Cass. civ., SS.UU., sentenza 28/07/2004, n. 14172

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Massime1

L'art. 45, comma diciassettesimo, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (ora, art. 69 del d.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165), nel trasferire al giudice ordinario le controversie di pubblico impiego privatizzato, pone il discrimine temporale tra giurisdizione ordinaria e amministrativa con riferimento non ad un atto giuridico o al momento d'instaurazione della controversia bensì al dato storico costituito dall'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze poste alla base della pretesa avanzata; pertanto, nel caso in cui il lavoratore - attore riferisca la lesione del proprio diritto ad un atto, provvedimentale o negoziale, emanato in data anteriore al 30 giugno 1998, ovvero ad un fatto dannoso esauritosi entro la stessa data, sussiste al riguardo la giurisdizione del giudice amministrativo. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo in una controversia il cui oggetto era la domanda, proposta da alcune educatrici di un asilo nido, di ripristino del trattamento economico relativo al VII livello, riconosciuto come non dovuto, e pertanto soppresso, con previsione di recupero in rate mensili di quanto corrisposto in eccedenza, dalla delibera comunale del 18 agosto 1997, che aveva richiamato la disposizione dell'art. 6, comma diciassettesimo, della legge n. 127 del 1997, circa l'obbligo delle amministrazioni degli enti locali di regolarizzare i provvedimenti d'inquadramento del personale effettuati in difformità dalle disposizioni del d.P.R. 25 giugno 1983, n. 347, resi validi ed efficaci dall'art. 3, comma sesto bis, della legge n. 537 del 1993, introdotto dalla legge n. 596 del 1994, di conversione del D.L. 27 agosto 1994, n. 515, e dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza della Corte Costituzionale n. 1 del 1996; nell'occasione, la Corte Cass. ha ritenuto che la circostanza che il citato art. 6, comma diciassettesimo, della legge n. 127 del 1997, disponesse che alla copertura dei posti resisi vacanti per effetto dell'annullamento, imposto dallo stesso comma, dei provvedimenti illegittimi d'inquadramento, si provvedesse attraverso l'indizione, contestualmente all'annullamento - entro il termine, fissato successivamente dall'art. 2, comma diciannovesimo, della legge n. 191 del 1998, del 30 settembre 1998 - di concorsi interni, aperti alla partecipazione dei dipendenti in possesso di determinati requisiti d'anzianità e qualifica, concorsi in effetti non banditi dall'amministrazione comunale con la delibera del 18 agosto 1997, non comporta, come sostenuto dalle ricorrenti, che la lesione della posizione delle stesse si sia compiuta solo con l'inutile scadenza del termine del 30 settembre 1998, previsto per indire i concorsi dalla sopra richiamata disposizione, essendosi invece detta lesione definitivamente determinata alla data della delibera di cui si tratta, la quale non aveva provveduto all'annullamento degli atti di inquadramento in qualifiche di livello superiore - non ritenendosi a ciò l'amministrazione comunale obbligata per non essersi verificata l'ipotesi di vacanza di posti prevista dalla legge, ma solo quella di indebiti inquadramenti economici, - bensì esclusivamente alla soppressione dei trattamenti non dovuti, già concessi "ad personam" ai soli effetti retributivi con delibera consiliare del 17 dicembre 1986).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 28/07/2004, n. 14172
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14172
Data del deposito : 28 luglio 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. G A - Primo Presidente f.f. -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. P V - Consigliere -
Dott. A E - Consigliere -
Dott. L P M - Consigliere -
Dott. M M R - Consigliere -
Dott. T R M - Consigliere -
Dott. V G - rel. Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SCALABRINI ANNA MARIA, FRATI PATRIZIA, COLOMBOLI FRANCESCA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA A.

GRAMSCI

28, presso lo studio dell'avvocato M F, che li difende unitamente agli avvocati M C, G D COMPORTI, giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrenti -


contro
COMUNE DI SAN GIMIGNANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DEL VIMINALE

43, presso lo studio dell'avvocato F L, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato P M L, giusta delega in calce al controricorso;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 444/01 della Corte d'Appello di FIRENZE, depositata il 18/07/01;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 03/06/04 dal Consigliere Dott. Guido VIDIRI;

uditi gli avvocati Mario LORIA, per delega dell'avvocato Fabio LORENZONI, Gian Domenico COMPORTI;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

IANNELLI

Domenico che ha concluso per il rigetto del primo motivo con dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Siena con sentenza n. 149/2000, in parziale accoglimento della domanda proposta da Anna Maria Scalabrini. Patrizia Frati e Francesca Colombo li contro il Comune di San Gimignano, accertava l'inadempimento del Comune stesso alla indizione dei concorsi di cui alla legge 15 maggio 1997 n. 127 e lo condannava al ripristino del trattamento economico relativo al 7^ livello fino ad assorbimento del medesimo a seguito dei successivi incrementi della retribuzione del 6^ livello di inquadramento spettante alle ricorrenti quali educatrici di asilo nido. Avverso tale decisione proponeva appello il Comune di San Gimignano, che evidenziava che la pretesa delle suddette educatrici era stata lesa dalla delibera di Giunta del 18 agosto 1997 n. 127 per cui a tale atto doveva farsi riferimento agli effetti della giurisdizione ai sensi dell'art. 45, diciassettesimo comma, del d. lgs. 31 marzo 1998 n. 80, non
trattandosi nel caso in esame dell'obbligo di indire il concorso interno ai sensi dell'art. 6, comma 17 della legge n. 127 del 1997 in quanto non si era trattato di annullamento di atti di inquadramento in posti e qualifiche di livello superiore al dovuto, ma solo di soppressione di trattamento indebito concesso ad personam ai soli effetti retributivi con delibera consiliare n. 485 del 17 dicembre 1986. Le parti appellate chiedevano il rigetto delle avverse domande affermando in punto di giurisdizione che la controversia era sorta dopo che l'amministrazione comunale aveva lasciato inutilmente decorrere il termine del 30 settembre 1998 per indire il concorso interno, così come ritenuto dal Tribunale. Proponevano anche appello incidentale chiedendo il ripristino del trattamento economico di 7^ livello fino all'esaurimento delle procedure concorsuali. Con sentenza del 18 luglio 2001, la Corte d'appello di Firenze, in riforma dell'impugnata decisione, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice adito e compensava tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Nel pervenire a tale conclusione la Corte territoriale osservava che doveva trovare applicazione il disposto dell'art. 45, comma diciassettesimo, del d. lgs. n. 80 del 1998. Ed invero con delibera
n. 278 del 18 agosto 1997 il Comune di San Gimignano, nel richiamare la disposizione di cui all'art. 6, comma diciassettesimo della legge n. 127 del 1997, circa l'obbligo di regolarizzazione dei
provvedimenti di inquadramento del personale effettuati in difformità alle disposizioni di cui al d.p.r. 25 giugno 1983 n. 347, stabiliva di rideterminare il trattamento economico da attribuire alle educatrici di asilo nido in misura corrispondente alla iniziale sesta qualifica, anziché alla settima quale a suo tempo attribuita "ad personam" con delibera consiliare del 17 dicembre 1986 n. 485. Con la stessa delibera l'amministrazione aveva, poi, disposto anche il recupero in rate mensili di quanto corrisposto in eccedenza dal 17 maggio precedente, epoca di entrata in vigore della legge n. 127. In tal modo il Comune stesso aveva dato completa attuazione all'art. 6, comma 17, della predetta legge nella parte in cui aveva previsto l'annullamento degli inquadramenti illegittimi, senza tuttavia contestualmente bandire i concorsi per la copertura dei posti resisi vacanti per effetto dell'annullamento, evidentemente ritenendo che non si era verificata l'ipotesi della vacanza di posti ma solo quella di indebiti inquadramenti economici. Ne conseguiva che l'atto lesivo del preteso diritto alla regolarizzazione mediante concorso interno si era definitivamente consumato con la delibera stessa, che aveva escluso l'indizione dei concorsi in concreto mai banditi, tanto che il giudice di primo grado, nel prenderne atto, non aveva potuto obbligare l'Amministrazione a provvedere dopo la scadenza dei termini legali.
Avverso tale sentenza Anna Maria Scalabrini, Patrizia Frati, Francesca Colomboli propongono ricorso per Cassazione affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso il Comune di San Gimignano, in persona del segretario generale, autorizzato con deliberazione della Giunta comunale n. 158 dell'11 dicembre 2001.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le ricorrenti denunziano violazione dell'art. 45, comma 17, della legge 31 marzo 1998 n. 80 e dell'art. 360 n. 1 c.p.c.
lamentando che la Corte d'appello di Firenze ha errato nel ritenere che la deliberazione n. 278 del 18 agosto 1997 dava "esaustiva attuazione" all'art. 6, comma 17, della legge n. 127 del 1927 e che, pertanto, non era pertinente il riferimento al termine di scadenza per l'indizione dei concorsi fino al 30 settembre 1998, entro il quale dovevano effettuarsi i concorsi indicati nella suddetta legge. Ed invero con la menzionata deliberazione nel retrocedere le ricorrenti alla 6^ qualifica funzionale e nel rideterminare di conseguenza il trattamento economico, il Comune di San Gimignano aveva dato attuazione alla legge n. 127/1997 nella sola parte in cui aveva previsto l'annullamento degli inquadramenti difformi dalla legge. La stessa delibera non aveva però previsto nulla in relazione alla indizione dei concorsi, sicché era evidente che la deliberazione in oggetto non esauriva l'applicazione della legge, posto che rimaneva appunto la questione della regolarizzazione delle posizioni lavorative incise dalla retrocessione. Ne conseguiva che, essendo, nella logica della suddetta legge, il momento dell'annullamento dell'inquadramento difforme dalla legge stessa collegato con l'indizione del concorsi per la sanatoria delle posizioni lavorative, la lesione del diritto delle lavoratrici con il verificarsi per esse del fatto dannoso - alla stregua di quanto stabilito dall'art. 45, comma 17, della legge n. 80/1998 - doveva farsi risalire non al momento della adozione della citata deliberazione, ma all'inutile spirare del termine per l'indizione dei concorsi. In altri termini la giurisdizione non doveva essere individuata sulla base del momento formale della adozione di un singolo parziale atto di gestione del rapporto, ma del momento sostanziale in cui si era realizzato in tutte le sue componenti il fatto illecito della amministrazione. Ne conseguiva che, per essersi l'omissione della pubblica amministrazione protratta oltre il 30 giugno 1998, si erano verificati i presupposti di fatto per il riconoscimento della competenza dell'A.G.O..
Il motivo è infondato e, pertanto, va rigettato dovendosi dichiarare, così come ritenuto dal giudice d'appello, la giurisdizione del giudice amministrativo.
Va premesso che la corte costituzionale con sentenza 9 gennaio 1996 n. 1 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 6 bis, della legge 24 dicembre 1993 n. 537, introdotto dalla legge 28 ottobre 1994 n. 596 di conversione del d.l. 27 agosto 1994 n. 515.
Tale norma rendeva validi ed efficaci i provvedimenti adottati prima del 31 agosto 1993 e relativi ai dipendenti degli enti locali, che avessero previsto profili professionali ed operato i conseguenti inquadramenti in modo difforme dalle disposizioni contenute nel d.p.r. n. 347 del 1983. Al fine di introdurre il principio della non automaticità della convalida delle posizioni professionali acquisite, che deve essere in ogni caso preceduta da una prova selettiva, e nell'intento di procedere ad una valorizzazione della autonomie locali, volta in ogni caso al rispetto del disposto dell'art. 97 Cost. - per cui ogni incremento del personale deve sempre dipendere dalla preventiva e condizionante valutazione delle oggettive necessità del personale e da una oggettiva e trasparente valutazione delle loro capacità professionali - è stato emanato l'art. 6 della legge 15 maggio 1997 n. 127 (sulle misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), che al comma diciassettesimo detta testualmente;
"Entro e non oltre tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge gli enti locali sono tenuti ad annullare i provvedimenti di inquadramento del personale adottati in modo difforme dalle disposizioni del decreto del presidente della Repubblica 25 giugno 1983 n. 347, e successive modificazioni ed
integrazioni, e a bandire contestualmente i concorsi per la copertura dei posti resisi vacanti per effetto dell'annullamento. Fino alla data di copertura dei posti resisi disponibili per effetto del presente comma, il personale destinatario dei provvedimenti di inquadramento ivi indicati continua a svolgere le mansioni corrispondenti alla qualifica attribuita con detti provvedimenti, mantenendo il relativo trattamento economico. Alla copertura dei posti resisi vacanti per effetto dell'annullamento si provvede per concorsi interni per titoli integrati da colloquio ai quali sono ammessi a partecipare i dipendenti appartenenti alla qualifica immediatamente inferiore che abbiano svolto almeno cinque anni di effettivo servizio nella medesima qualifica nonché i dipendenti di cui al presente comma anche se provvisti del titolo di studio immediatamente inferiore a quello prescritto per l'accesso alla qualifica corrispondente".
Come si evince chiaramente dal suo tenore, la suddetta disposizione - che ha superato la scrutinio del giudice delle leggi dopo che sulla sua legittimità erano stati sollevati dubbi con riferimento agli artt. 3, 97 e 128 Cost.(cfr. Corte Cost. 22 marzo 2000 n. 75)- pone a carico degli enti locali, con l'obbligo di annullare i provvedimenti di inquadramento difforme dalla legge, anche il "contestuale" obbligo di bandire i concorsi. E che i due provvedimenti debbano essere adottati, appunto, "contestualmente" si ricava anche dalla esigenza che le conseguenze che la legge va scaturire dall'annullamento delle qualifiche (conservazione da parte del personale delle mansioni corrispondenti alla qualifica attribuita e mantenimento del relativo trattamento economico) non siano eccessivamente diluiti nel tempo. Tutto ciò evidenziato, non può revocarsi in dubbio che, in applicazione della regola del petitum sostanziale, debba riconoscersi nel caso di specie la giurisdizione del giudice amministrativo perché il Comune di San Gimignano con la delibera n. 278 del 18 agosto 1997 ha proceduto solo all'annullamento delle qualifiche riconosciute in violazione del d.p.r. n. 347/1983 senza provvedere - come avrebbe dovuto in base alla summenzionata disposizione - anche a bandire "contestualmente" i concorsi, ritenendosi a ciò non obbligato.
In tale contesto non assume, quindi - contrariamente a quanto deducono le educatrici di asilo nido - ai fini della individuazione della giurisdizione la circostanza che con la legge 16 giugno 1998 n. 191, (e specificamente con l'art. 2, comma 19, della stessa legge),
il termine fissato dall'art. 6, comma 17, della legge n. 127 del 1997 (per gli adempimenti degli enti locali previsti in detta disposizione) sia stato definitivamente fissato al 30 settembre 1998, essendosi già nell'agosto 1997 - data della delibera del Comune di San Gimignano - determinata in via definitiva la lesione del diritto delle ricorrenti che hanno lamentano di avere subito danni consistenti, perché a seguito di detta delibera si sono viste richiedere il recupero in rate mensili di quanto l'ente territoriale riteneva di avere corrisposto senza una adeguato titolo, e per non essere stati banditi i concorsi al cui espletamento esse ricorrenti erano interessate.
È giurisprudenza costante di questa Corte che l'art. 45, comma diciassettesimo, del d. lgs. 31 marzo 1998 n. 80(ora art. 69 del d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165), nel trasferire al giudice ordinario le
controversie del pubblico impiego privatizzato, pone un discrimine temporale tra giurisdizione ordinarla ed amministrativa con riferimento, non ad un atto giuridico o al momento della instaurazione della controversia, bensì al dato storico costituito dall'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze poste a base della pretesa avanzata;
pertanto, nel caso in cui il lavoratore - attore riferisca le proprie pretese ad un periodo precedente il 30 giugno 1998 o, ancora, ricollega dette pretese ad un fatto dannoso esauritosi nella stessa epoca, la competenza giurisdizionale deve essere attribuita al giudice amministrativo in via esclusiva (cfr. ex plurimis: Cass., sez. Un., 15 novembre 2002 n. 16161;
Cass., Sez. Un., 18 ottobre 2002 n. 14835;
Cass., Sez. Un., 3 ottobre 2002 n. 14216). Le considerazioni sinora esposte portano a ritenere infondato anche il secondo motivo del ricorso con il quale le ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione dell'art. 6, comma 17, della legge 127/1997, e dell'art. 360 n. 3 c.p.c. nonché violazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c. (per omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa la doverosità della indizione dei concorsi per la sanatoria degli inquadramenti legittimi), facendo scaturire - pur sul corretto presupposto che la legge prescrive come inscindibili e connessi adempimenti l'annullamento delle qualifiche e l'indizione del concorso - conseguenze non condivisibili in tema di riparto della giurisdizione, per essersi affermato in ricorso che va riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario sulla base della asserita mancanza in materia di ogni potere discrezionale da parte della pubblica amministrazione.
Non può, infine, trovare ingresso in questa sede il terzo motivo con il quale le ricorrenti si richiamano, in modo del tutto generico, "ai motivi di appello incidentale svolti al punto 3 della memoria del 10 marzo 2001 di costituzione ed appello incidentale davanti alla Corte d'appello di Firenze", senza alcuna specifica indicazione del contenuto di detti motivi.
Ricorrono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del presente giudizio di Cassazione.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi