Cass. pen., sez. VI, sentenza 07/06/2023, n. 24598
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da B R, nata a Porto San Giorgio il 27.08.1962 avverso la sentenza del 29 marzo 2022 emessa dalla Corte di appello di Ancona;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D'Arcangelo;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale A C, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni del difensore dell'imputata, avvocato C A, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. R B è stata rinviata a giudizio dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Fermo per rispondere del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 314 cod. pen., in quanto, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in qualità di persona incaricata di pubblico servizio, quale dipendente della Casa di riposo e residenza protetta "Don Giuseppe Marzetti" di Monterubbiano, avendo accesso al sistema informatico ed al programma gestionale, in qualità di addetta alla tenuta della contabilità e all'emissione dei mandanti di pagamento dell'ente, in numerose occasioni, si sarebbe appropriata di danaro, predisponendo tra il 2008 e il 2011, mandati pagamento a carico della fondazione, .apponendovi le firme apocrife, e, inoltre, nell'arco temporale tra il 2008 e l'agosto 2012, si sarebbe appropriata delle rette mensili relative al soggiorno presso la Casa di riposo delle signore Domenica Attornesi e tra il 2008 e il 2012 della sig.ra M T. Al capo b) e c) sono stati, inoltre, contestati alla B i delitti di cui agli artt. 81, secondo comma, cod. pen., 476 e 493 cod. pen.
2. Il Tribunale di Fermo, con sentenza emessa in data 5 dicembre 2018 all'esito del giudizio dibattimentale, ha dichiarato l'imputata colpevole dei reati ascritti ai capi a), b) e c), limitatamente alle condotte commesse a far tempo da febbraio 2011, e l'ha condannata, concesse le attenuanti generiche e la continuazione tra i reati contestati, alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Il Tribunale ha, inoltre, dichiarato l'imputata interdetta dai pubblici uffici, ha disposto la confisca delle somme costituenti profitto dei reati, ha condannato l'imputata al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio civile, e ha dichiarato di non doversi procedere per intervenuta prescrizione in ordine ai reati contestati ai capi b) e c), limitatamente alle condotte antecedenti al febbraio 2011 per essere i reati estinti per intervenuta prescrizione.
3. Con la decisione impugnata la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza di primo grado, impugnata dall'imputata: ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti della B in ordine agli episodi contestati ai capi b) e c) dell'imputazione, in quanto i reati sono estinti per intervenuta prescrizione;
ha rideterminato la pena di tre anni di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata, e ha condannato l'imputato a rifondere le spese processuali in favore della parte civile costituita.
4. L'avvocato C A, nell'interesse dell'imputata Rosella B, ha presentato ricorso avverso tale sentenza e ne ha chiesto l'annullamento, deducendo due motivi.
4.1. Con il primo motivo il difensore censura, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l'inosservanza dell'art. 314 cod. pen. Rileva il difensore che erroneamente la Corte di appello avrebbe attribuito la qualifica di incaricato di pubblico servizio all'imputata, in quanto la casa di riposo in cui la stessa operava sarebbe divenuta una fondazione di diritto privato per effetto della legge della regione Marche n. 5 del 2008, che avrebbe determinato un fenomeno di c.d. abolitio criminis mediata. Tale ente, tuttavia, nell'arco temporale ip cui sarebbero state poste in essere le condotte contestate (2008-2012), non avrebbe mai svolto attività assimilabile a un servizio pubblico, essendo un mero IPAB (Istituto per l'assistenza ai bisognosi), assimilabile a una struttura alberghiera per anziani autosufficienti. Solo successivamente al 2013, l'ente, trasformandosi in fondazione di diritto privato, avrebbe affiancato all'attività residenziale di soggiorno per anziani quella di residenza protetta, con prestazioni di basso livello sanitario, peraltro totalmente estranee alle mansioni e all'attività concretamente svolta dall'imputata. La B, inoltre, avrebbe svolto solo e sempre mansioni d'ordine connesse alla sua qualifica di mera archivista, con espresso divieto di firma imposto dal Consiglio di amministrazione della Fondazione. L'imputata, peraltro, non avrebbe mai avuto il possesso o la disponibilità di somme di danaro di pertinenza della fondazione. Ad avviso del difensore, dunque, il reato di peculato ascritto alla B sarebbe insussistente, in quanto all'attività dell'imputata non sarebbe possibile attribuire una rilevanza pubblica e la stessa non avrebbe mai avuto il possesso o la disponibilità di somme di danaro. Sussisterebbero, dunque, al più condotte di furto o di appropriazione indebita ampiamente prescritte.
4.2. Con il secondo motivo il difensore censura, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà della motivazione in ordine ai criteri valutativi delle prove enunciati dall'art. 192 cod. proc. pen. La Corte di appello avrebbe, infatti, erroneamente ritenuto apocrife le sottoscrizioni asseritamente apposte in calce ai mandati, con riferimento al delitto di peculato contestato al capo 1). La B, tuttavia, non avrebbe mai redatto bilanci, posto che gli stessi non erano stati mai redatti, come ammesso dal Presidente della Fondazione, Graziano Del Medico, né avrebbe mai incassato somme in nome e per conto della fondazione, non avendo alcun potere, neppure di fatto, in tal senso. Irragionevolmente la Corte di appello avrebbe, inoltre, ritenuto attendibile la consulenza grafologica svolta su scritture provenienti dall'imputata, in quanto eseguita su copie fotostatiche di documenti, peraltro formalmente disconosciuti.La ricognizione di debito operata dal precedente difensore dell'imputata in
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D'Arcangelo;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale A C, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni del difensore dell'imputata, avvocato C A, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. R B è stata rinviata a giudizio dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Fermo per rispondere del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 314 cod. pen., in quanto, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in qualità di persona incaricata di pubblico servizio, quale dipendente della Casa di riposo e residenza protetta "Don Giuseppe Marzetti" di Monterubbiano, avendo accesso al sistema informatico ed al programma gestionale, in qualità di addetta alla tenuta della contabilità e all'emissione dei mandanti di pagamento dell'ente, in numerose occasioni, si sarebbe appropriata di danaro, predisponendo tra il 2008 e il 2011, mandati pagamento a carico della fondazione, .apponendovi le firme apocrife, e, inoltre, nell'arco temporale tra il 2008 e l'agosto 2012, si sarebbe appropriata delle rette mensili relative al soggiorno presso la Casa di riposo delle signore Domenica Attornesi e tra il 2008 e il 2012 della sig.ra M T. Al capo b) e c) sono stati, inoltre, contestati alla B i delitti di cui agli artt. 81, secondo comma, cod. pen., 476 e 493 cod. pen.
2. Il Tribunale di Fermo, con sentenza emessa in data 5 dicembre 2018 all'esito del giudizio dibattimentale, ha dichiarato l'imputata colpevole dei reati ascritti ai capi a), b) e c), limitatamente alle condotte commesse a far tempo da febbraio 2011, e l'ha condannata, concesse le attenuanti generiche e la continuazione tra i reati contestati, alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Il Tribunale ha, inoltre, dichiarato l'imputata interdetta dai pubblici uffici, ha disposto la confisca delle somme costituenti profitto dei reati, ha condannato l'imputata al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio civile, e ha dichiarato di non doversi procedere per intervenuta prescrizione in ordine ai reati contestati ai capi b) e c), limitatamente alle condotte antecedenti al febbraio 2011 per essere i reati estinti per intervenuta prescrizione.
3. Con la decisione impugnata la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza di primo grado, impugnata dall'imputata: ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti della B in ordine agli episodi contestati ai capi b) e c) dell'imputazione, in quanto i reati sono estinti per intervenuta prescrizione;
ha rideterminato la pena di tre anni di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata, e ha condannato l'imputato a rifondere le spese processuali in favore della parte civile costituita.
4. L'avvocato C A, nell'interesse dell'imputata Rosella B, ha presentato ricorso avverso tale sentenza e ne ha chiesto l'annullamento, deducendo due motivi.
4.1. Con il primo motivo il difensore censura, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l'inosservanza dell'art. 314 cod. pen. Rileva il difensore che erroneamente la Corte di appello avrebbe attribuito la qualifica di incaricato di pubblico servizio all'imputata, in quanto la casa di riposo in cui la stessa operava sarebbe divenuta una fondazione di diritto privato per effetto della legge della regione Marche n. 5 del 2008, che avrebbe determinato un fenomeno di c.d. abolitio criminis mediata. Tale ente, tuttavia, nell'arco temporale ip cui sarebbero state poste in essere le condotte contestate (2008-2012), non avrebbe mai svolto attività assimilabile a un servizio pubblico, essendo un mero IPAB (Istituto per l'assistenza ai bisognosi), assimilabile a una struttura alberghiera per anziani autosufficienti. Solo successivamente al 2013, l'ente, trasformandosi in fondazione di diritto privato, avrebbe affiancato all'attività residenziale di soggiorno per anziani quella di residenza protetta, con prestazioni di basso livello sanitario, peraltro totalmente estranee alle mansioni e all'attività concretamente svolta dall'imputata. La B, inoltre, avrebbe svolto solo e sempre mansioni d'ordine connesse alla sua qualifica di mera archivista, con espresso divieto di firma imposto dal Consiglio di amministrazione della Fondazione. L'imputata, peraltro, non avrebbe mai avuto il possesso o la disponibilità di somme di danaro di pertinenza della fondazione. Ad avviso del difensore, dunque, il reato di peculato ascritto alla B sarebbe insussistente, in quanto all'attività dell'imputata non sarebbe possibile attribuire una rilevanza pubblica e la stessa non avrebbe mai avuto il possesso o la disponibilità di somme di danaro. Sussisterebbero, dunque, al più condotte di furto o di appropriazione indebita ampiamente prescritte.
4.2. Con il secondo motivo il difensore censura, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà della motivazione in ordine ai criteri valutativi delle prove enunciati dall'art. 192 cod. proc. pen. La Corte di appello avrebbe, infatti, erroneamente ritenuto apocrife le sottoscrizioni asseritamente apposte in calce ai mandati, con riferimento al delitto di peculato contestato al capo 1). La B, tuttavia, non avrebbe mai redatto bilanci, posto che gli stessi non erano stati mai redatti, come ammesso dal Presidente della Fondazione, Graziano Del Medico, né avrebbe mai incassato somme in nome e per conto della fondazione, non avendo alcun potere, neppure di fatto, in tal senso. Irragionevolmente la Corte di appello avrebbe, inoltre, ritenuto attendibile la consulenza grafologica svolta su scritture provenienti dall'imputata, in quanto eseguita su copie fotostatiche di documenti, peraltro formalmente disconosciuti.La ricognizione di debito operata dal precedente difensore dell'imputata in
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