dell'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario.
Per il che il mancato completamento e la sopravvenuta impossibilità di esso, conseguente all'omessa redazione dell'inventario nei termini e con le modalità normativamente stabiliti, della fattispecie a formazione progressiva dell'accettazione con beneficio d'inventario, con la quale è stato regolato l'acquisto dell'eredità da parte delle persone giuridiche diverse dalle società, si traduce nella mancata acquisizione della capacità speciale a succedere da parte delle persone giuridiche stesse, in quanto condizionata ad una valida aditio nella forma stabilita, come, appunto, correttamente ritenuto dal richiamato precedente e dal giudice a quo.
La decisione con la quale quest'ultimo ha respinto l'appello può, tuttavia, trovare fondamento, pur ove non si dovesse aderire alla tesi prospettatavi, anche in un diverso ordine di considerazioni. Non può, in vero, prestarsi adesione alla tesi, posta dalla ricorrente alla base delle proprie argomentazioni, per la quale la qualità d'erede s'acquisterebbe ipso facto dalle persone giuridiche - nelle ipotesi, come quella in esame, di successione apertasi prima dell'entrata in vigore dell'art. 13 della L 15.5.97 n. 127 - una volta che queste abbiano ottenuto l'autorizzazione governativa e dichiarato d'accettare l'eredità.
È indubbio che l'eredità non si trasmetta al chiamato, all'atto dell'apertura della successione, in virtù della sola delazione, pur questa rappresentandone un presupposto che è, tuttavia, di per sè solo insufficiente all'acquisto della qualità d'erede;a tal fine, è, infatti, normativamente stabilito, ex art. 459 C.C., che da parte del chiamato debba, altresì, aver luogo l'accettazione, atto negoziale unilaterale mediante il quale il chiamato fa propria l'eredità, ciò che può verificarsi o per espressa manifestazione di volontà mediante aditio, o tacitamente per effetto di pro herede gestio, od ancora in conseguenza di comportamenti pur non riconducibili a tale ultima ipotesi ai quali tuttavia l'effetto è ricollegato ex lege.
L'accettazione espressa è una dichiarazione resa in forma d'atto pubblico o di scrittura privata con la quale il chiamato manifesta la propria attuale volontà di acquistare l'eredità e di assumere la qualità d'erede (art. 475 C.C.);l'accettazione tacita è una manifestazione implicita della volontà d'accettare l'eredità che si riscontra nel compimento d'atti che implichino la qualità d'erede come loro necessario presupposto (art. 476 C.C.), dei quali ultimi la legge, con indicazione peraltro non tassativa, ipotizza specificamente taluni, in essi ravvisando situazione siffatta (artt. 477, 478 C.C.);
la accettazione ex lege prescinde, invece, dalla
volontà del chiamato ed ha carattere lato sensu sanzionatorio, è prevista, tra l'altro, dall'art. 527 C.C. e, per quanto qui in particolare interessa, dagli artt. 485/11 e 487/11 C.C., ipotesi queste nelle quali il chiamato all'eredità, rispettivamente nel possesso e non dei beni ereditari, il quale intenda avvalersi dell'accettazione con beneficio d'inventario, non ottemperi, con le modalità e nei termini stabiliti, alle pertinenti prescrizioni procedimentali.
Nessuna delle riferite forme d'accettazione è, peraltro, idonea allorché chiamato all'eredità sia un incapace o, come nel caso che ne occupa, una persona giuridica diversa dalle società, giacché, in tali ipotesi, l'ordinamento impone la particolare forma dell'accettazione con beneficio d'inventario, onde, contrariamente a quanto ritiene parte ricorrente, mentre un'accettazione originariamente semplice non potrebbe neppure essere autorizzata ex art. 17 C.C. e sarebbe, comunque, invalida, pur nell'ipotesi di successione apertasi dopo l'entrata in vigore dell'art. 13 della L. 15.5.97 n. 127 dal quale è stato abolito l'onere
dell'autorizzazione, anche una accettazione originariamente con beneficio di inventario ma divenuta semplice per decadenza dal beneficio sarebbe da considerare invalida, sia perché difforme dalla detta autorizzazione, rilasciata in funzione d'un'accettazione beneficiata, sia perché ex se espressamente preclusa dall'ordinamento.
In quest'ultima ipotesi, peraltro, più che d'accettazione invalida sembra doversi parlare d'accettazione inefficace od inesistente. Con l'istituto dell'accettazione beneficiata - previsto onde temperare il rigore delle conseguenze dell'accettazione ordinaria, che è irrevocabile e che, in quanto actus legitimus, non può essere subordinata a termini o condizioni - è consentito all'erede di procrastinare od escludere definitivamente la confusione del proprio patrimonio con quello del de cuius, altrimenti immediata, per il tempo necessario all'accertamento delle attività e passività ereditarie e, quindi, alle deliberazioni consequenziali;istituto posto, dunque, anzi tutto a tutela degli interessi dell'erede, ma che, nella sua articolata struttura, neppure tralascia quella degli interessi dei creditori del de cuius e dei legatari, sanzionando determinati comportamenti dell'erede, dai quali gli uni e gli altri possano rimanere danneggiati, con la decadenza dello stesso dal diritto al beneficio o l'attribuzione ad esso della qualità d'erede puro e semplice o di chiamato rinunziatario.
L'accettazione con beneficio d'inventario, in ragione di tali sue finalità e struttura normativamente definite, non può essere considerata un negozio giuridico complesso, dacché ciò implicherebbe la contemporanea coesistenza di tutti i suoi elementi costitutivi, quanto piuttosto un negozio giuridico a formazione progressiva, dacché si compone d'una pluralità di atti - la dichiarazione, da riceversi da un notaio o dal cancelliere del tribunale o della sezione distaccata di esso territorialmente competente (già pretura mandamentale) e soggetta a pubblicità, ed un'attività procedimentale, la redazione dell'inventario nei termini e con le modalità stabiliti dalla legge, alle quali segue ancora un'ulteriore attività procedimentale, intesa alla liquidazione dei rapporti già facenti capo al de cuius o nascenti dalle disposizioni d'ultima volontà dello stesso - l'uno dei quali, a seconda delle ipotesi considerate, precede o segue l'altro ma tra loro indissolubilmente connessi in quanto intesi entrambi alla realizzazione del diritto potestativo dell'erede ad evitare la confusione del proprio patrimonio con quello ereditario ed a vedersi riconosciuta la limitazione della propria responsabilità per le obbligazioni ereditarie intra vires hereditatis.
Ond'è che il mancato perfezionamento della fattispecie - per non esserne stato realizzato e non essere più realizzabile uno degli elementi costitutivi, come nell'ipotesi dell'omessa redazione dell'inventario, nei termini imposti dalla legge, successivamente alla dichiarazione d'accettazione beneficiata - determina, non potendosi più produrre l'effetto giuridico finale riconosciuto dall'ordinamento, il venir meno anche degli effetti, prodromici e strumentali, degli atti già posti in essere.
Tanto ciò è vero che - nella menzionata ipotesi ma, mutatis mutandis, la considerazione vale anche per le altre - il chiamato viene considerato erede puro e semplice in forza non dell'effettuata dichiarazione con beneficio d'inventario, come se questa fosse considerata ex se regredita ad accettazione semplice per la sopravvenuta impossibilità di procedere all'inventario non redatto nei termini consentiti, bensì in forza di specifica disposizione normativa, giusta quanto già evidenziato trattando del terzo modo d'accettazione, quello ex lege, che prescinde da qualsiasi manifestazione espressa o tacita di volontà da parte del chiamato. Ciò stante, poiché le persone giuridiche diverse dalle società, ai sensi dell'art. 473 C.C., non possono accettare le eredità loro devolute se non con il beneficio d'inventario (e, per le eredità devolute prima dell'entrata in vigore dell'art. 13 della L. 15.5.97 n. 127, se non munendosi, altresì, dell'autorizzazione governativa
prescritta dall'art. 17 C.C.), ove l'accettazione, nell'unica forma consentita loro dalla legge, sia divenuta inefficace, si deve ritenere che, non potendo trovare applicazione, per evidente incompatibilità, la diversa disposizione in forza della quale il chiamato è da considerare erede puro e semplice, devesi escludere che sussista accettazione alcuna.
Per il che rimane priva di rilievo la questione circa
l'applicabilità o meno della reductio ex lege ad erede puro e semplice, sanzionatoria del comportamento posto in essere dal chiamato inadempiente agli oneri del procedimento inteso al beneficio d'inventario, anche ai chiamati per i quali detto procedimento sia obbligatorio;ed, infatti, laddove, con l'art. 489 C.C., si è ritenuto di dover apprestare maggior tutela ai chiamati obbligati all'accettazione beneficiata in ragione della loro incapacità ad agire - con significativa esclusione dei chiamati paramenti obbligati ma per diversa ragione quali le persone giuridiche - detta tutela è stata realizzata mediante la proroga dei termini in relazione al momento di cessazione della, causa d'incapacità e non mediante l'esclusione degli effetti dell'inadempimento agli oneri del procedimento.
Di conseguenza, nel caso in esame, correttamente il giudice a quo, se pure con la diversa motivazione già esaminata, comunque anch'essa condivisibile e della quale le argomentazioni ulteriori che precedono possono costituire integrazione consentita dall'art. 384/11 C.P.C., ha ritenuto che l'odierna ricorrente non fosse legittimata a chiedere lo scioglimento della comunione e la divisione, non potendosi ritenere che la stessa avesse validamente accettata l'eredità devolutale.
Il ricorso va, dunque, respinto e le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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