Cass. civ., sez. II, sentenza 26/01/2021, n. 1601

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In tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di "operazioni con parti correlate", sussiste la responsabilità dei sindaci ove, in occasione di tali operazioni, omettano o esplichino in modo inadeguato il controllo su tutta l'attività sociale, poiché il dovere di vigilanza sancito dall'art. 2403 c.c. non è circoscritto all'operato degli amministratori, ma attiene al regolare svolgimento dell'intera gestione dell'ente ed è posto a tutela, oltre che dei soci, anche dei creditori sociali, in modo ancora più stringente nelle società quotate, considerata l'esigenza di garantire l'equilibrio del mercato. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso di un sindaco, sanzionato per omessa vigilanza in occasione di operazioni con parti correlate, non avendo rilevato significative carenze nel parere del previsto Comitato, pur potendo avvalersi degli strumenti informativi di cui all'art. 151 d.lgs. n. 58 del 1998).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 26/01/2021, n. 1601
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 1601
Data del deposito : 26 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

01601-21 REPUBBLICA ITALIANA е IN NOME DEL POPOLO ITALIANO йт е LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Б SECONDA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: SANZIONI U B - Presidente rel. AMMINISTRATIVE A C - Consigliere E P - Consigliere RG. 12582/2018 G T - Consigliere Cron. 1601 C B M - Consigliere Rep. ha pronunciato la seguente U.P. 20/10/2020 SENTENZA sul ricorso 12582-2018 proposto da: N E, rappresentata e difesa dagli Avvocati M C e STEFANO D'ACUNTI ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in ROMA, VIALE delle MILIZIE 9

- ricorrente -

contro

CONSOB Commissione Nazionale per le società e la Borsa, in - persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata presso la propria sede in ROMA, VIA G.B. MARTINI 3 e rappresentata e difesa dagli Avvocati S PNTI, G R, S Z e ANTONIA GIALLONGO ے ک controricorrente - avverso la sentenza n. 48/2017 della CORTE d'APPELLO di T, pubblicata il 16/10/2017;
2237/70 udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/06/2019 dal Consigliere Dott. U B;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A C che ha concluso per l'inammissibilità o in subordine il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato M C per la ricorrente, che ha concluso come in atti, chiedendo l'accoglimento del ricorso;
udito gli Avv. G R e A G per la Consob, che hanno concluso come in atti, chiedendo il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Con delibera n. 19821 del 21.12.2016, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) riteneva accertata la violazione da parte di ELENA NEMBRINI, in qualità di Sindaco effettivo della Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni s.p.a. (BIM), assieme ad altri componenti del Collegio Sindacale di BIM, dell'art. 149, comma 1, lett. a) del TUF (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), per aver omesso di vigilare sul rispetto della legge e del Regolamento CONSOB 1722/2010 (Regolamento OPC: Operazioni Parti Correlate) in riferimento all'operazione di cessione da BIM a Veneto Banca della partecipazione dalla prima detenuta in Banca IPIBI Financial Advisory s.p.a., irrogandole la sanzione amministrativa pecuniaria di € 25.000,00. Con tale operazione, in data 7.8.2014, Veneto Banca aveva acquistato dalla controllata BIM il 67,22% del capitale sociale di IPIBI al prezzo di € 1,02 per azione. In pari data, Veneto Banca cedeva alla Capital Shuttle s.p.a. il 55% del capitale sociale di IPIBI al medesimo unitario: la cessione si eraprezzo 2 perfezionata il 5.3.2015 a seguito del rilascio dell'autorizzazione da parte della competente autorità di vigilanza. Capital Shuttle era "società veicolo", partecipata, tra gli altri, da Antonio M, che era A.D. di Capital Shuttle e di IPIBI, di cui era stato Direttore Mercato e membro del C.d.A. Era intervenuto anche un accordo separato tra Veneto Banca, BIM e il M con cui era stata confermata l'efficacia di due opzioni call e put aventi ad oggetto l'acquisto e la vendita di azioni IPIBI, accordate al M il 10.10.2008, contestualmente alla cessione a BIM del 67% del capitale sociale di IPIBI: a) l'opzione call nei confronti di Veneto Banca prevedeva il diritto del M di acquistare l'1,75% di azioni IPIBI detenute dalla Banca a un prezzo fisso di € 1,15 per azione;
b) l'opzione put nei confronti di BIM prevedeva l'obbligo per la società di acquistare tutte le azioni IPIBI detenute dal M a un prezzo da determinarsi in base a una formula concordata dalle parti. Con tale accordo separato il M attribuiva a Veneto Banca il diritto di sostituirsi a BIM quale soggetto passivo dell'opzione put e Veneto Banca si era impegnato a esercitare tale diritto, ottenendo da BIM l'importo di € 3.242.250,00. Un ulteriore accordo era sopraggiunto tra Veneto Banca e una "cordata di investitori", aggregata attorno a Pietro D'Aguì, Vice Presidente e azionista di BIM con una partecipazione del کر 9,685% e, all'epoca dell'operazione, censito da Veneto Banca quale sua parte correlata. Tale accordo consisteva nella cessione da parte di Veneto Banca a tale cordata di investitori della sua partecipazione di maggioranza al capitale sociale di BIM (c.d. cessione BIM). 3 Secondo la CONSOB, la "cessione IPIBI" era strettamente connessa con la "cessione BIM", in quanto la cordata di investitori non era interessata ad acquisire la partecipazione in IPIBI quale conseguenza dell'acquisizione della maggioranza azionaria di BIM. Le irregolarità riscontrate riguardavano: 1) la connessione tra cessione IPIBI e cessione BIM;
gli amministratori indipendenti (Comitato OPC) non avrebbero esaminato la connessione tra le due cessioni, limitandosi ad affermare che l'operazione era economicamente conveniente, sostanzialmente corretta e non avrebbe comportato pregiudizi per gli azionisti di minoranza della BIM;
2) il corrispettivo della cessione IPIBI: il Comitato OPC valutava congruo il corrispettivo di € 1,02 per azione offerto a BIM per l'acquisto delle azioni IPIBI, mentre il prezzo corretto era di € 1,12 per azione;
3) la sostituzione di Veneto Banca a BIM quale soggetto passivo dell'opzione di vendita put e corrispettivo di € 3.242.250,00 in favore di BIM: il Comitato OPC non avrebbe valutato l'interesse di BIM alla sua sostituzione da parte di Veneto Banca, limitandosi a prenderne atto. Con ricorso del 10.3.2017 E N proponeva opposizione avanti alla Corte d'Appello di Torino avverso la suddetta delibera della CONSOB, deducendone la nullità per assenza, nel procedimento sanzionatorio avanti alla CONSOB, di adeguata separazione tra organo istruttorio e organo decidente appartenendo entrambi allo stesso ente;
e, nel merito, assumendo che l'atto di contestazione non teneva conto che il M fosse parte correlata di BIM e che l'accordo di sostituzione di Veneto Banca a BIM nell'opzione put concessa al M dovesse essere valutato con la procedura delle operazioni con parti correlate, oltre al fatto che la somma di € 3.242.250,00 (riconosciuta da BIM a Veneto Banca) non aveva natura di corrispettivo, bensì corrispondeva alla differenza tra il prezzo che BIM avrebbe dovuto pagare al M in forza dell'opzione, determinato sulla base della formula concordata tra le parti, e il minor valore di mercato delle azioni che BIM avrebbe ricevuto, nonché richiamava il parere del consulente legale che chiariva la proroga dell'opzione;
in via subordinata, chiedeva ridursi l'entità della sanzione. Con sentenza n. 48/2017, depositata in data 16.10.2017, la Corte d'Appello di Torino rigettava l'opposizione condannando la Nembrini alle spese processuali. In particolare, la Corte territoriale rilevava che, con la sentenza n. 18640/2014, la Corte EDU ha riconosciuto che lo Stato italiano può attribuire a un'autorità amministrativa come la CONSOB il potere di applicare sanzioni "penali" come quelle relative agli illeciti di cui all'art. 187 ter del TUF, anche se tale possibilità presuppone che la decisione della CONSOB sia sottoposta al controllo di un organo giudiziario dotato di piena giurisdizione, quale la Corte d'Appello, che dovrà assicurare la trattazione e la discussione in pubblica udienza (come accaduto کے nella fattispecie). Nel merito, la Corte d'Appello riteneva evidente che la sostituzione di Veneto Banca a BIM nell'opzione put concessa al M rientrasse nell'ambito della "cessione IPIBI" e che questa dovesse essere sottoposta alla procedura riguardante le operazioni con parti correlate di maggior rilevanza, essendo la cessionaria Veneto Banca controllante di BIM. I Comitato OPC avrebbe dovuto indicare le ragioni e la convenienza economica dell'operazione di sostituzione di Veneto Banca a BIM. Era altresì evidente che i diritti di opzione del M erano rilevanti solo se l'opzione stessa fosse stata ancora efficace nei confronti di BIM, in quanto, in caso contrario, la società non sarebbe più stata soggetto passivo del "put M" e non vi sarebbe stata ragione per il subentro di Veneto Banca a BIM, né vi sarebbe stata ragione perché BIM le corrispondesse l'importo già indicato. Nelle società quotate l'art. 149, comma 1 lett. a) del TUF (la cui violazione era stata contestata alla Nembrini) impone al Collegio Sindacale di vigilare sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo e ai Sindaci sono conferiti determinati poteri in correlazione con tali doveri, da intendersi non come facoltà, ma quali poteri/doveri. Nella fattispecie, l'opponente avrebbe potuto rendersi conto del fatto che il parere del Comitato OPC non prendeva in considerazione il c.d. "put M" e non vi era alcun riscontro documentale che dimostrasse che esso fosse stato prorogato. Nonostante tali segnali di allarme, i Sindaci non avevano formulato, prima del C.d.A. del 4.8.2014, alcuna richiesta di chiarimenti o di documentazione da cui potesse evincersi la regolarità delle proroghe dell'opzione, specie dell'ultima al 30.6.2015. Infine, con riferimento alla censura attinente all'entità della sanzione, che l'opponente chiedeva di ridurre ad € 10.000,00, la Corte di merito sottolineava che la sanzione di € 25.000,00 era stata irrogata in base al previgente testo dell'art. 193 TUF, che prevedeva una sanzione amministrativa pecuniaria da € 25.000,00 a 200.000,00. Tale norma era stata poi modificata dall'art. 5 D. Lgs. n. 72/2015, con la previsione di un minimo di € 10.000,00. Ai sensi dell'art. 6, comma 2, per le violazioni commesse prima dell'entrata in vigore delle disposizioni adottate dalla continuavano ad applicarsi le precedenti CONSOB disposizioni. Secondo la Nembrini il legislatore delegato non avrebbe riconosciuto il principio del favor rei in contrasto con quanto previsto nella legge delega. La Corte d'Appello richiamava quanto evidenziato dalla Consob circa l'opposto principio generale per cui, in difetto di una norma espressamente derogatoria, vale la diversa regola del tempus regit actum. Nella fattispecie, il legislatore delegante non aveva affatto imposto al delegato di introdurre il principio del favor rei, ma solo di

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