Cass. civ., sez. I, sentenza 14/12/2007, n. 26264
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In tema di tutela dei corpi idrici superficiali, l'art. 133 del r.d. n. 368 del 1904, che impone una fascia di rispetto lungo i canali, comprende il divieto di qualunque costruzione, inclusa la copertura (rectius "tombinatura") del canale di bonifica di un consorzio, in quanto tale intervento non muta la ragione di predisposizione normativa di cautele, né rende meno cogente la normativa di tutela stessa, essendo comunque permanente l'esigenza di mantenere libero da ostacoli l'accesso al canale ed ai tombini che, dalla sua copertura, consentano l'ispezione ed i lavori di manutenzione.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D M R - Presidente -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. M L - rel. Consigliere -
Dott. G P - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P F, elettivamente domiciliato in Roma, via XX Settembre 4, presso l'avv. DELL'ERBA F, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti unitamente all'avv. F C del Foro di Venezia;
- ricorrente -
contro
CONSORZIO BONIFICA DESE SILE, elettivamente domiciliato in Roma, via Guido D'Arezzo 18, presso l'avv. V E, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti unitamente all'avv. F F del Foro di Venezia;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Venezia n. 1096 del 31.07.02;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15.11.2007 dal Relatore Cons. Dott. L M;
Udito l'avv. F. Dell'Erba per il ricorrente e l'avv. M F (in sost.) per il Consorzio;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C R, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 4.5.1989 F P, sull'assunto di essere proprietario di una strada privata e di un capannone sito in via Torino di Mestre, confinanti con un fondo sul quale il Consorzio di Bonifica Dese Sile aveva a suo tempo realizzato un collettore fognario sottostante la strada stessa, e sulla premessa che dalla malaccorta esecuzione erano derivati cedimenti della ridetta strada e di mura del capannone, convenne innanzi al Tribunale di Venezia il suddetto Consorzio per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni patiti. Si costituì il Consorzio, deducendo trattarsi di opera pubblica di bonifica la quale imponeva al Perale l'arretramento delle costruzioni di almeno quattro metri dalla linea del collettore stesso e pertanto chiedendo la reiezione di ogni sua indebita pretesa indennitaria e, in via riconvenzionale, la condanna dell'attore alla demolizione ed all'arretramento. Il Tribunale adito con sentenza 24.9.1998 accolse la domanda del Perale limitatamente ai danni patiti dall'edificio e rigettò la riconvenzionale del Consorzio, declinando in favore del Tribunale delle Acque Pubbliche la cognizione della domanda di indennizzo per l'occupazione della strada. La pronunzia venne appellata dal Consorzio di Bonifica Dese Sile e, in via incidentale, dal Perale.
La Corte di Venezia con sentenza del 31.7.2002, rigettata l'impugnazione incidentale, accolse l'impugnazione del Consorzio e condannò il Perale ad arretrare sino a quattro metri dal limite esterno del collettore il proprio capannone ed a restituire al Consorzio la somma percepita di Euro 16.621,00.
Nella motivazione della sentenza la Corte di merito ha osservato, per quel che rileva in questa sede, che:
- l'opera eseguita dal Consorzio, indiscutibilmente quanto incontestatamente identificata dal Tribunale in un collettore convogliante le acque piovane e di sfioro non smaltite dal collettore comunale a monte, doveva ritenersi opera pubblica di bonifica sottoposta alla disciplina di cui al R.D. n. 368 del 1904, (e non già collettore di acqua demaniale).
- di nessun rilievo, anche alla luce della rettamente interpretata previsione dell'art. 133, del citato R.D., era poi il fatto che il condotto fosse gravato da copertura o tombinatura, posto che la norma sulla distanza dei manufatti era diretta proprio a garantire l'accessibilità per la manutenzione e la stessa funzionalità dell'opera.
- conseguiva da un canto l'obbligo di arretrare il manufatto, costruito addirittura sul collettore, di almeno quattro metri dal suo limite esterno e, dall'altro canto, l'inconsistenza di ogni pretesa al risarcimento di danni patiti a carico del manufatto (che non doveva essere sito in quel luogo) e l'obbligo di restituire quanto indebitamente liquidato dal primo Giudice.
Per la cassazione di tale sentenza il Perale ha proposto ricorso il 19.3.2003 fondato su due motivi, al quale ha resistito il Consorzio con controricorso del 28.4.2003. I difensori hanno discusso oralmente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il Perale ha denunziato falsa applicazione del R.D. n. 368 del 1904, art. 133, disposizione applicabile alle sole ipotesi di canali con sponde od argini e non certo, come forzatamente opinato dalla Corte di merito, a condotte interrate od a collettori fognali non di superficie. Ad avviso del ricorrente nella specie trattavasi di collettore costruito ad un metro sotto la superficie e destinato a smaltire acque nere di piccole e medie imprese oltre che acque piovane provenienti dalle strade adducendole alla centrale di depurazione;si trattava quindi bensì di opera pubblica ma non certo di opera di bonifica, essendo prevalente la sua funzione di smaltimento idrico e fognario rispetto a quella di miglioramento delle condizioni igieniche del territorio (non segnato dalla presenza di paludi);e le acque trasportate non potevano ritenersi pubbliche e contaminate ma, necessariamente, private in ragione della provenienza da imprese o latrine.
Con il secondo motivo viene poi denunziata come sommaria ed apodittica l'affermazione della Corte per la quale la presenza del manufatto avrebbe impedito ispezioni e manutenzioni del sottostante collettore, mai essendosi segnalati in oltre 40 anni intralci a detta manutenzione od interferenze alla funzionalità del collettore;viene altresì indicata la sommarietà della equiparazione della condotta interrata ad altra condotta corrente tra argini, equiparazione contraria a logica oltre che non rispondente alla lettura della norma.
Esaminando congiuntamente i due motivi, strettamente connessi nella denunzia di violazioni di legge e carenze argomentative, pare al Collegio che entrambi debbano essere respinti.
La Corte di merito ha invero preso le mosse da una valutazione della natura del collettore del Consorzio fondata su specifici fatti accertati (essersi trattato di una condotta convogliante acque piovane e di sfioro non smaltite da altro collettore a monte) ed ha, da tali fatti, dedotto logicamente che all'opera pubblica dovesse attribuirsi la natura (ed il regime) di opera pubblica di bonifica, trattandosi di acque artificiali incanalate per consentire lo smaltimento di acque reflue altrimenti fonti di certo danno alle coltivazioni.
Il ricorso contrappone al menzionato accertamento di fatti la propria opinione per la quale il collettore in discorso sarebbe una vera e propria condotta fognante asservita allo smaltimento di acque luride - residuate da lavorazioni industriali - e di acque piovane refluenti dalle strade e da tale opinione deduce la inapplicabilità della normativa regolamentare di cui al R.D. n. 368 del 1904, (e quella di cui al successivo R.D. n. 215 del 1933): ma si tratta, all'evidenza, di nulla più che una inammissibile proposta di rivalutazione dei fatti e non certo di una contestazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, di una loro parziale o travisata interpretazione.
La Corte di merito ha poi altrettanto esattamente applicato la norma di cui al R.D. n. 368 del 1904, art. 133, in tema di imposizione di distanze di rispetto dei fabbricati dal piede esterno dei canali (e loro accessori), sul rilievo, assolutamente conforme alla norma, per il quale la copertura (rectius "tombinatura") del canale di bonifica del Consorzio ne' muta la ragione di predisposizione normativa di cautele ne' rende meno cogente la normativa di tutela stessa, essendo comunque permanente l'esigenza di mantenere libero da ostacoli l'accesso al canale ed ai tombini che, dalla sua copertura, consentano l'ispezione ed i lavori di manutenzione (cfr. Cass. 8536.05). Per entrambi i versi - quindi - le censure, fuori di segno
od inammissibilmente valutative, non intaccano la correttezza giuridica e la tenuta logica delle statuizioni della sentenza impugnata. Si rigetta il ricorso regolando le spese secondo soccombenza.