Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 01/04/2004, n. 6482

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Massime1

Nel contratto di agenzia la prestazione dell'agente consiste in atti di contenuto vario e non predeterminato che tendono tutti alla promozione della conclusione di contratti in una zona determinata per conto del preponente, quali il compito di propaganda, la predisposizione dei contratti, la ricezione e la trasmissione delle proposte al preponente per l'accettazione; l'attività tipica dell'agente di commercio non richiede, quindi, necessariamente la ricerca del cliente ed è sempre riconducibile alla prestazione dedotta nel contratto di agenzia anche quando il cliente, da cui proviene la proposta di contratto trasmessa dall'agente, non sia stato direttamente ricercato da quest'ultimo ma risulti acquisito su indicazioni del preponente (o in qualsiasi altro modo), purché sussista nesso di causalità tra l'opera promozionale svolta dall'agente nei confronti del cliente e la conclusione dell'affare cui si riferisce la richiesta di provvigione. In ogni caso, perché possa configurarsi un contratto di agenzia non occorre che l'agente abbia la possibilità di fissare prezzi e sconti e comunque quella di modulare le condizioni del servizio alle peculiari esigenze dei clienti del servizio stesso, potendo la standardizzazione delle condizioni di vendita rendere preminente l'azione di propaganda rispetto a quella di preparazione e allestimento del contratto. (In applicazione di tali principi, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso la sussistenza di un contratto di agenzia tra la Hertz, società avente quale attività il servizio di autonoleggio su tutto il territorio nazionale, e i soggetti da essa incaricati della vendita del servizio stesso, attribuendo rilievo a circostanze, quali la predisposizione delle tariffe e la individuazione dei requisiti previsti agli utenti del servizio da parte della società, di per sè non indispensabili per la configurazione di un rapporto di agenzia, ed escludendo invece, senza logica e congrua motivazione, un collegamento diretto tra la conclusione dei contratti e il complesso dell'opera svolta dagli incaricati, omettendo altresì di considerare se questi avessero o meno svolto un'azione efficiente nella promozione e incremento degli affari della società).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 01/04/2004, n. 6482
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 6482
Data del deposito : 1 aprile 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Il.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M S - Presidente -
Dott. M F A - Consigliere -
Dott. C N - Consigliere -
Dott. F C - rel. Consigliere -
Dott. C G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ILARDI GIUSEPPINA, elettivamente domiciliata in

ROMA VIA LOMBARDIA

30, presso lo studio dell'avvocato A L, rappresentata e difesa dall'avvocato S N, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
FONDAZIONE ENASARCO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA

SALLUSTIO

9, presso lo studio dell'avvocato B S, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;



- controricorrente -


e contro
HERTZ ITAL S.P.A., NULLI CONCETTA, ALTAVILLA ROBERTO, ARIZZI MARCELLO, DE MARI ANGELO, ESPOSITO TOMMASO, LADISA ANTONIO, NACHIRA REALINO, TAUMATURGO GREGORIO, ZENARO GIUSEPPE, SCHIROLI GIANPIETRO, LIUZZO CARLO, ALOISI GIUSEPPE, FALLICO NUNZIO, TORRE SALVATORE, SAVASTA ALFIO, CAPPONCELLI RODOLFO, VIGGIANO GAETANO, FABBRI EDOARDO, SOLDERA ALDO, FURLANI ALBA, LO PICCOLO ALDO, ANELLO GIUSEPPE, PRANZETTI MAURIZIO, MATTIA ADRIANA, CHIAVEGATO MARCO, TORRIGIANI TULLIO BRUNO, DONÀ ELIO, SCARPA ENIO, SALVAGNIN ATTILIO, BALDO ITALO, DUGHIERI BZIO, BONETTA FULVIO, SERIAU UMBERTO, ZOCH NERINO, ZOCH &
C. S.N.C., ZENARO GIUSEPPE &
C. S.N.C., BARION CAR DITTA, AUTONOLEGGIO VENEZIA DI SCARPA ENIO &
C., UNION CAR DI LIUZZO CARLO C. &
C. S.A.S., SICIL CAR DITTA S.N.C., SAV DI TULLIO TORRIGIANI &
C. S.N.C., SIGA S.N.C., CAPPONCELLI &
VIGGIANO S.N.C.;



- intimati -


e sul 2^ ricorso n^. 3427/2001 proposto da:
HERTZ ITAL S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA F. S.

NITTI

11, presso lo studio dell'avvocato SALVATORE ALBERTO RASI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
e contro
FONDAZIONE ENASARCO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA

SALLUSTIO

9, presso lo studio dell'avvocato B S, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

- controricorrente al ricorso incidentale -
e contro
ILARDI GIUSEPPINA, NULLI CONCETTA, ALTAVILLA ROBERTO, ARIZZI MARCELLO, DE MARI ANGELO, ESPOSITO TOMMASO, IADISA ANTONIO, NACHIRA RBALINO, TAUMATURGO GREGORIO, ZENARO GIUSEPPE, SCHIROLI GIANPIETRO, LIUZZO CARLO, ALOISI GIUSEPPE, FALLICO NUNZIO, TORRE SALVATORE, SAVASTA ALFIO, CAPPONCBLLI RODOLFO, VIGGIANO GAETANO, FABBRI EDOARDO, SOLDERA ALDO, FURLANI ALBA, LO PICCOLO ALDO, ANELLO GIUSEPPE, PRANZETTI MAURIZIO, MATTIA ADRIANA, CHIAVEGATO MARCO, TORRIGGIANI TULLIO BRUNO, DONÀ ELIO, SCARPA ENIO, SALVAGNIN ATTILIO, BALDO ITALO, DUGHIERI EZIO, BONETTA FULVIO, SERIAU UMBERTO, ZOCH NERINO, ZOCH &
C. S.N.C., ZENARO GIUSEPPE &
C. S.N.C., BARION CAR DITTA, AUTONOLEGGIO VENEZIA DI SCARPA ENIO &
C., UNION CAR DI LIUZZO CARLO &
C. S.A.S., SICIL CAR DITTA S.N.C., SIGA S.N.C., CAPPONCELLI &
VIGGIANO S.N.C., SAV DI TULLIO TORRIGIANI &
C. S.N.C.;



- intimati -


avverso la sentenza n. 23035/00 del Tribunale di ROMA., depositata il 13/07/00 - R.G.N. 42222/94;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/11/03 dal consigliere Dott. C F;

udito l'Avvocato RASI;

Udito l'Avvocato S;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. V M che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale, accoglimento dei primi due motivi dell'incidentale ed il terzo assorbito.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 26 novembre 1999-13 luglio 2000, il Tribunale di Roma respingeva l'appello proposto dalla H Italiana s.p.a. avverso la decisione del locale pretore che aveva rigettato la domanda della stessa intesa ad ottenere il riconoscimento che le prestazioni effettuate dai propri collaboratori, nell'ambito dell'attività di autonoleggio dalla stessa società esercitata in tutto il territorio nazionale, fossero da ricondurre nell'ambito di contratti di agenzia, con conseguente diritto dei collaboratori a ricevere il trattamento ENASARCO (che aveva invece posto in discussione tale qualificazione). La società precisava in punto di fatto di svolgere attività di autonoleggio su tutto il territorio nazionale, organizzata in modo tale che l'utilizzatore del servizio poteva riconsegnare il veicolo preso a nolo in qualsiasi località ove vi fosse una "stazione" H. La stessa società aggiungeva di avere affidato la promozione della vendita del servizio suddetto - assolutamente fondamentale in considerazione della ingente immobilizzazione di capitali necessaria ad assicurare una ampia disponibilità di autoveicoli in tutto il territorio nazionale - a vari agenti, ciascuno con un'area territoriale ben determinata. Ciascuno di essi aveva sottoscritto un contratto di agenzia, previa verifica della iscrizione al ruolo di cui alla legge n. 316 del 1968, e per ognuno la società aveva versato, a partire dal 1979, la contribuzione prevista dalla legge e dagli accordi economici all'ENASARCO, sulla base delle provvigioni corrisposte.
Nel novembre 1981, quindi a distanza di circa due anni dai primi versamenti, l'ENASARCO aveva inviato ad uno degli agenti della società ricorrente una comunicazione con la quale contestava che il rapporto intercorrente con la H italiana fosse da ricondurre al contratto di agenzia.
Tale situazione, proseguiva la società, aveva creato una situazione di vera e propria incertezza, che, tuttavia, non aveva ragione di essere, poiché ogni agente H era un operatore professionale libero nella scelta della clientela, che operava a proprio rischio e, con una propria organizzazione, che ricercava il cliente stabilendo contatti con le maggiori aziende della zona, ed offrendo delle condizioni particolari di noleggio e pagamento, contattava i clienti stabilendo rapporti con agenzie di viaggio, tour operator e alberghi, manteneva il contatto con il cliente, e lo incentivava a richiedere il servizio H mediante l'offerta di tariffe speciali e la cura della qualità del servizio.
Deduceva inoltre che l'assunto in base al quale l'ENASARCO aveva fondato le proprie contestazioni - ossia che gli addetti alle società di autonoleggio non svolgevano attività promozionale nel senso tecnico-giuridico di cui all'art. 1742 codice civile ma mera attività di propaganda - era del tutto infondato.
Infatti, lo stesso Ministero del Lavoro con una nota del 19 marzo 1995 aveva evidenziato come la realtà operativa e funzionale legata al rapporto collaborativo in esame era decisamente caratterizzata dalla prevalenza di elementi propri del contratto di agenzia. La società H aveva concluso chiedendo che il Pretore qualificasse il rapporto intercorrente con i propri agenti come di agenzia, con la conseguenza che gli agenti avevano diritto a ricevere le prestazioni ed il trattamento ENASARCO.
In via subordinata, la società chiedeva la restituzione delle somme versate all'ENASARCO, in quanto non dovute, con gli interessi dalle date dei rispettivi pagamenti.
Si costituiva in giudizio l'ENASARCO chiedendo il rigetto della domanda.
I ricorso era notificato anche agli agenti, alcuni dei quali si costituivano in giudizio.
I Pretore respingeva la domanda principale, accogliendo invece la domanda subordinata della società di restituzione delle somme versate dalla società all'ENASARCO a titolo di contributi. Osservava il primo giudice che l'attività svolta dai collaboratori non era qualificabile come promozione in senso giuridico, secondo lo schema causale indicato dall'art. 1742 codice civile, ma come mera attività di propaganda, mancando l'elemento essenziale dello svolgimento di attività preordinata alla promozione di affari tra il preponente ed i terzi.
I Pretore respingeva così anche la domanda proposta da un agente, C R, intesa ad ottenere il riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro. La sentenza era impugnata dalla H. Si costituiva in giudizio l'ENASARCO chiedendo il rigetto dell'appello.
Iardi G, nella qualità di erede di T A, chiedeva in parziale riforma della decisione impugnata e previa rimessione degli atti alla Corte di Giustizia CEE, che il rapporto intercorso con i collaboratori H fosse qualificato come di agenzia, con il diritto degli agenti a ricevere tutte le prestazioni previste a carico di detto Ente.
I Tribunale di Roma rigettava l'appello.
I giudici di appello esaminavano le risultanze istruttorie e concludevano condividendo le osservazioni formulate dal primo giudice, secondo le quali nel caso di specie si era in presenza di un rapporto atipico, nel quale erano ravvisabili tratti significativi, propri del mandato.
L'attività dei collaboratori H era consistita - secondo quanto espressamente previsto all'art. 4, punto 1, lettera C del contratto - in un'attività di mera propaganda, non diretta al potenziale cliente, ma ad agenzie di viaggi, tour operator e alberghi, intesa ad evidenziare l'opportunità dell'acquisto, informando dell'esistenza del prodotto e del servizio, illustrandone le caratteristiche commerciali.
Tra l'altro, sottolineano i giudici di appello, ne' dalle stesse clausole contrattuali ne' dalle allegazioni della società appellante emergeva un qualche elemento atto ad evidenziare che gli agenti H ponessero in essere nei confronti dei titolari delle agenzie di viaggio, degli alberghi e delle aziende, iniziative idonee a far sì che tali soggetti influenzassero in modo decisivo le scelte dei loro clienti o dipendenti, indirizzandoli verso il servizio offerto dall'agenzia H di zona.
Anzi, proprio il tenore letterale di queste clausole escludeva che iniziative del genere fossero poste in essere dai collaboratori, che erano vincolati a prezzi e tariffe indicati dalla società che rilasciava una apposita carta di qualificazione ai clienti già conosciuti.
Dovendo l'"agente" H applicare in ogni caso le tariffe predisposte dalla società mandante e concludere il contratto solo con soggetti in possesso di requisiti dalla medesima fissati, lo stesso non aveva a disposizione strumenti atti a modulare le condizioni del servizio alle peculiari esigenze e caratteristiche dei clienti di ciascun albergo o agenzia di viaggio della zona assegnatagli e, quindi, ad indurre i titolari di tali esercizi a indirizzare detti clienti verso la società appellante. Le dichiarazioni rese dai testimoni confermavano che l'attività dei collaboratori consisteva semplicemente nel recarsi periodicamente nelle varie agenzie od alberghi (due o tre volte l'anno) lasciando tariffali e materiale informativo.
Alcuni testimoni avevano espressamente escluso che i collaboratori della società avessero mai svolto attività promozionale. L'attività svolta, concludevano i giudici di appello, si era limitata ad una semplice propaganda, intesa a pubblicizzare il marchio H, a dare allo stesso visibilità sul mercato e ad assicurare la puntualità ed efficienza del servizio. La normativa comunitaria, sottolineavano i giudici di appello, non era applicabile "ratione temporis" al caso in esame, dovendosi applicare la disciplina previgente al 31 dicembre 1993 (termine ultimo entro il quale gli Stati membri avrebbero dovuto emanare le norme di attuazione della direttiva del 18 dicembre 1986). Una direttiva comunitaria, sempre che contenga disposizioni incondizionate e sufficientemente precise, può essere fatta valere dai singoli innanzi ai giudici nazionali - ove non attuata o inesattamente attuata - solo dopo la scadenza del termine fissato per la sua attuazione nell'ordinamento nazionale e con riferimento a fattispecie verificatesi la scadenza di tale termine. In ogni caso, sottolineava il Tribunale, le disposizioni della direttiva comunitaria richiamata non potevano essere invocate nel caso di specie, poiché le stesse si riferiscono a quei rapporti nei quali la clientela sia stata procacciata direttamente dall'agente. I giudici di appello richiamavano, condividendola, l'argomentazione già svolta dal Pretore, secondo la quale nel caso di specie era mancata qualsiasi attività promozionale diretta da parte dei collaboratori H.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione Iardi G in proprio e in qualità di erede dell'ex agente T A. La H Italiana ha proposto autonomo ricorso, sorretto da tre motivi. Resiste ENASARCO con distinti controricorsi, illustrati da memoria. Gli intimati non hanno svolto difese in questa sede. MOTIVI DELLA DECISIONE
I due ricorsi devono essere riuniti, in quanto proposti entrambi contro la medesima decisione (art. 335 codice di procedura civile). Con il primo motivo del ricorso principale la Iardi denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e seguenti, 1742 codice civile e dei principi giurisprudenziali in materia di
interpretazione e qualificazione dei contratti (art. 360 nn. 3 codice di procedura civile), nonché omessa ed insufficiente motivazione
circa un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 codice di procedura civile). Secondo la ricorrente i giudici di appello non
avrebbero tenuto conto della reale volontà delle parti, quali risultava dalle obbligazioni assunte dalle stesse e dal contenuto delle clausole contrattuali (riportate integralmente nel ricorso per Cassazione). In particolare, il Tribunale non aveva dato alcuna rilevanza alla circostanza che l'art. 1 del contratto così individuava la prestazione alla quale era tenuto il T:
"L'agente assume stabilmente l'incarico di promuovere la vendita per conto della H di servizi di locazione di autoveicoli senza autista nell'ambito territoriale".
Se i giudici di appello avessero tenuto conto di tale clausola, ponendola poi in relazione con tutti gli altri obblighi contrattualmente assunti dalle parti (specialmente con l'obbligo di concludere contratti di locazione degli autoveicoli H a carico dell'"agente", così espressamente definito nel contratto), gli stessi avrebbero dovuto necessariamente concludere che sussistevano tutti gli elementi del contratto di agenzia: quindi non solo la stabilità del rapporto e la precisa individuazione di una zona (elementi questi della cui sussistenza non si era mai dubitato) ma anche l'obbligo di promuovere affari per conto della preponente, atteso che tale obbligo era stato espressamente conferito ed assunto proprio con l'art. 1 del contratto.
I Tribunale aveva ritenuto di dover dare rilievo preponderante ad elementi del tutto marginali ed accessori, quali la circostanza che i contratti dovessero essere conclusi alle condizioni previste dal tariffario H e con l'utilizzazione dei moduli predisposti dalla stessa.
Queste modalità di esecuzione, sottolinea la ricorrente, non valevano ad escludere la qualificazione del contratto nel senso voluto dalle parti, poiché essa è tipica della maggior parte dei rapporti qualificati come agenzia (come, ad esempio, gli agenti assicurativi). Analogamente la circostanza che fosse richiesto all'agente di svolgere attività promozionale presso i centri dove i potenziali clienti avrebbero potuto essere diretti all'uso del servizio di autonoleggio (come gli alberghi e le agenzie di viaggio) non poteva - ad avviso della ricorrente - assumere alcun rilievo ai fini di escludere l'esistenza di un contratto di agenzia, considerato che dal complesso delle clausole risultava chiaramente che l'agente non doveva affatto limitarsi alla attività suddetta, ma solo che egli aveva l'obbligo di svolgere anche tale attività, che sulla base dell'esperienza aziendale si era dimostrata, statisticamente, idonea a produrre un buon numero di affari. Sotto altro profilo, i giudici di appello non avevano dato alcun rilievo alla circostanza pure espressamente prevista nel contratto (all'art. 4 punto 1 a e 3 in relazione al punto E della premessa) - che era assolutamente necessario, e costituiva il presupposto stesso del contratto di agenzia, che l'agente disponesse di locali opportunamente collocati, reclamizzati con insegne e materiale pubblicitario H, nei quali il personale a contatto con il pubblico dovesse indossare l'uniforme H.
Tali uffici, come risultava dal tenore complessivo dell'accordo, dovevano essere considerati come un vero e proprio punto vendita della H, deputato alla promozione degli affari ed alla stipulazione dei contratti di noleggio delle vetture. Più volte, ricorda la Iardi, questa Corte ha avuto modo di affermare che sulla qualificabilità di un contratto come di agenzia non incidono le particolari modalità di acquisizione della clientela da parte dell'agente, potendo questi provvedere a contattare i potenziali clienti anche mediante la semplice gestione di un punto di vendita. Con il secondo motivo, la ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell'art. 1362, 1^ e 2^ comma, codice civile e più in generale delle regole legali di ermeneutica contrattuale (art. 360 n. 3 codice di procedura civile). I Tribunale aveva valorizzato le deposizioni rese da alcuni testimoni, raccolte dal primo giudice, relative alle modalità di svolgimento dell'incarico, senza tuttavia considerare che l'agente non aveva assunto l'obbligo di propagandare i servizi della H, ma di promuovere la vendita - per conto della H - dei servizi di locazione di vetture senza autista nell'ambito della zona assegnatagli.
Dopo aver ricordato la giurisprudenza di questa Corte in materia di interpretazione del contratto, la Dardi conclude che quando si prende in esame una pluralità di rapporti tra loro indipendenti, il comportamento rilevante è, indubbiamente, quello posto in essere da tutte le parti. Nel caso in esame, il comportamento valutato dal Tribunale era stato, invece, solo quello di tre agenti su circa 50. I comportamenti scrutinati avrebbero potuto essere riferiti a soggetti neghittosi o inadempienti e comunque non si poteva procedere in questo campo ad inammissibili generalizzazioni (ponendo a carico di altri soggetti estranei il comportamento di alcuni negligenti). Analoghe censure sono contenute nel ricorso proposto dalla H Italiana, la quale con il primo motivo denuncia omessa, insufficiente motivazione della sentenza impugnata circa un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 codice di procedura civile). Le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale, ad avviso della H, muoverebbero da un evidente travisamento dei fatti. La clientela cui doveva rivolgersi l'agente H non era, infatti, il singolo utilizzatore finale degli autoveicoli locati, bensì coloro che causavano il noleggio, o perché lo includevano in un pacchetto turistico, o perché (in quanto aziende) lo offrivano quale "fringe benefit" per la mobilità dei propri dipendenti. I travisamento dei fatti, rileva ancora la ricorrente, doveva probabilmente considerarsi come espressione di un retaggio culturale secondo il quale l'agente di commercio dovrebbe propagandare la merce mostrandola, "fisicamente" alla clientela, eccitandone la diffusione e così promuovendo finalmente la conclusione dei contratti di vendita nella propria zona. Una impostazione di questo genere non è più valida neppure per il moderno agente di commercio. Non è ipotizzatole, infatti, che un agente di un prodotto alimentare si rechi presso i singoli utilizzatoti finali (cioè le famiglie) invece che presso i negozi di vendita. Analogamente poteva dirsi per l'agente della società di noleggio auto senza conducente. Del tutto fuor di luogo, infine, doveva dirsi l'osservazione finale formulata dal Tribunale, secondo la quale l'agente dovrebbe avere sempre la possibilità di "modulare" le condizioni del servizio alle peculiari esigenze dei clienti di ciascun albergo o agenzia di viaggio rientranti nella propria zona, pena, in caso contrario, l'impossibilità di qualificare il rapporto come di agenzia. Una motivazione del genere, forse, avrebbe potuto essere adottata nel caso di un distributore o di un rivenditore, non certo per un agente che deve, per legge, uniformarsi alle istruzioni del preponente. Tra l'altro, alcune delle restrizioni imposte dalla H, come la necessità di accertarsi della titolarità di una carta H o di una carta di credito, erano in un certo senso imposte dalla natura del servizio offerto e dai possibili rischi derivanti dall'affidamento di un veicolo ad un soggetto privo dei prescritti requisiti.
Con il secondo motivo, la H denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1742 codice civile. Tale norma deve essere intesa nel senso che l'attività promozionale non può consistere puramente e semplicemente in visite regolari e stabili alla propria clientela, ricomprendendo invece un coacervo di attività conseguenti ed inerenti all'impegno contrattuale assunto.
Distribuire tariffari ed offerte di lancio costituisce una forma promozionale, esporre offerte pubblicitarie all'interno del proprio ufficio costituisce un'altra forma promozionale. Tutto questo, conclude la H, era proprio ciò che faceva l'agente H, secondo le risultanze probatorie raccolte.
I servizio, quale è appunto l'autonoleggio, può essere promosso in tanti modi. Gli agenti H privilegiavano, nel caso di specie, il contatto diretto con i portieri di albergo (accollandosi direttamente le commissioni per ogni affare concluso) o con le agenzie di viaggi, alle quali distribuivano i tariffari e le eventuali proposte promozionali.
Una volta che l'agente aveva così promosso gli affari della preponente, il cliente finale si recava negli uffici dell'agente al solo fine di sottoscrivere il relativo contratto e di ritirare la vettura, ma il vero cliente per l'agente H era, di volta in volta, il portiere di albergo che gli inviava sempre nuovi clienti, che avevano fatto richiesta di una vettura, o l'agenzia di viaggi che vendeva il soggiorno comprensivo del costo del noleggio della vettura, o l'azienda che obbligava i propri dipendenti ad avvalersi del noleggio di vetture H.
Con il terzo ed ultimo motivo, la H denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della direttiva del Consiglio delle Comunità europee del 18 dicembre 1986 relativa al coordinamento dei
diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti n. 86/653/ CEE (art. 360 n. 3 codice di procedura civile). Erroneamente i giudici di appello avevano ritenuto inapplicabile la direttiva in questione, perché entrata in vigore in data successiva all'introduzione del presente giudizio, aggiungendo inoltre che la normativa comunitaria era in tutto sovrapponibile a quella nazionale. Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, la direttiva comunitaria incentra, invece, la figura giuridica dell'agente solo sua attività di trattazione o conclusione degli affari in nome e per conto del preponente (senza enfatizzare la promozione del prodotto). Del resto, la trattazione ed il compimento dell'affare è concetto più ampio di promozione (che è in esso ricompresa).
Nel caso di dubbi sulla interpretazione della norma si imporrebbe la rimessione degli atti alla Corte di Giustizia europea ai sensi dell'art. 177, 2^ comma, del Trattato istitutivo. I motivi dei due ricorsi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi tra di loro.
Deve innanzi tutto concordarsi con quanto ritenuto dal giudici di appello in ordine alla inapplicabilità "ratione temporis" della direttiva comunitaria fino al 31 dicembre 1993 (il ricorso introduttivo della H risale al maggio 1986).
In ogni caso, è appena il caso di sottolinearlo, l'art. 7 n. 1 della direttiva è stato interpretato dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee nel senso che esso si riferì: ad ipotesi in cui la "clientela sia stata procacciata dall'agente commerciale" (sentenza 12 dicembre 1996, causa C-104/95 Kontongeorgas c. Kartonpak AE), con ciò chiaramente alludendo ad un'attività che abbia rilevanza causale diretta rispetto alla conclusione dell'affare. Non ricorrono evidentemente i presupposti per il rinvio pregiudiziale ex art. 177 del Trattato CEE, peraltro non obbligatorio ai sensi del 3 comma dello stesso articolo (Corte di Giustizia in Causa C-263/81). L'assunto delle due ricorrenti è che la complessa attività pacificamente svolta dai collaboratori della H, al fine di acquisire contratti di noleggio di autovetture da parte di singoli clienti, corrisponde pienamente alla "nozione tipica" di agenzia. Ad avviso dell'ENASARCO, la valutazione compiuta dai giudici di merito circa i contenuti della prestazione fornita dagli "agenti" sarebbe invece insindacabile, e la definizione giuridica, attribuita dal Tribunale, perfettamente in linea con le disposizioni di legge richiamate.
In ogni caso, non potrebbe essere qualificata come di agenzia la semplice attività di propaganda effettuata presso soggetti diversi dall'utilizzatore finale del servizio.
Infatti, ricorda l'ENASARCO, obbligazione principale prevista dall'art. 1742 codice civile è quella di svolgere attività promozionale onde favorire la conclusione di contratti in favore del preponente. E con valutazione insindacabile i giudici di appello avevano concluso che le previsioni del regolamento contrattuale non contemplavano affatto a carico dei cosiddetti "agenti" l'obbligo di svolgere attività promozionale nel corretto senso tecnico-giuridico. I comportamento successivo, tenuto dal T e dagli intimati, era stato del tutto coerente con le previsioni del contratto. Non è possibile, evidentemente, qualificare come attività promozionale, tale da qualificare il contratto come di agenzia - conclude l'ENASARCO -, la semplice consegna di materiale pubblicitario presso alberghi e agenzie di viaggio (assimilabile, al più ad una attività di propaganda).
Le questioni prospettate con i ricorsi della Iardi e della H (primi due motivi di ciascun ricorso) sono fondate.
Infatti, l'attività tipica dell'agente di commercio, consistente nel promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente in una zona determinata (art. 1742 codice civile) non richiede necessariamente "la ricerca del cliente" ed è pur sempre riconducibile alla prestazione dedotta nel contratto di agenzia anche quando il "cliente", da cui proviene la proposta di contratto trasmessa dall'agente, non sia stato direttamente "ricercato" da quest'ultimo ma risulti acquisito su indicazioni del preponente (o in qualsiasi altro modo), purché sussista nesso di causalità tra l'opera di "promozione" svolta dall'agente nei confronti del cliente e la conclusione dell'"affare" cui si riferisce la richiesta di provvigione.
La prestazione dell'agente consiste in atti di contenuto vario e non predeterminato. Promuovere la conclusione di un contratto significa provocarne la conclusione (oppure concluderlo direttamente ove l'agente sia anche munito di rappresentanza: art. 1752 codice civile), ma l'efficacia causale dell'azione va rapportata più che al
singolo contratto al volume complessivo dei contratti conclusi nella zona assegnata. Rientrano così nella promozione molteplici attività di impulso e di agevolazione, finalizzate al collocamento di un bene o servizio in una zona determinata (la legge non specifica la natura dei contratti), a suscitare, sostenere, incrementare verso l'acquisto la domanda del prodotto offerto dalla impresa preponente, ovvero ad interessare al prodotto e ad orientare i soggetti interessati alla decisione di acquisto della merce o del servizio in termini conformi alle istruzioni impartite dal preponente (Cass. 696 del 27 gennaio 1988). Attività di impulso è principalmente la propaganda, destinata a persuadere, informando dell'esistenza del prodotto o del servizio e illustrandone le qualità e caratteristiche intrinseche ovvero quelle commerciali, vale a dire la opportunità di acquisto. Vi sono poi l'informazione del preponente, la predisposizione dei contratti, la ricezione e trasmissione delle proposte per l'accettazione.
Queste attività, pur non esaurendo le prestazioni nelle quali può concretarsi il promuovere la conclusione dei contratti, possono considerarsi tuttavia tipiche, concorrendo di regola nell'opera dell'agente.
Nessuna di esse - tuttavia - (a parte i compiti di informazione di cui all'art. 1746 codice civile, i quali però non determinano, ma presuppongono l'esistenza di un rapporto di agenzia) costituisce componente indispensabile della prestazione dell'agente. Non è indispensabile il compito di propaganda o quella di preparazione o allestimento del contratto, i quali si atteggiano diversamente in funzione della categoria di prodotti o dei tipi di mercato.
La standardizzazione delle condizioni di vendita (stabilite dalla preponente nel caso di può specie rendere preminente nella promozione l'azione di propaganda.
Invece, l'entità dell'investimento pubblicitario operato dal preponente o le specifiche caratteristiche del prodotto o del servizio possono dare rilievo preminente al momento della definizione del contratto.
I Collegio non ignora un orientamento, anche recente espresso da questa Corte, secondo il quale l'attività di promozione della conclusione di contratti per conto del preponente che costituisce l'obbligazione tipica dell'agente, non potrebbe consistere in una mera attività di propaganda, dovendo realizzare il convincimento del potenziale cliente ad effettuare delle ordinazioni dei prodotti del preponente (Cass. 22 giugno 1999 n. 6355, nn. 6291 del 1990 ribadisce che "l'attività dell'agente deve necessariamente consistere nell'attività di convincimento del potenziale cliente diretta al fine di conseguire il risultato voluto dalle parti";
cfr. Cass. nn. 4037 del 1975, 2886 del 1978, 6025 e 7006 del 1983, 3847 del
1985
). In tali decisioni si conclude che nel caso di promozione indiretta, quando l'ausiliare si riduca a propagandare il prodotto, egli non può definirsi un agente, ma piuttosto un propagandista, quali che siano le modalità del suo compenso (Cass. n. 6291 del 1990). Si è anche sottolineato che l'attività di propaganda è destinata ad illustrare le qualità della merce e costituisce, caso mai, il presupposto della promozione di singoli contratti di vendita della stessa a soggetti sconosciuti al propagandista (Cass. n. 6355 del 1990). Tali principi, ad avviso del Collegio, devono essere opportunamente temperati in considerazione del tipo di organizzazione dell'attività del preponente e della qualità dei beni o servizi offerti dallo stesso.
Tra l'altro, al soggetto incaricato di propagandare possono essere affidati ulteriori compiti (in tal caso si pone il problema di individuare, eventualmente, nella ripartizione delle attività di promozione tra più soggetti, la prestazione dell'agente). Può pertanto concludersi che la propaganda è una componente della promozione, considerata dall'art. 1742 codice civile, e che la stessa è sufficiente ad integrarla quando riassume, congiunta ad altri compiti, la funzione di organizzazione e sviluppo di collocamento del prodotto, in modo da attribuire all'incaricato il ruolo di effettivo intermediario tra l'impresa ed i suoi clienti, anche attraverso una attività di sollecitazione mediata dei possibili acquirenti del bene o servizio.
In altre parole, non può escludersi "a priori" l'esistenza di un contratto di agenzia solo perché la promozione dei contratti si rivolga nei confronti di persone diverse dai clienti finali (cioè di quelle persone che effettuano l'acquisto del bene o del servizio). In alcuni casi (ad esempio per la propaganda di prodotti farmaceutici non da banco) sussistono ragioni evidenti che determinano necessariamente la dissociazione tra i soggetti che decidono l'acquisto e quelli che materialmente lo effettuano. In altri casi (particolarmente nell'offerta di servizi) vi possono essere ragioni di opportunità che spingono a fare propaganda presso soggetti diversi dall'acquirente finale del bene o del servizio. La pubblicità e la promozione giovano al "marchio" o al nome della impresa e l'attività svolta da un agente può produrre i suoi effetti anche in una zona territoriale diversa da quella in cui egli ha svolto la sua attività promozionale.
Ancora, nella stessa direzione, si è affermato che sull'esistenza dell'elemento promozionale, nel quale risiede il carattere tipico e peculiare ai fisi della qualificabilità di un contratto come di agenzia, ai sensi dell'art. 1742 codice civile, non incidono le particolari modalità di acquisizione della clientela da parte dell'agente, potendo questi provvedere a contattare i potenziali clienti tanto con la loro ricerca attiva attraverso visite personali, quanto mediante la gestione di un punto vendita delle merci del preponente (Cass. 27 febbraio 2001 n. 2853;
9844 del 2000, 2722 del 1998
). Ciò che occorre - riconosce Cass. 696 del 1988 - è che comunque il collaboratore abbia svolto una azione "idonea" a promuovere ed incrementare gli affari della preponente (Cass. n. 696 del 1988). Anche a tale riguardo la sentenza impugnata non fornisce congrua e logica spiegazione del convincimento della Corte d'Appello, che ha escluso un collegamento diretto tra la conclusione dei contratti e il complesso dell'opera svolta dai collaboratori della H in un considerevole lasso di tempo e non ha considerato se i vari collaboratori abbiano o meno svolto una azione efficiente nella promozione ed incremento degli affari della preponente. Le ricorrenti indicano alcuni specifici elementi che avrebbero indotto i giudici d'appello - a loro avviso, erroneamente - a negare la qualificazione di agenzia al contratto intercorso tra le parti "dovendo l'agente H" applicare in ogni caso le tariffe predisposte dalla società mandante e concludere il contratto solo con soggetti in possesso di requisiti dalla medesima fissati, lo stesso non aveva a disposizione strumenti atti a modulare le condizioni del servizio alle peculiari esigenze e caratteristiche dei clienti di ciascun albergo o agenzia di viaggio della zona assegnatagli e, quindi, ad indurre i titolari di tali esercizi a indirizzare detti clienti verso la società appellante". Le indicazioni contenute nella sentenza impugnata si pongono in contrasto con le disposizioni di legge in materia: nessuna delle quali prevede espressamente che l'agente debba avere libertà di contrattare prezzi ovvero modi e tempi di pagamento. Sotto altro profilo, la presenza o la assenza di elementi marginali non possono rilevare, ai fini della qualificazione del rapporto e non valgono a mutare la causa tipica del contratto (Cass. 7087 del 15 maggio 2002, 14 gennaio 1974 n. 116). Deve in linea di massima tenersi conto della volontà delle parti, espressa al momento della conclusione del contratto, ai fini della qualificazione del rapporto (Cass. n. 1388 del 1989, AVIS c. Svampa). Essenziale, ai fini della sussistenza di un contratto di agenzia, è che l'attività svolta dall'agente abbia un effetto sulla promozione dei contratti, poiché la promozione è l'obbligatone principale dell'agente.
Sono dunque fondate anche sotto quest'ultimo profilo le doglianze formulate con i primi due motivi dei ricorsi, le quali vanno nel loro complesso accolte.
La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che procederà a nuovo esame, attenendosi ai seguenti principi di diritto:
"Nel contratto di agenzia la prestazione dell'agente consiste in atti di contenuto vario e non predeterminato - quali il compito di propaganda, la predisposizione dei contratti, la ricezione e la trasmissione delle proposte al preponente per l'accettazione - atti che tendono tutti alla promozione della conclusione di contratti in una zona determinata per conto del preponente".
"Nessuna di queste attività costituisce componente indispensabile della prestazione dell'agente. La standardizzazione delle condizioni di vendita può rendere preminente l'azione di propaganda, rispetto a quella di preparazione ed allestimento del contratto". "L'attività tipica dell'agente di commercio non richiede necessariamente "la ricerca del cliente" ed è pur sempre riconducibile alla prestazione dedotta nel contratto di agenzia anche quando il cliente, da cui proviene la proposta di contratto trasmessa dall'agente, non sia stato direttamente ricercato da quest'ultimo ma risulti acquisito su indicazioni del preponente (o in qualsiasi altro modo), purché sussista nesso di causalità tra l'opera di promozione svolta dall'agente nei confronti del cliente e la conclusione dell'affare cui si riferisce la richiesta di provvigione". "Perché possa configurarsi un contratto di agenzia non occorre che l'agente abbia la possibilità di fissare prezzi e sconti e comunque quella di modulare le condizioni del servizio alle peculiari esigenze dei clienti del servizio".
Allo stesso giudice viene rimessa la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

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