Cass. pen., sez. I, sentenza 25/02/2019, n. 08249
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Testo completo
la seguente SENTENZA nel conflitto di competenza tra il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini, e il Tribunale Monocratico di Rimini, nel procedimento nei confronti di G E, nata a Morciano di Romagna (RN) il 30/3/1974, proposto con ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini in data 23/6/2018;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere C R;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, R A, che ha concluso chiedendo che si dichiari la competenza di Tribunale di Rimini.
RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento n. 244/2017, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini aveva emesso, nei confronti di E G, decreto penale di condanna in relazione ai delitti previsti dall'art. 55, comma 9, legge n. 231/2007 (capo A), dall'art. 494 cod. pen. (capo B) e dagli artt. 61 n. 7 e 640 cod. pen. (capo C). A seguito di rituale opposizione, era stato emesso decreto di citazione a giudizio davanti al Tribunale Monocratico di Rimini e all'udienza del 25/5/2018 il difensore dell'imputata aveva eccepito, davanti a quello stesso giudice, la nullità del decreto di citazione a giudizio per mancata emissione dell'avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. in relazione al capo A) dell'imputazione, concernente un reato per il quale sarebbe stata necessaria l'udienza preliminare.
2. Il Tribunale di Rimini in composizione monocratica aveva, quindi, dichiarato la nullità del decreto di citazione, rilevando che "il capo A) dell'imputazione, da ritenersi reato più grave, necessita(va) del vaglio dell'udienza preliminare", sicché "il mancato rispetto dell'udienza viola(va) il diritto di difesa", disponendo la restituzione degli atti all'Ufficio del Giudice per le indagini preliminari.
3. Con ordinanza in data 6/11/2017, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini ha conseguentemente proposto conflitto negativo di competenza nel suddetto procedimento. Secondo il remittente, la richiesta di decreto penale di condanna è una modalità di esercizio dell'azione penale che non necessita di avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen, né di celebrazione dell'udienza preliminare, in quanto detti incombenti riguardano esclusivamente la richiesta di rinvio a giudizio, e non altre modalità di esercizio dell'azione penale, la cui scelta è demandata al pubblico ministero, senza che ciò comporti alcuna lesione del diritto di difesa né del principio del contradditorio, atteso•che questo potrà esplicarsi nel successivo giudizio di opposizione. Pertanto, nel caso di specie, il giudice remittente ha ritenuto sussistente una ipotesi di conflitto negativo di competenza ai sensi dell'art. 28, lett. b) , cod. proc. pen., atteso che la restituzione degli atti al Giudice per le indagini preliminari avrebbe determinato un'indebita regressione del procedimento e una situazione di stallo, risolvibile solamente con l'intervento della Corte regolatrice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva, preliminarmente, il Collegio che secondo quanto stabilito dall'art. 28, comma 2, ultima parte, cod. proc. pen., il provvedimento del giudice del dibattimento è destinato a prevalere su quello del giudice per le indagini preliminari che ha disposto il giudizio. Secondo la Relazione al Progetto preliminare del codice di rito, la ratio di tale disposizione riposa nel fatto che "la disciplina dei conflitti mira a regolare la sfera della giurisdizione e della competenza, e non anche i dissensi tra gli uffici in ordine a situazioni diverse;
in questi casi l'interesse ad una sollecita definizione del processo è parso preminente sull'interesse del giudice a non essere vincolato dalla statuizione di un altro giudice, almeno nel caso in cui il giudice vincolante sia quello del dibattimento". Pertanto, in caso di contrasto tra giudice del dibattimento e giudice per le indagini preliminari "la decisione che soccombe è quella conclusiva della fase delle indagini preliminari", sì che il giudice procedente deve provvedere "a eliminare il vizio riscontrato dal giudice del dibattimento e non possa, attraverso il meccanismo del conflitto, investire la Corte di cassazione per
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere C R;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, R A, che ha concluso chiedendo che si dichiari la competenza di Tribunale di Rimini.
RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento n. 244/2017, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini aveva emesso, nei confronti di E G, decreto penale di condanna in relazione ai delitti previsti dall'art. 55, comma 9, legge n. 231/2007 (capo A), dall'art. 494 cod. pen. (capo B) e dagli artt. 61 n. 7 e 640 cod. pen. (capo C). A seguito di rituale opposizione, era stato emesso decreto di citazione a giudizio davanti al Tribunale Monocratico di Rimini e all'udienza del 25/5/2018 il difensore dell'imputata aveva eccepito, davanti a quello stesso giudice, la nullità del decreto di citazione a giudizio per mancata emissione dell'avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. in relazione al capo A) dell'imputazione, concernente un reato per il quale sarebbe stata necessaria l'udienza preliminare.
2. Il Tribunale di Rimini in composizione monocratica aveva, quindi, dichiarato la nullità del decreto di citazione, rilevando che "il capo A) dell'imputazione, da ritenersi reato più grave, necessita(va) del vaglio dell'udienza preliminare", sicché "il mancato rispetto dell'udienza viola(va) il diritto di difesa", disponendo la restituzione degli atti all'Ufficio del Giudice per le indagini preliminari.
3. Con ordinanza in data 6/11/2017, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini ha conseguentemente proposto conflitto negativo di competenza nel suddetto procedimento. Secondo il remittente, la richiesta di decreto penale di condanna è una modalità di esercizio dell'azione penale che non necessita di avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen, né di celebrazione dell'udienza preliminare, in quanto detti incombenti riguardano esclusivamente la richiesta di rinvio a giudizio, e non altre modalità di esercizio dell'azione penale, la cui scelta è demandata al pubblico ministero, senza che ciò comporti alcuna lesione del diritto di difesa né del principio del contradditorio, atteso•che questo potrà esplicarsi nel successivo giudizio di opposizione. Pertanto, nel caso di specie, il giudice remittente ha ritenuto sussistente una ipotesi di conflitto negativo di competenza ai sensi dell'art. 28, lett. b) , cod. proc. pen., atteso che la restituzione degli atti al Giudice per le indagini preliminari avrebbe determinato un'indebita regressione del procedimento e una situazione di stallo, risolvibile solamente con l'intervento della Corte regolatrice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva, preliminarmente, il Collegio che secondo quanto stabilito dall'art. 28, comma 2, ultima parte, cod. proc. pen., il provvedimento del giudice del dibattimento è destinato a prevalere su quello del giudice per le indagini preliminari che ha disposto il giudizio. Secondo la Relazione al Progetto preliminare del codice di rito, la ratio di tale disposizione riposa nel fatto che "la disciplina dei conflitti mira a regolare la sfera della giurisdizione e della competenza, e non anche i dissensi tra gli uffici in ordine a situazioni diverse;
in questi casi l'interesse ad una sollecita definizione del processo è parso preminente sull'interesse del giudice a non essere vincolato dalla statuizione di un altro giudice, almeno nel caso in cui il giudice vincolante sia quello del dibattimento". Pertanto, in caso di contrasto tra giudice del dibattimento e giudice per le indagini preliminari "la decisione che soccombe è quella conclusiva della fase delle indagini preliminari", sì che il giudice procedente deve provvedere "a eliminare il vizio riscontrato dal giudice del dibattimento e non possa, attraverso il meccanismo del conflitto, investire la Corte di cassazione per
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