Cass. pen., sez. II, sentenza 22/10/2024, n. 45857
Sentenza
22 ottobre 2024
Sentenza
22 ottobre 2024
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Massime • 1
In tema di impugnazioni, comporta violazione del divieto di "reformatio in peius", nel caso di appello proposto dal solo imputato, l'attribuzione allo stesso, nel giudizio di rinvio, del ruolo di promotore di una associazione finalizzata al narcotraffico, in luogo di quello di mero partecipe, riconosciutogli dalla sentenza annullata.
Sul provvedimento
Testo completo
A 45857-24 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE PENALE PUBBLICA UDIENZA DEL 22.10.2024 Composta da: SENTENZA N. SEZ. 1588 Sergio Beltrani Presidente Piero Messini D'Agostini REGISTRO GENERALE rel. Consigliere N. 18940/2024 Anna Maria De Santis Consigliere Maria Daniela Borsellino Consigliere Giovanni Ariolli Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da:
1. AP LE, nato a [...] il [...] IO TI TO, nato a [...] il [...] 2. 3. RA SA, nato a [...] il [...] 4. AS AN, nata in [...] il [...] 5. LE RA, nato a [...] il [...] 6. AR IO, nato a [...] il [...] 7. AL IO, nato a [...] il [...] 8. AL NT, nato a [...] il [...] 9. UD IC, nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 06/06/2023 della Corte di Appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Piero Messini D'Agostini; udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ettore Pedicini, che ha concluso per l'accoglimento dei ricorsi di RA SA, AR IO, AL NT limitatamente alla mancata motivazione per la contestata eccessività degli aumenti per i reati posti in continuazione;
per Д l'accoglimento del ricorso di LE RA limitatamente all'art. 85 DPR 309/90 per omessa motivazione sulla pena accessoria;
per il rigetto degli altri ricorsi;
uditi i difensori Avv. Carlo Morace anche in sostituzione dell'Avv. Pietro Bertone (per AL), Avv. Angelo Rossi (per IO), Avv. Pasquale Crea (per AP e IO), Avv. Giuseppe Iemma (per LE, anche in sostituzione dell'Avv. Valerio Vianello Accorretti, e per UD, anche in sostituzione dell'Avv. Sandro Furfaro), Avv. Stefania Pattarello (per AS), Avv. Cesare Placanica (per RA, AR e AL), Avv. Mauro Serpico (per RA), che hanno concluso per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 28 dicembre 2020 la Corte d'appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza emessa il 9 ottobre 2019, all'esito del giudizio abbreviato, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia, impugnata dagli imputati, così provvedeva in relazione alla posizione degli odierni ricorrenti, condannati tutti, oltre che per vari reati-scopo, per il delitto previsto dall'art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, contestato al capo 1), per essersi associati tra loro al fine di commettere una serie indeterminata di reati consistenti nella importazione di ingenti quantitativi di cocaina dal Sudamerica: - quanto ad IO AL, esclusa l'aggravante della transnazionalità in relazione ai reati di cui ai capi 1) e 6), rideterminava la pena in otto anni, dieci mesi, venti giorni di reclusione ed euro 22.600 di multa;
-quanto a AN AS, esclusa l'aggravante della transnazionalità in relazione al reato di cui al capo 1), rideterminava la pena in otto anni, due mesi e dieci giorni di reclusione;
-quanto a IC UD, esclusa l'aggravante della transnazionalità, in relazione ai reati di cui ai capi 1) e 3), rideterminava la pena in otto anni, otto mesi e venti giorni di reclusione ed euro 22.200 di multa;
- quanto a RA LE, esclusa l'aggravante della transnazionalità, in relazione al reato di cui al capo 1), rideterminava la pena in otto anni e dieci mesi di reclusione;
I quanto a SA RA, esclusa l'aggravante della transnazionalità, in relazione ai reati di cui ai capi 1), 2), 3) e 6), rideterminava la pena in diciassette anni di reclusione;
-O quanto a IO AR, esclusa l'aggravante della transnazionalità, in relazione ai reati di cui ai capi 1), 3) e 6), rideterminava la pena in dieci anni di reclusione ed euro 24.000 di multa;
2 quanto ad NT AL, esclusa l'aggravante della transnazionalità in relazione al reato di cui al capo 1), rideterminava la pena in sette anni, un mese e dieci giorni di reclusione;
-quanto ad TI TO IO, assolveva l'imputato dal reato di cui al capo 9); esclusa l'aggravante della transnazionalità in relazione ai reati di cui ai capi 1) e 6), rideterminava la pena in diciannove anni, quattro mesi e venti giorni di reclusione;
quanto a LE AP, esclusa l'aggravante della transnazionalità in relazione al reato di cui al capo 1) e ritenuto il ruolo di mero partecipe dell'associazione, rideterminava la pena in otto anni di reclusione. Con sentenza del 9 febbraio 2022 la Sesta sezione della Corte di Cassazione - per quanto qui rileva annullava senza rinvio la sentenza impugnata nei - confronti di IO TI TO e AS AN in relazione al reato di cui al capo 7) perché estinto per prescrizione;
annullava con rinvio la sentenza impugnata quanto al reato di cui all'art. 74 d.P.R. n. 309/1990 nei confronti di AP LE, IO TI TO, RA SA, AS AN, LE RA, AR IO, AL IO, AL NT, UD IC nonché, per il capo 6), nei confronti di AL;
rigettava nel resto i ricorsi degli imputati, dichiarando definitivo l'accertamento di responsabilità per gli ulteriori reati loro rispettivamente ascritti. La sentenza rescindente, in relazione al delitto di cui al capo 1), osservava che la Corte di merito, nella sentenza impugnata, si era limitata a riportare quanto affermato dalla sentenza di primo grado senza motivare sugli specifici rilievi difensivi formulati negli atti di appello in ordine alla permanenza del vincolo tra gli associati e all'esistenza di una struttura organizzata. Richiamati i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine ai presupposti necessari per la configurabilità del delitto associativo previsto dall'art. 74 d.P.R. n. 309/1990, la Sesta sezione rilevava che la motivazione della sentenza impugnata si rivelava «carente in ordine alla dimostrazione della struttura organizzata stabile, della permanenza dell'associazione illecita oltre la realizzazione dei reati fine e della volontà e consapevolezza degli imputati di operare in qualità di aderenti ad un'organizzazione criminale e nell'interesse della stessa». Quanto al profilo strutturale dell'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la Corte di appello di Venezia aveva fatto ricorso alla metafora della struttura a stella», tuttavia individuando il suo nucleo nella sola persona di IO e facendo generico riferimento ai suoi sodali, senza delineare compiutamente il perimetro soggettivo del vincolo associativo e precisare sulla base di quali risultanze probatorie lo stesso fosse affermato. 3 f Anche in ordine alla permanenza del vincolo tra gli associati, una volta cessata la commissione dei delitti-scopo, e alla sussistenza di un programma criminale condiviso, la motivazione della sentenza risultava inadeguata e apparente là dove aveva ritenuto «logicamente inverosimile ipotizzare che importazioni di così ingenti quantitativi di cocaina in ottima qualità, proveniente da due diversi paesi del Sud America, dopo che era stato realizzato un vero e proprio nuovo canale di importazione con destinazione finale Venezia, potessero realizzarsi in circostanze di saltuario e occasionale concorso di persone>>.
2. Con la sentenza qui impugnata la Corte di appello di Venezia, in sede di rinvio, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha confermato per tutti gli odierni ricorrenti la condanna per il reato associativo, esclusa l'aggravante della transnazionalità, e così ha deciso in relazione alle singole posizioni: quanto ad IO AL, ha assolto l'imputato dal reato di cui al capo 6) e ha rideterminato la pena in sei anni e otto mesi di reclusione;
quanto a AN AS, ha riconosciuto le attenuanti generiche e la continuazione esterna, rideterminando la pena complessiva in cinque anni e un mese di reclusione;
-quanto a RA LE, SA RA e TI TO IO, ha confermato il diniego delle attenuanti generiche e ha riconosciuto la continuazione esterna, rideterminando le pene complessive, rispettivamente: in otto anni e dieci mesi di reclusione;
diciassette anni di reclusione;
diciannove anni, tre mesi e dieci giorni di reclusione;
- quanto a IC UD, IO ARl e NT AL, ha integralmente ribadito le statuizioni della sentenza di appello annullata;
- quanto a LE AP, riconosciute le attenuanti generiche e ritenuto il ruolo di promotore dell'associazione, come già il primo giudice, ha rideterminato la pena in nove anni di reclusione.
3. Avverso la sentenza rescissoria hanno proposto ricorso per cassazione i nove imputati, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, chiedendone l'annullamento.
4. Il ricorso proposto dall'Avv. Pasquale Fabio Crea nell'interesse di LE AP è articolato in tre motivi.
4.1. Violazione di legge (art. 74 d.P.R. n. 309/1990) con riferimento alla esistenza e alla permanenza dell'associazione nonché motivazione apparente e illogica nella parte in cui ha ritenuto provata la sussistenza del sodalizio. 4 Gli elementi evidenziati nella sentenza, relativi alla ritenuta esistenza di una "struttura organizzata", non hanno dimostrato la effettività di un vincolo strutturale permanente e continuativo, tantomeno di un accordo criminoso che riguardasse tutti i fruitori della struttura Gi.RA., essendo emerse piuttosto condotte concorsuali di individui coinvolti nella commissione di reati in materia di stupefacenti nell'ambito di singoli progetti criminali. La Corte territoriale ha affermato l'esistenza della stabile e autonoma struttura organizzata di mezzi e di uomini individuandola sulla base di dati non particolarmente significativi, quali i reati-fine, l'esistenza di più gruppi e di modalità per lo stoccaggio della sostanza, l'uso di linguaggio criptico, l'immissione di denaro alla Gi.RA., tutti elementi che non fanno propendere per la tesi della stabile presenza di un gruppo di persone solidalmente protese verso comuni e indeterminati obiettivi criminosi, a sostegno dell'associazione. La Corte d'appello ha erroneamente individuato lo scopo comune nel reato associativo, che non è l'illecito profitto, ma il rafforzamento della vitalità del sodalizio criminoso in vista dell'illecito profitto, omettendo una indagine sull'elemento soggettivo, ossia sulla volontà da parte del singolo di partecipare all'associazione e di aderire alle sue finalità. La sentenza impugnata,