Cass. pen., sez. I, sentenza 15/02/2023, n. 06340
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: K F nato a TIRANA( ALBANIA) il 29/04/1951 avverso la sentenza del 25/01/2022 della CORTE APPELLO di ROMAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere LGI F A M;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore F Z che ha concluso chiedendo Il PG chiede l'inammissibilità del ricorso. udito il difensore L'avvocato C V A, nonostante la richiesta di trattazione orale, non si è presentato in udienza. RITENUTO IN FATTO 1. A seguito di opposizione avverso decreto penale di condanna del 17 ottobre 2016, F K veniva tratto a giudizio perché rispondesse davanti al Tribunale di Viterbo del reato di omissione di denuncia di trasferimento del luogo di detenzione di una pistola e delle relative munizioni. 2. Revocato il decreto penale di condanna e celebrato il dibattimento con lo svolgimento di attività istuttoria, il Tribunale di Viterbo, con sentenza del 29 novembre 2019, dichiarava l'imputato colpevole del reato ascrittogli e lo condannava alla pena di un mese di arresto. Il Tribunale riteneva accertato, sulla base degli atti acquisiti e della deposizione del maresciallo dei Carabinieri M S, che l'arma e le munizioni erano state sequestrate perché ritrovate, mediante perquisizione, nell'autofficina del K anziché nel luogo indicato nella denuncia dallo stesso presentata, non seguita da comunicazioni di cessione o di trasferimento. 3. Avverso la sentenza di primo grado, la difesa di K proponeva gravame, dolendosi, tra l'altro, sia della valutazione in termini di validità della notifica del decreto che aveva disposto il giudizio di primo grado, sia della valutazione in termini di legittimità delle attività di perquisizione e di sequestro dell'arma. 4. Con sentenza del 25 gennaio 2022, deliberata senza previo dibattimento, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti di K per estinzione del reato per prescrizione. Il giudice di appello riteneva insussistenti i requisiti per l'emissione di una sentenza assolutoria nel merito, in ragione della palese infondatezza delle censure proposte con l'atto di gravame. 5. Avverso la sentenza di appello la difesa di K ha proposto ricorso per cassazione, con atto articolato in due motivi. 5.1. Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata, richiamando l'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. e lamentando inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza. Secondo le doglianze difensive, i giudici di merito sarebbero incorsi in errore, nella parte in cui hanno ritenuto infondata l'eccezione di nullità della notifica, al difensore dell'imputato, del decreto che dispose il giudizio di primo grado. Il ricorrente sostiene che dal sistema delle notifiche e comunicazioni telematiche emerga l'esito negativo della notifica del 7 dicembre 2016, e che all'udienza di primo grado del 15 dicembre 2018, di semplice smistamento, il magistrato incaricato della cognizione della causa, ritenendosi non competente, abbia trasmesso gli atti al Presidente del Tribunale per la designazione di un altro magistrato, ordinando comunque la rinnovazione della notifica del decreto di citazione. Il ricorrente afferma che il giudice di appello, quindi, avrebbe dovuto rilevare la nullità della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di primo grado e, conseguentemente, avrebbe dovuto ordinare la trasmissione degli atti al giudice di primo grado. Il ricorrente precisa che a nulla potrebbe rilevare la presenza del difensore dell'imputato all'udienza del 15 dicembre 2018, poiché in quest'ultima fu compiuta attività finalizzata al mero rinvio. 5.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata, lamentando violazioni degli artt. 347, 352 e 191 cod. proc. pen. e dell'art. 41 T.U.L.P.S. Secondo quanto affermato nel ricorso, il verbale di perquisizione avente ad oggetto il rinvenimento della pistola sarebbe inutilizzabile. Il ricorrente sostiene che il maresciallo S abbia condotto un'indagine a titolo personale, caratterizzata da accanimento nei confronti di K e dalla violazione della normativa processuale di riferimento. Il ricorrente sostiene, per un verso, che la notizia di reato non sia stata mai comunicata al Pubblico Ministero, in violazione di quanto stabilito dall'art. 347 cod. proc. pen.;per altro verso, che la perquisizione sia avvenuta in violazione dell'art. 14 Cost. e dell'art. 352 cod. proc. pen., il quale riconosce al solo Pubblico Ministero il potere di disporre la perquisizione e il sequestro, salva la possibilità per la Polizia giudiziaria di provvedervi autonomamente nei casi di necessità ed urgenza. Sebbene l'art. 41 T.U.L.P.S. riconosca alla polizia giudiziaria il potere di provvedere a tali attività, al tempo stesso la citata disposizione impone che ciò avvenga nell'immediatezza del ricevimento della notizia circa l'esistenza di armi, munizioni o materie esplodenti non denunciate o abusivamente detenute. Il ricorrente sostiene che nel caso concreto, però, tale requisito fosse carente, poiché il maresciallo S provvide alla perquisizione e al conseguente sequestro dell'arma a distanza di quattro giorni dal ricevimento della notizia di reato. Pertanto, secondo le doglianze difensive, in assenza di autorizzazione del Pubblico Ministero o degli altri citati requisiti, la perquisizione compiuta dal maresciallo S dovrebbe essere ritenuta illegittima, con conseguente invalidità del successivo sequestro.
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